Due Amici E Un Paio Di Slip

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Emma... Tu credi che sia possibile che io mi ci sia inn... Affezionato così in fretta? Senza motivo?”

Sentii di essermi svegliata, ma era come se non avessi il coraggio di aprire gli occhi per svegliarmi.

Cercai di capire se ciò che pensavo di aver sentito fosse reale o frutto di un sogno. Optai per la seconda opzione.

Sentivo la testa pesante, lo stomaco in subbuglio, e avvertii uno strano e nauseabondo odore di vomito.

Non ne avevo mai provata una prima, ma sembravano decisamente gli effetti di una sbornia, da come la descrivevano nei film.

Era strano da parte mia che avessi potuto bere troppo. Ho sempre conosciuto i miei limiti e non sono mai andata oltre un semplice giramento di testa o risata incontrollata, vista la mia necessità di totale lucidità e controllo.

Sentii qualcosa di umido toccarmi il naso e sorrisi.
Il mio primo pensiero fu quello di essere a casa, nel mio letto, e che uno dei miei cani fosse lì a svegliarmi, e che quel viaggio non fosse stato altro che un sogno.
Aprii leggermente gli occhi, notando quanto fosse buio, poi aggrottai la fronte.

Quello davanti a me non era di certo uno dei miei cani.

Cercai di mettere a fuoco la stanza adattando la vista al buio.

Quella non era la mia stanza.

Cercai di delucidare la mia mente e mi misi a sedere. Solo allora notai la pesantezza di un altro respiro nella stanza oltre al mio.
Notai i cuscini che mi circondavano e un paio di gambe dalle caviglie incrociate poggiate sul letto e andare verso l'angolo della stanza.

Mi stropicciai gli occhi e riconobbi Tom seduto su una sedia che dormiva con le dita delle mani intrecciate e poggiate sulla pancia.
Mi fermai ad accarezzare Willow e mi guardai intorno in cerca di un qualsiasi orologio, trovando una sveglia digitale sul comodino alla mia destra.

Erano le due di notte.

Mi dispiaceva svegliarlo, ma la curiosità e la preoccupazione mi stavano uccidendo.

Mi mossi leggermente, cercando di alzarmi, e sentii una strana sensazione.

Non indossavo... Gli slip.

Avvampai fino alla punta delle orecchie, preoccupata e imbarazzata come non mai.

Ricordai con qualche difficoltà che quella sera avrei avuto un appuntamento con lui e iniziai a preoccuparmi di ciò che avrei potuto aver fatto.

Non avevo alcun ricordo di ciò che fosse successo la sera prima e la prima cosa che feci fu quella di coprirmi meglio con il lenzuolo che già mi stava coprendo anche prima.

«Tom...?» sussurrai flebilmente, mortificatamente imbarazzata.

Ero sicura che parlando così piano non l'avrei assolutamente svegliato, invece si svegliò subito, confuso e preoccupato che mi fosse successo qualcosa.

«Eh, si, sono sveglio.» mugugnò ancora assonnato, mettendosi seduto e passandosi una mano sugli occhi prima di guardarmi.
Quando si accorse che ero sveglia si alzò di scatto e venne a sedersi accanto a me.
Mi prese il viso con entrambe le mani, iniziando ad esaminarmi.
«Stai bene?» mi chiese «Come ti senti? Sembri accaldata. Hai la febbre?»

La verità era che ormai il mio rossore era tale da stupirmi che non fosse capace di notarlo nel buio della notte, perciò avevo il viso bollente.

«Scusami... Non so come sia potuto accadere... Credo di aver bevuto troppo, ma non era mai successo prima e-»

Tom mi ascoltò parlare e non mi fece nemmeno finire quel discorso che cercavo con tutta me stessa di pronunciare senza alcun balbettío imbarazzato perché mi attirò a sé, circondandomi in un forte abbraccio.

