“Lo capivo dai dettagli,
Da come guidavi
Da come tenevi la spesa
Da come giravi per casa nuda
Da cosa ordinavi per cena
Lo capivo dagli sguardi,
Dai piedi gelati,
Da come fissavi la luna.
Lo capivo in ogni momento.”Stanza Singola - Franco126
“Ce l’hanno tanto con me?”“Gian no, ma forse perché avete legato meno. Quegli altri due, sì, direi abbastanza.” Pigiò il pulsante dell’ascensore, mentre io strusciavo nervosamente una mano contro lʼaltra.
“Tu li tratti sempre male, eppure ti adorano.” Proseguii, pestando i piedi a terra. “Dopotutto non è così grave, no? Li ho solo ignorati per qualche giorno.”
“Io sono io, è una cosa diversa.” Rispose, uscendo sul pianerottolo e dirigendosi verso la porta.
“Il solito presentuoso, devi andartene all’inferno.”
Lo seguii, tentando di nascondermi dietro la sua figura mentre feceva scattare la serratura, ma essendo così esile non fu un’impresa tanto facile.
“Bro, sei stato fuori una vita, ma che è successo?”
Lele.
Il mio piccolo tenero fantastico stupendo meraviglioso Lele.
Come avevo potuto prendermela con lui?
Non c’entrava niente. Nessuno di loro c’entrava niente con ciò che era successo, e realizzai di essermi arrabbiata con tutti semplicemente perché era la strada più facile per allontanarmi dal problema principale.
Più tempo occupavo a pensare a quanto fossero stati stronzi loro, meno ne rimaneva per pensare a Tancredi.
Non che avesse funzionato, comunque.
Anzi.Sgusciai di lato, separandomi dalla mia copertura, mentre accennavo un piccolo sorriso.
“Sono successa io.” Parlai, attendendo una reazione, pregando che non mi odiasse. “Ciao Leʼ, come va?”
Sʼincupì, sulla sua faccia potevo leggere a chiare lettere vattene affanculo, ma probabilmente, seppur fosse arrabbiato, non sarebbe riuscito a trattarmi male. Era nettamente diverso dal resto del gruppo, in quello.
“Se avessi risposto ai messaggi lo sapresti, evidentemente non ti interessa sul serio.”
“Andiamo, ti prego.” Mi avvicinai ulteriormente, assumendo un tono implorante. “Mi dispiace tanto. Tanto. Lo so che tu non hai fatto nulla, avevo solo bisogno di staccare da tutto. Mi perdoni?”
“Non lo so se mi va.” Proseguì, fissandosi le ciabatte anziché guardare me.
“Dai, Lè, non fare il difficile. Solo io posso tenerle il broncio.” Sʼintromise Tancredi, stranamente dalla mia parte.
“Fammi capire come funziona, scusa, io non posso essere arrabbiato con lei perché solo tu hai il diritto di tenerle il broncio? Tu non stai bene, non stai proprio bene.”
“Lascialo perdere, il fatto che sia matto non è una grande novità.” Tagliai corto, perché anche la scenata sul fatto di chi avesse o non avesse il diritto di mettermi il muso proprio non me la meritavo. “Mi sei mancato tanto, giuro, ma avevo bisogno di stare sola, e per questo sai chi devi incolpare.”
“Madonna oh” Sbottò Tancredi, lanciando le chiavi nel porta oggetti con la delicatezza di un rinoceronte. “Fate vomitare, mi sei mancato, perdonami, ma qual è il senso di tutte queste frasette melense? Non è successo nulla, una stretta di mano e amici come prima.”
“Ma sei scemo?” Rise Lele, finalmente. “La stretta di mano, ti piacerebbe.” Poi, si rivolse nuovamente a me, e addolcì finalmente la sua espressione, aprendo le braccia. “Vieni. Per questa volta siamo a posto.”
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Paper Houses
FanfictionSe un giorno qualcuno mi avesse chiesto di dare la mia prima impressione su di lui, avrei probabilmente risposto "basso." Non che io non lo fossi anche di più, ma cʼera qualcosa in lui che lo faceva risultare piccolo, o forse era solo la vicinanza...