Capitolo 17

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 Riccardo parcheggiò la moto di fronte ad un garage, quando spense il motore una musica assordante li raggiunse dall'interno. Quella sera, tutta la comitiva si era riunita a casa di Federico per festeggiare la chiamata del suo gruppo musicale da parte di un discografico locale che aveva ascoltato le loro canzoni e voleva ingaggiarli per incidere un disco.

Giorgia si guardò intorno.

Federico abitava in una casa di campagna somigliante più ad un rudere che ad un'abitazione vera propria, appartenente al suo defunto nonno. Quando i suoi genitori erano morti per droga sette anni prima, l'uomo l'aveva preso in custodia, ma i rapporti tra i due non erano mai stati dei migliori, fino a quando, circa un anno e mezzo fa, anche lui era morto d'infarto, lasciando il ragazzo, appena diciottenne, completamente solo. Anche se tra nonno e nipote c'erano delle incomprensioni, Federico provava affetto per lui e quella perdita non era stata molto facile da superare, ancora adesso sentiva la sua mancanza e, quando si fermava a riflettere, gli rimordeva la coscienza per tutte le volte in cui aveva maltrattato nonno Alberto, la sua unica famiglia. Almeno, quel povero vecchio, ci aveva provato a dargliene una, mentre i suoi genitori non si erano mai curati di lui.

L'avevano concepito e messo al mondo per poi abbandonarlo.

Era questo quello che gli faceva più rabbia, che sua madre e suo padre avessero preferito la droga invece di crescere lui, il loro unico figlio.

La sua unica valvola di sfogo era la musica.

Aveva cominciato a suonare all'età di dodici anni con un paio di coetanei e a quattordici avevano formato una band ispirandosi ai gruppi rock americani degli anni ottanta. A sedici, Federico e il suo gruppo, avevano cominciato ad esibirsi nei locali di Verona e nelle piazze, così era cominciata la sua vita notturna, scatenata e sregolata oltre ogni limite.

Riccardo lo aveva conosciuto a scuola, che Federico frequentava di rado a dire la verità, ed era stato proprio quest'ultimo ad iniziarlo alla musica rock, quando, una sera, l'aveva sentito cantare "We will rock you" con la sua band.

Da allora, quando suonava in compagnia degli amici, Federico gli cantava sempre quel pezzo, coinvolgendolo nel canto, anche se Riccardo era più stonato di una campana.

"Dove siamo?" chiese Giorgia nel sottofondo di quel fracasso.

Musica a tutto volume, schiamazzi, urla, risate, vetri che si rompevano; dalla porta di quel garage, illuminata da luci colorate, proveniva il caos.

"A casa di un mio amico!" la informò Riccardo prendendola per mano "Dai, vieni!" disse in tono tenero.

Giorgia era un po' nervosa.

Non conosceva quei ragazzi ma sapeva che le amicizie di Ric, da quel che si sentiva in giro, erano poco raccomandabili.

Cavolo, sarebbe diventata anche lei una teppista col giubbotto di pelle che passava le notti a distruggere la città?

Già si immaginava con un martello in mano intenda a mandare in frantumi le vetrine dei negozi, che orrore! Pensò.

No, lei non era una teppista, odiava la violenza e tutto ciò che comportava.

Vedendola impalata lì Riccardo la invogliò a proseguire.

"Giorgia, dai!".

E il frastuono li inghiottì.

Inaspettatamente, quando furono dentro, Giorgia rimase piacevolmente colpita da quello che vide. Credeva di ritrovarsi di fronte una banda di criminali coperti di borchie e piercing dalla testa ai piedi e invece, di fronte a lei, c'erano una ventina di giovani normalissimi, alcuni un po' stravaganti forse, ma non erano assolutamente degli alieni. I ragazzi, il sesso predominante della compagnia, erano tutti alti e dal fisico asciutto, le ragazze sensuali e femminili. Il garage aveva due porte, quella da dove erano entrati Riccardo e Giorgia e un'altra parallela che dava su un cortile abbandonato al degrado. Quello spiazzo apparteneva ad una casetta diroccata confinante con la casa di Federico. Nessuno sapeva a chi appartenesse e per quei ragazzi era un vecchio rudere con i muri in pietra contro cui si divertivano a lanciare oggetti. Dal cortile partiva una stradina di campagna che portava ad un bosco dove le coppiette provenienti da tutte le zone di Verona andavano ad appartarsi. Era un boschetto fitto e la strada era buona, quindi ottimo per la privacy.

I tuoi occhi mi fanno impazzireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora