Tom-Senso Di Colpa

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Arrivati in casa, facemmo sedere Will su una sedia.

Aveva il volto tumefatto da un lato, perciò aprii il freezer per dargli del ghiaccio (nonostante non lo meritasse affatto).

I ragazzi andarono nella mia stanza per stare con le loro amiche mentre io avrei sbrigato quanto prima alcune faccende importanti.

Per prima cosa chiamai il mio medico personale, poi la polizia, nonostante le lamentele di colui che guardavo con disgusto.

Quando chiusi la telefonata con Scotland Yard mi sedetti sulla sedia di fronte a lui, guardandolo negli occhi e continuando a passarmi nervosamente una mano tra i capelli.

«Dai, amico. Richiama gli sbirri.»

«Non chiamarmi Amico.» gli ringhiai contro. «Io pensavo fossi mio amico e invece... Le hai fatto del male.»

«Veramente sei preoccupato per quella lì? Guarda che io non ho fatto nulla! È stata lei a-»

«Non provarci nemmeno.»

«Senti, ma che cazzo ne sai tu? Stai qui a farmi la paternale su una che nemmeno conosci. Sei stato Tu a mettermi sulla sua strada, perciò è colpa tua.»

Restai in silenzio a guardarlo.
Sentii il viso andarmi a fuoco per la rabbia.
Aveva ragione. Aveva dannatamente ragione.
Mi ero fidato di lui ciecamente, lasciandomi guidare dal Pregiudizio maturato negli anni e con l'esperienza riguardo le relazioni.

Avevo creduto ad ogni singola parola che mi aveva detto riguardante la sua ex e poi avevo creduto anche a quello che mi aveva detto su Anna.
Nella mia mente avevo dipinto un'immagine di lei basata sui racconti di quel... Quel... Bastardo.

E poi... Ero lì a battermi per lei, non per ciò che lui aveva fatto.
Eppure non la conoscevo.

“A tutti è capitato di avere una cotta. Perché ora io dovrei vergognarmi di dire che mi piace nonostante la conosca poco?” mi chiesi abbassando lo sguardo.

«Io non ho nulla di cui rimproverarmi.» Gli dissi tornando a fissare i miei occhi azzurri in quelli verdi del ragazzo davanti a me. «Io ho agito in buona fede. Certo, avrei potuto agire diversamente, ma... Questa sensazione di colpa non te la meriti. Se la merita solo Anna, che ora sta di sopra, nel mio letto, salva per un pelo.»

Forse era proprio quello il problema.
Mi resi conto che solo adesso stavo effettivamente accettando la possibilità che lei mi piacesse, che io desiderassi conoscerla meglio.

Magari sarebbe potuta andare male tra noi, ma il desiderio era talmente grande che non me ne importava un accidente.

Accettai di essermi sentito uno stupido nel mettere il benessere di Will prima del mio, anche se a posteriori tutti sono bravi a parlare.

Accettai anche quel senso di impotenza che mi fece trovare la forza e la voglia di dargli un pugno poco prima, e che era cresciuto in me col solo guardarla lì, stesa, in difficoltà, senza che io l'avessi protetta.

Accettai anche la dualità del mio animo che urlava contemporaneamente 'È colpa tua' e 'Non hai fatto nulla di male, non potevi saperlo'.

Will restò in silenzio per un minuto buono, poi lo vidi aprire la bocca per un attimo.

La sua voce venne bloccata dalle luci lampeggianti delle auto della polizia che, nella notte, illuminarono la strada.

«E adesso, è ora che tu paghi per le tue azioni. Non farai più male a nessuno, finché sarò in vita.» aggiunsi prima di andare alla porta.

When He Became MineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora