Polpettone

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“Domani papà mi porta fuori, tu e Milo che fate? Vi ordinate una pizza?”

Già, appunto. Domani. Venerdì. San Valentino.

Nemmeno io sapevo cosa avrei fatto, ma, a quanto pareva, ero occupata.

Una volta uscita dalla sala di registrazione, lʼlaltro giorno, mi ero letteralmente precipitata a mandargli un messaggio per chiedergli cosa gli fosse passato per il cervello, e come era scontato che fosse era tornato lo stesso cazzone di sempre. Non che mi dispiacesse ormai, me lo aspettavo.

«Volevo solo metterti in difficoltà chiedendoti di uscire davanti a tutti gli ascoltatori, non credertela troppo adesso.» Mi aveva scritto.

Ero stata colpita da ciò che aveva detto in chiamata però, sopratutto la parte in cui si preoccupava di star correndo troppo, perché era un pensiero che a me non aveva mai sfiorato, anzi, ero stata così lenta anche solo ad ammettere che fossi interessata a lui.
Però forse si riferiva al fatto che vedersi nel giorno della festa degli innamorati fosse un poʼ eccessivo, per noi. Comunque non credevo ci fosse bisogno di amarsi per cenare e trascorrere del tempo insieme, era più il fatto che a lui andasse di vedermi a rendermi felice, perché mi faceva capire che davvero gli importava di me, indipendentemente da San Valentino.

Ti dimostrerò che sono più affidabile di quanto non sembri.” Aveva detto, quella notte, quando ero seduta sulle sue gambe, e dovevo ammettere che, dei piccoli, piccolissimi pezzentini del puzzle della fiducia li stava incastrando nel modo corretto.

Comunque, mi dispiaceva lasciare Milo da solo, e non avevo idea di cosa inventarmi per giustificarmi con i miei genitori, ma qualcosa avrei di sicuro elaborato. Sul momento, optai per il silenzio, così da guadagnare ancora qualche secondo, e continuai a spruzzare il detersivo per sgrassare i fornelli, dato che mio fratello aveva combinato un macello. Anche il piano cottura di casa Q4 avrebbe decisamente avuto bisogno di una pulizia del genere, pensai.

“Sto parlando con te, pronto?” Proseguì mia madre, irritata dal fatto che la stessi bellamente ignorando.

“Sì, mh.” Mi grattai il naso con il braccio. “Dì pure a Milo di invitare qualche compagno per fare una pizzata, se vuole. Credo che io, Celeste e Tommy festeggeremo insieme. Lʼamicizia è pur sempre una forma dʼamore.”

Sembrava credibile, no? Probabilmente sì, in ogni caso, mia madre sembrò mangiare la foglia.

“Capisco, glielo dirò, allora. Pensi di rientrare a dormire?”

“Credo... sì, certo. Certo.”

“Comunque quando si impegna è geniale, lo devi ammettere.”

Continuai a passarmi lo smalto sulle unghie, mentre ascoltavo Lele tramite il vivavoce del cellulare appoggiato sulla mia scrivania.

È stato proprio forte. Io non penso che avrei avuto il coraggio di chiamarti in radio.”

“Che stronzo, per cui tu non la faresti mai una cosa del genere? Nemmeno se fossi in punto di morte?”

Onesto non credo, sono più tipo da venirti sotto casa e riempirti di bacetti, ma Tanche no.”

Ridacchiai, stando attenta a non sbavare. “Sì, diciamo che questo lʼho capito.”

Tra lʼaltro, se lʼè pure un poʼ rischiata.”

“Rischiata? In che senso?”

Beʼ, dopotutto è un personaggio pubblico, e mi ci gioco una mano che sicuro qualcuno l’ha riconosciuto. Da contratto, queste cose manco le potrebbe fare.” Mi spiegò, facendomi sentire terribilmente in colpa. Avrebbe avuto casini sul lavoro perché aveva fatto qualcosa di carino per me?

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