Capitolo 30: Haley

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Non soffrire Haley.

Sii forte.

Sono due ore che cerco di ripetermelo. Come un mantra, ripetutamente, ad ogni pensiero negativo che mi attraversa la mente.

Non voglio più sentire questo dolore atroce. Voglio cancellarlo, dimenticare di averlo vissuto.

Ma come si può dimenticare?

Qual è la giusta soluzione?

Forse non ho mai capito come gira il mondo, come vanno realmente le cose.

Forse fa tutto cosi schifo che la felicità è soltanto uno sprazzo di luce in una lunga giornata di buio.

No? È cosi la mia vita. Dovrei essermene fatta una ragione, invece, testarda come un mulo, continuo ogni volta a sperare. Come se le cose potessero aggiustarsi da un momento all'altro.

Come se io fossi in grado di aggiustarle.

E tutt'ora ci provo, mentre con passo esageratamente svelto, mi avvio verso l'unico posto dove so che posso trovarla.

Conosco le sue abitudini, i suoi gusti. So dove si recherebbe in una città sconosciuta.

E difatti, tutte le mie certezze vengono affermate nel momento stesso in cui varco la soglia del locale.

Le luci neon viola e azzurre creano un'atmosfera particolare.

La musica proveniente dalle casse sistemate negli angoli più alti delle pareti viola, è soffusa.

È quasi piacevole, caldo, come ambiente.

Non sono mai stata qui, ma non mi soffermo a guardarmi intorno. Savannah mi aveva raccontato di questo posto, della gente che lo frequenta. Per questo ho pensato subito ad Evelyn.

La individuo al bancone del bar.

È seduta sul comodo sgabello con le gambe accavallate.

Indossa delle calze a rete , sopra una gonna nera metallica e delle Vans dello stesso colore.

Una giacca di jeans, con dei risvolti alle maniche e un top scollato che le mette in risalto quel poco seno che si ritrova.

I capelli viola sono lisci, perfettamente sistemati sulla spalla.

Le unghia smaltate di nero tamburellano sul bancone argentato, e fischietta la canzone trasmessa dalle casse.

In questo preciso istante io la odio.

Con tutta me stessa. Come se non sapessi fare altro nella vita.

I suoi occhi fissano il vuoto, ma come richiamati dalla mia presenza, si posano su di me con una lentezza estenuante.

Le sue labbra si stiracchiano in un debole sorriso che sta a dire ' sapevo che saresti venuta '.

O peggio ancora ' ti stavo aspettando '.

E ciò spiegherebbe la scelta dei suoi abiti.

Mi avvicino a passo di marcia, con un'espressione tutt'altro che pacifica. E forse è questo che la fa sorridere, mentre tiene gli occhi fissi su di me, seguendo ogni mio movimento.

Tutta la rabbia che provo, esplode all'istante, senza lasciare scampo.

È come un fiume in piena, ci travolge entrambe. Solo Evelyn però riesce a tornare a galla, io no. Io affondo.

« Quale cazzo è il tuo problema, eh? » vedo tutto rosso, come se fossi stata catapultata improvvisamente all'inferno.

Il sorriso le muore lentamente sulle labbra, lasciando spazio ad un'espressione seria e intensa.

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