La cosa mi sorprese non poco e mi ritrovai a tacere, poggiando una mano sul suo petto e notando come il suo cuore battesse velocemente.

C'era qualcosa che non andava. Iniziai a dubitare di essermi ubriacata, data la sua reazione.
Forse ero stata male e non lo ricordavo.
Ma questo non spiegava gli slip.

«Tom, che sta succedendo?» gli chiesi riuscendo ad alzare leggermente il viso verso il suo.

Lo sentii sospirare e poi si separò da me, prendendomi le mani nelle sue e guardandomi negli occhi.
«Parleremo dopo. Prima voglio che tu mi dica come ti senti e che mangi qualcosa, ok?»

«Mmh...» Mugugnai appena, per niente rassicurata da quel comportamento. «Okay...»

Poi un fulmine a ciel sereno colpí i miei pensieri. «Oh, non ho avvisato i miei amici che non sarei rientrata ieri! O l'ho fatto? Non me lo ricordo...»

«I tuoi amici sono di sotto, stanno dormendo.»

«Di... Sotto? Non ricordavo fossero con noi ieri.»

«Cosa ricordi esattamente?» chiese lui dopo un profondo respiro.

«In realtà nulla. Cioè, uhm... Ricordo che avevamo un appuntamento, e sono in quella che immagino essere casa tua. E ho riconosciuto Willow.» Arrossii appena nel pronunciare quella frase. «Perciò... Sono arrivata ad una conclusione molto poco dignitosa» conclusi ridacchiando appena «Per quanto riguarda come mi sento, ecco, ho un forte mal di testa e una forte nausea. Ma... Credo di star bene.»

Guardai la sua espressione seria addolcirsi in un sorriso e una risatina.
Stavo per chiedergli perché stesse ridendo, ma lui mi anticipò abbracciandomi ancora e dicendo «Mi è mancato il tuo modo complicato di parlare.»

Dalle mie labbra ne uscì una risatina cortese ma confusa.

Non riuscivo ancora a capire a cosa dovessi tutte quelle attenzioni, né tantomeno quella apprensione, perciò non dissi nulla.

Di nuovo, si allontanò di scatto. Mi afferrò per le spalle e mi guardò dritto negli occhi. «Vieni, andiamo in cucina e mangia qualcosa. Avevo preparato una cosa per te per raccontarti meglio ciò che è successo ieri.»

Lo guardai con sguardo confuso; Diciamo che era da quando mi ero svegliata che non avevo altro sguardo sul mio volto, ma non ebbi il tempo di rispondere che lui si alzò dal letto e andò alla porta, aprendola e aspettando che mi alzassi.

Io mi strinsi nel lenzuolo e temo che se avessi mai potuto arrossire di più, in quel momento lo feci.

«Che c'è? Non riesci ad alzarti? Vuoi che ti porti qui qualcosa?»

«No, è che...» Strinsi le gambe istintivamente e mi schiarii la voce, facendo leva su tutto il coraggio e l'orgoglio che avevo in corpo «Mi servirebbero degli slip.»

Al contrario mio lui, in quella posizione nella stanza, si trovava esattamente davanti la porta finestra dalla quale entravano i raggi della luna e che illuminavano quella parte della stanza, seppur dal lato opposto.
Perciò lui non era protetto dal buio e lo vidi arrossire.
Si massaggiò gli occhi e anche lui si schiarí la voce.

«Ah. Si. Uhm. Bhe, l'unica soluzione che mi venga in mente è che... Te ne presti un paio dei miei...» disse continuando a schiarirsi la voce.

Che schifo.” pensai, ma non ebbi da obbiettare. Era effettivamente la prima soluzione che venisse in mente anche a me.
Un'altra opzione possibile era quella di farsi prestare un paio di pantaloncini, ma quello avrebbe portato ad ulteriori disagi.
«Si.. Uhm... Credo sia l'idea più uhm... Logica.»

When He Became MineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora