Capitolo 29

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È più di mezz'ora che non rispondo alle chiamate ed ai messaggi di Haley.

Il telefono vibra in continuazione ed io lo ignoro, come se non esistesse neanche.

So che non è giusto comportarmi cosi con lei, che è assurdamente infantile da parte mia. Ma non so fare altrimenti. Le parole di Evelyn continuano a tornarmi in mente come le strofe di una canzone, e più ci penso, più queste mi fanno male.

Da quando sono rientrata a casa l'unica cosa che sono riuscita a fare è stata sfilarmi i vestiti fradici di pioggia e indossare il pigiama.

Me ne sto a letto, sotto strati di coperte. E sono soltanto le sei di un pomeriggio di fine ottobre.

Avrei anche da studiare, ma ora come ora finirei soltanto per perdere tempo.

Dopo la ventesima volta che il telefono vibra sul mio comodino, mi decido ad afferrarlo soltanto per leggere i suoi messaggi. Ma è impossibile, dato che ce sono più di una ventina più altre dieci chiamate.

Leggo l'ultimo sms, quello inviato pochi secondi fa.

' Vuoi rispondere a questo cazzo di telefono? '

Mi bruciano gli occhi. Cosa devo fare? Cosa devo dirle?

Mentre sono ancora indecisa su cosa fare, sento il citofono e mia madre accorrere alla porta.

La sua voce si confonde con quella di Haley. Abbandono velocemente il telefono sul comodino e mi nascondo del tutto sotto le coperte.

Non servirà a nulla. Sono soltanto una stupida.

« E' in camera sua. Appena è tornata si è subito messa a letto. Credo non stia molto bene. » mia madre che cerca di giustificarmi, di coprire i miei errori. Come faccio a non esserle grata?

È una donna fantastica.

Haley è gentile quando le risponde, ma nel suo tono di voce c'è una rabbia, che so per certo, è indirizzata soltanto a me.

Per questo, quando spalanca la porta della mia stanza, un brivido mi percorre la schiena.

La richiude con forza alle sue spalle e fa girare per due volte la chiave nella toppa.

In un altro momento, in un'altra situazione, quel rumore mi avrebbe semplicemente eccitata.

Chiudo gli occhi e stringo le mani a pugno sotto il cuscino.

I suoi passi si avvicinano lenti, ed il materasso cigola quando lei ci sale sopra.

Profuma di freddo, di aria autunnale. E anche di dolci.

Non mi tocca, la situazione è peggio di come pensavo.

« Lo sai che ti stai comportando come una bambina di tre anni, vero? » la sua frase mi ferisce più del dovuto. Non so recitare bene la parte della malata con la febbre, e neanche della bella addormentata.

« Non sto bene. » borbotto a mezza voce, col viso nascosto dalle coperte. Lei le scosta, facendomi rabbrividire. Mi accovaccio su me stessa in posizione fetale e mi ostino a tenere gli occhi chiusi.

« Se tu non fossi stata bene me lo avresti detto subito. Ed io ti avrei creduto. Ma dato che non rispondi ai miei messaggi e alle mie chiamate da oggi pomeriggio, sono costretta ad arrabbiarmi con te. Vorrei capire cosa cazzo è successo. » il silenzio che ne segue la fa irritare ancora di più. Per di più non la sto neanche guardando. Mi meriterei di vederla uscire da qui e di restare sola.

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