Capitolo 22

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Abbiamo ignorato tutti e tutto. Abbiamo superato chiunque si trovasse sul nostro cammino e siamo andate avanti, mano nella mano.

A momenti non mi accorgevo neanche di essere salita sulla sua auto.

In realtà non l'avevo mai fatto prima d'ora, ma la mia agitazione è talmente tanta, che quando mi ritrovo in quel piccolo abitacolo, non riesco a concentrarmi su nulla. Eppure ci sono tantissime cose; peluche, qualche indumento sparso a casaccio sui sedili posteriori, persino una lattina di pepsi vuota sul cruscotto.

In un altro momento avrei paragonato tutto questo disordine a quello di America, ma ora come ora il mio cervello si rifiuta di formulare qualsiasi pensiero.

Haley sembra leggermi nel pensiero, mi guarda colpevole e subito dopo si scusa.

« Sono un po' confusionaria... » scuoto il capo e mi stringo nelle braccia. Deve aver avvertito il mio nervosismo, perché mette in moto l'auto e finalmente partiamo.

« Non importa. » riesco a biascicare, per poi guardare fuori dal finestrino.

Qui dentro il suo profumo è più forte; mi sembra di aver invaso il suo spazio personale.

Lei sembra nervosa quanto me, e quando azzardo un'occhiata nella sua direzione, le sue dita sono strette attorno al volante, come se si stesse aggrappando ad esso per non cedere del tutto.

La sua guida mi rilassa. Raggiungiamo Phoenix in un tempo brevissimo.

Mi sono mancate le luci della mia città. Ed è strano ora essere qui con lei.

Sotto questi enormi grattacieli dalle mille finestre illuminate, sotto un cielo che sembra infinitamente lontano.

Ero già stata a casa di Savannah, ma vista in questo stato d'ansia e agitazione, mi sembra tutto nuovo.

Haley continua a sbagliare chiave e al terzo tentativo mancato mi lascio andare in un lamento.

« Haley, vuoi darti una mossa? » le chiavi le cadono quasi per terra, e con dei riflessi pronti inaspettati, le recupera all'istante.

« Si, scusami. » questa volta riesce ad indovinarla, e mentre la chiave gira nella toppa, le trema la mano.

È nervosa quanto me e la cosa mi fa venire mal di stomaco.

Silenziosamente, entriamo in casa. Vi regna la penombra, da una stanza che sembra essere il salotto, proviene la luce di una televisione.

Lei mi invita a far piano e senza farci notare saliamo le scale dirette al piano di sopra.

I genitori di Sav sono ricchi quanto basta per avere un villone come questo. I miei, invece, non se lo potrebbero permettere neanche fra cent'anni.

Hanno speso tutto quello che potevano per la casa al mare.

Per rendermi felice.

Mi chiedo cosa direbbe mia madre se sapesse di questa situazione, se riuscirebbe ad accettarla. È la prima volta che me lo domando. Ma questo pensiero viene subito cancellato nel momento in cui Haley apre l'ultima porta in fondo al corridoio.

Questa cigola rumorosamente, tanto che dei passi risuonano nella stanza accanto. Haley mi spinge all'interno della sua, e per poco non inciampo. Lei resta sulla soglia e una voce femminile spezza il silenzio della casa.

« Sei già tornata? » dalla cadenza posso capire all'istante di chi si tratti.

Questa è sua madre. Nessun americano parlerebbe mai cosi.

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