Passammo la colazione più o meno in silenzio: io rimuginavo su ciò che Will mi aveva appena detto, mentre lui leggeva il giornale servito e riverito dal fedele maggiordomo che ormai nella mia testa avevo rinominato Alfred.
Finito di mangiare si erano fatte le dodici e mi fermai a pensare se quello ora avrebbe dovuto considerarsi un pranzo.
Mi poggiai sullo schienale della sedia e guardai Will leggere.Quel silenzio stava diventando pesante e quindi iniziai a fissarlo con insistenza, come se facendo così lo avessi risvegliato dalla sua letargia mattutina.
Non mi azzardai ad iniziare una conversazione dato che si era "appena" svegliato. La trovavo una cosa irrispettosa e maleducata da fare, essendo in prima persona molto suscettibile appena sveglia.
“Ecco, io come al solito a queste cose ci penso e i ragazzi che trovo non lo fanno mai.” mi ritrovai a pensare mentre una sensazione di rabbia sembrava voler risalire dal mio stomaco.
Lui non percepiva minimamente il mio sguardo, anzi, continuava a girare tranquillo le pagine del giornale.
La mia immaginazione fanciullesca mi portò a pensare che avesse una sorta di scudo riflettente che stava deviando il disagio che avrei voluto provasse lui su Alfred, perciò preferii guardare fuori. Quel vecchio mi faceva pena.C'era una bellissima giornata. La luce del sole sembrava invitante e avrei tanto voluto uscire fuori, ma avevo ancora ben poca confidenza con i miei loquaci compagni di colazione, perciò preferii chiedere il permesso.
«Vi dispiace se esco in giardino?»«No, no. Fa pure.» mi rispose Will senza staccare gli occhi dal giornale.
Me la ricordavo diversa la sua voce, più fresca e spigliata.
Invece ora sembrava annoiata.Alzai le sopracciglia di scatto, facendole scendere immediatamente, rassegnata all'idea che mi ero appena fatta di come sarebbe andata quella giornata e mi alzai, uscendo attraverso la grande porta di vetro.
“Pensavo che i ricconi inglesi avessero un'educazione diversa, tipo quella dei film.” pensai tra me e me, sorridendo ai due cani che si erano fermati a guardarmi uscire.
Scelsi un lettino a caso tra quelli intorno la piscina e mi ci sedetti.
I due cani non sembravano aggressivi, quindi cercai di richiamare la loro attenzione per poterli accarezzare.I due mi si avvicinarono muovendo appena la loro piccola codina tagliata -cosa che mi fece storcere il naso, visto che ero abbastanza contraria a queste cose- e mi annusarono le mani.
Si presero un paio di coccole e poi se ne andarono disinteressati.
«Tale cane...» Sussurrai sorridendo appena per poi sporgermi dallo schienale del lettino per guardare cosa stesse facendo il bruno.
Stava ancora leggendo il giornale.
«... Tale padrone.»
Sbruffai.
“Dio, che palle.” pensai e mi lasciai cadere sul lettino, godendomi la sensazione di caldi e leggeri pizzichi sulla pelle scoperta dovuti al sole.---
Passò un'altra ora e mezza in cui rimpiansi profondamente la decisione di venire qui.
A quanto avevo potuto capire, Alfred non poteva allontanarsi dal signorino.
Si capiva dal fatto che mi fissava come se volesse raggiungermi per farmi fare qualcosa, perfettamente conscio dei tempi di William.
Il quale, tra l'altro, nel frattempo era sparito non so dove.Finalmente lo vidi riapparire dalla porta, vestito di tutto punto.
Mi venne incontro con le braccia spalancate passando dalla portafinestra.
Sembrava quasi mi stesse finalmente dando il benvenuto.
STAI LEGGENDO
When He Became Mine
ChickLitAnna e i suoi amici hanno deciso di intraprendere un viaggio in Inghilterra, impazienti di lasciarsi alle spalle, almeno momentaneamente, le loro vite scalfite da cambiamenti e delusioni. Un incontro fortuito la aspetta, cogliendola completamente a...