Epilogo (𝕡𝕒𝕣𝕥𝕖 𝕦𝕟𝕠)

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Nove mesi dopo


Seokjin.




Ultimo giorno di lavoro prima della partenza. In realtà non avrei dovuto essere in ufficio ma avevo ricevuto una mail da un giovane ragazzo che chiedeva urgentemente di vedermi e quando io gli avevo dato appuntamento per due settimane dopo, lui mi aveva risposto implorandomi di accorciare i tempi e così mi ero convinto a vederlo il giorno stesso.

Eravamo tutti in defibrillazione per la partenza per la Polinesia, Jimin e Yoongi forse più di tutti noi. Erano stati nove mesi lunghi ed intensi di preparativi, litigate e discussioni accese, dubbi, domande, emozioni sia positive che negative ma alla fine tutto era stato organizzato. Nel giro di 48 ore tutti saremmo partiti per raggiungere un isolotto facente parte della Polinesia francese e precisamente l'isola Gambier, sperduta in mezzo all'Oceano Pacifico. Aveva una superficie di circa 30 chilometri quadrati e Yoongi l'aveva prenotata tutta completamente per noi.

Alcune cose erano cambiate in meglio, altre erano semplicemente rimaste invariate. Namjoon non si era trovato bene col nuovo lavoro e così dopo i primi tre mesi di prova, aveva deciso di non firmare il contratto che gli avevano proposto ed io avevo pensato di andargli incontro e di aiutarlo ancora una volta perché lo avevo visto maturo, cresciuto, sincero e non sarei mai stato in grado di abbandonarlo così. Ora lavorava a Safe Idra per me come segretario, così come aveva iniziato e ovviamente no, non avevo per niente rubato l'idea a Taehyung e al ruolo che aveva dato a Jungkook nella propria azienda. Sicuramente Namjoon se la sapeva cavare, conosceva le regole, sapeva mantenere la calma e come gestire le forze dell'ordine nel caso fossero arrivati dei controlli. I ragazzi più giovani che lo avevano conosciuto si fidavano di lui, si confidavano con lui e soprattutto a me faceva piacere avere un viso amico al lavoro su cui poter contare ogni giorno. E quindi ora la mattina lavorava a Safe Idra e il pomeriggio dava ripetizioni di giapponese agli studenti del liceo linguistico di Busan, non volendo perdere tutto ciò che aveva imparato grazie a quella lingua straniera. Io lo pagavo di più, aveva cambiato appartamento, trovandone uno più grande e più vicino a casa di Jimin. La situazione tra di noi si era stabilizzata, eravamo amici, partner in crime, ci capivamo al volo ed io ero felice che le cose non fossero mai più stato strane o imbarazzanti. Con tacito assenso avevamo messo da parte i vecchi noi, le nostre vecchie personalità, la nostra relazione finita non nei migliori dei modi e avevamo ricominciato migliori di prima come amici.

Jimin, grazie agli agganci di Yoongi, o meglio del padre di Yoongi, era diventato consulente per la progettazione e realizzazioni delle indagini di mercato, potendo sfruttare a pieno la sua laurea ottenuto col massimo dei voti. Non gli avevano ancora fornito un computer aziendale, lo pagavano poco rispetto alle ore che si rendeva disponibile ma era felice e si sentiva soddisfatto. Inoltre, lavorando per la maggior parte del tempo da casa, aveva la possibilità di prendersi cura di Yumi e passavano molto tempo insieme siccome sia Jungkook che Taehyung lavoravano tutto il giorno e avevano deciso di aspettare che la bimba compisse sei anni per iscriverla direttamente alla scuola primaria. Yumi lo adorava, era ufficialmente diventato zio Minmin anche se non c'era alcuna parentela tra di loro. La bambina preferiva stare con Jimin piuttosto che con la nonna e questo già la diceva lunga.

Hoseok aveva deciso di non venire a vivere con me, avevamo affrontato un discorso serio e lui mi aveva spiegato che ancora non se la sentiva, che stavamo insieme da troppo poco tempo e che per lui sarebbe stato un passo troppo importante. Avevo capito il suo discorso anche se ci ero rimasto particolarmente male e per alcuni giorni mi ero quasi sentito infastidito dalla sua presenza finchè non avevamo trovato un nuovo equilibrio e tutte quelle emozioni negative erano sparite. Aveva portato alcune delle sue cose da me e rimaneva con me dal giovedì sera quando usciva dal lavoro al lunedì mattina quando, dopo aver finito il suo turno, tornava a casa sua quindi in realtà passavamo davvero pochi giorni separati e questo ci aveva aiutato a non stufarci mai l'uno dell'altro. Anche se nel profondo del cuore sentivo di amarlo e che non avrei mai potuto stufarmi di lui. Hoseok mi rendeva felice, mi regalava quel senso di gioia pura e di tranquillità che mi faceva dormire bene la notte e mi faceva vivere meglio ogni singolo giorno. Hoseok era la mia pillola quotidiana di sole e felicità.

Be my heavenly scenery | taekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora