Day 13

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||LET ME STAY OVERNIGHT PT.1||
g i o v e d ì

La macchina era silenziosa mentre i due ragazzi ripercorrevano la strada a ritroso nelle prime ore del nuovo giorno. Ethan si assicurava di tenere la testa ben premuta contro il finestrino rinfrescato dalla pioggia appena placata, la cui traccia visibile decorava l'esterno del vetro. Nella sua testa gli avvenimenti delle ultime ore e la preoccupazione per la reazione che sua madre avrebbe avuto al suo rientro a casa si contendevano il posto per il pensiero che gli avrebbe causato il senso di colpa più forte dell'anno. Ethan sapeva essere davvero un idiota, ma almeno la maggior parte delle volte era un idiota autoconsapevole.

"Hippie, sei sveglio?" La voce di Dominic si infiltrò nel suo cervello, facendosi largo tra il ronzio costante dei suoi pensieri. Ethan sospirò prima di tirarsi a sedere dritto, guardando la strada buia ed umida di fronte a sé.

"Lo sono." Rispose senza aggiungere altro, non sapendo esattamente cosa dire nella sua posizione e sentendosi dalla parte del torto fin dall'inizio. Dominic gli lanciò uno sguardo, esaminandolo velocemente prima di riportare gli occhi sulla strada. Il suo braccio sinistro gli sorreggeva la testa, col gomito posato contro il finestrino chiuso, la strada davanti a loro dritta e sgombra da così tanto tempo da permettergli di abbandonare il cambio.

Era incredibile come Ethan, rimuginatore per eccellenza, a volte riuscisse a prendere decisioni discutibili senza pensare.

"Non preoccuparti, è tutto a posto." Alle sue parole Ethan gli rivolse lo sguardo. L'occhio destro del più grande si era annerito parecchio raggiungendo una colorazione quasi violacea e per quanto gli fosse possibile notare nell'abitacolo buio, la garza bianca che gli avevano posto sul naso sembrava essersi già impregnata di sangue. "Come va il braccio?" Continuò poi il maggiore, cercando di far aprire bocca al castano.

Ethan spostò lo sguardo sulla propria mano destra, il cui anulare e medio erano stati accuratamente steccati e fasciati come risultato della loro non-proprio-breve gita in ospedale. La microfrattura sarebbe guarita entro un paio di settimane al massimo. Ora, sulla strada di casa, Ethan non poteva fare a meno di pensare e ripensare all'accaduto.

Un attimo prima Dominic gli raccontava storie sulla sua infanzia, gli parlava di cose serene e lo baciava e un attimo dopo Ethan si ritrovava premuto con forza contro una roccia, il viso schiacciato di lato contro la superficie ruvida e un braccio torto dietro la schiena, a quanto pare abbastanza malamente da ridurgli l'anulare in quel modo.

Il castano ripeteva e ripeteva e ripeteva la scena nella sua testa, ma sembrava accadere così velocemente che il collegamento tra le due cose si faceva man a mano sempre più labile, lasciandolo solo col ricordo del dolore e l'immagine di Dominic steso a terra a pochi metri da lui, mentre due ragazzi gli riarrangiavano il viso a suon di pugni. Un brivido gli corse lungo la schiena al ricordo di quanto sangue fosse impastato col terreno intorno alla testa di Dominic mentre si dimenava con ferocia cercando di difendersi dai suoi assalitori.

Ethan portò la mano sinistra allo zigomo, sfiorando così il cerotto che celava i tre punti di sutura che probabilmente gli avrebbero lasciato un ricordo indelebile di quell'episodio. Era tutta colpa sua. Il lago, il bacio, i ragazzi, gli insulti, le botte. Era solo colpa sua.

"Hey." Una mano gli si posò gentilmente sulla gamba sinistra, trascinandolo fuori dalla gabbia dei suoi pensieri. Ethan lasciò che la mano usata per sfiorarsi il viso tornasse al suo fianco, poi si voltò verso il più grande.

Kiss whoever you wantDove le storie prendono vita. Scoprilo ora