13. «Voglio stare con te.»

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Jimin.



Ero partito il primo pomeriggio del giorno successivo.

Avevo telefonato ai miei genitori ma essendo nel mezzo della settimana, loro non sarebbero potuti venire a prendermi fino al weekend e io non avevo intenzione di rimanere altri tre giorni in casa con Jongin. Era stato tranquillo quando ci eravamo svegliati, mi aveva chiesto se volevo che facesse il caffè anche per me e poi mi aveva portato in camera alcuni dei miei averi che avevo sparso per le altre stanze, aiutandomi a chiudere la valigia che avevo riempito fin troppo.

Non avevamo parlato, solo qualche risposta monosillabica da parte di entrambi o taciti assensi. Sapevo avesse scritto a Baekhyun perché lui a sua volta aveva scritto a me chiedendomi se avevo bisogno di lui, che si sarebbe precipitato a Seoul ma io gli avevo semplicemente spiegato la situazione e che in ogni caso sarei partito da lì a qualche ora.

Poi chiamai Jungkook che mi aveva risposto in lacrime, facendomi davvero preoccupare. Mi aveva raccontato della furiosa litigata che aveva avuto con Taehyung per colpa di Jaehyun e io gli avevo promesso che gli sarei rimasto accanto questa volta, che sarei rientrato a casa e che l’avrei aiutato a sistemate le cose. Avrei parlato io stesso con Taehyung se fosse stato necessario e avrei pure spiegato a Jaehyun di andarci piano e di non superare nessun limite perché con Jungkook non c’erano chances, era troppo innamorato e troppo focalizzato sulla sua relazione per pensare a qualcun altro.

Avevo lasciato che si sfogasse, dicendomi che stava troppo male per muoversi dal letto, che non aveva la forza di andare in ufficio o di fare qualsiasi altra cosa. Taehyung aveva sbagliato a reagire così però considerando il suo carattere forte e dominante, era stato anche bravo a trattenersi e aveva preferito mantenere le distanze per non dire o fare cose di cui poi si sarebbe pentito. Dall’altro lato aveva sbagliato anche Jungkook a tenergli nascosta la presenza di Jaehyun dal momento che si sentivano solo in amicizia e se gliel’avesse detto, si sarebbe risparmiato tutto questo dolore.

Cercando di tranquillizzarlo mi ero completamente dimenticato del perché l’avessi chiamato finchè lui non mi aveva detto che non ce la faceva più a parlare di Taehyung e di dirgli quale fosse il motivo della mia chiamata. Io non avevo potuto dargli troppi dettagli perché non volevo che si preoccupasse troppo anche per me però avevo accettato che mi trasferisse dei soldi sulla mia carta per poter pagare un taxi che da Seoul mi portasse fino a Busan.

Non salutai Jongin, non lo abbracciai, né gli dissi niente. Prima di salire in macchina alzai lo sguardo e lo trovai ad osservarmi dalla finestra della cucina. Mi fece un cenno con la mano e io risposi con un cenno del capo prima di dare l’indirizzo di casa al conducente.

Fu un viaggio silenzioso, a tratti incontrai la pioggia ma più mi avvicinavo al sud, più le nuvole si diradavano anche se il sole ancora non era pronto a scaldarmi le ossa. Sarei sceso a casa, avrei portato le valigie dentro e poi avrei spiegato brevemente ai miei genitori qual era la situazione prima di uscire e correre da Yoongi, ora che finalmente avevo il suo nuovo indirizzo.

E fu esattamente quello che feci, corsi letteralmente per le vie di Busan con il gps in mano, cercando l’esatto numero civico. Yoongi si era comprato un attico nella zona più ricca, a pochi chilometri di distanza da casa di Taehyung e Jungkook e pensai sarebbe stato divertente trovarci a metà strada se le cose fossero tornate alla normalità.

Arrivai a destinazione e rimasi estasiato dalla forma a vela che aveva quel palazzo, le terrazze in vetro trasparente e non mi stupii quando vidi che proprio l’attico avesse uno spazio sporgente ed immaginai Yoongi non avrebbe mai rinunciato a farsi costruire una piscina, anche se di piccole dimensioni, da mettere all’esterno.

Be my heavenly scenery | taekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora