#6 mi hai fatto fare la figura dell'idiota

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Avevano esagerato. E fin troppo.
I camerieri portavano ogni tipo di piatto al loro tavolo, la maggior parte contenenti cose che nessuno di loro aveva ordinato, e che nessuno aveva voglia di mangiare.
Iniziarono a fare l'impensabile per non dover pagare i loro rimasugli di cibo, e tutti puntarono stranamente allo zainetto di Chiara, che cercava di portarlo lontano da resto del gruppo. Cercarono in tutti i modi di distrarla mentre mettevano pezzi di sushi misti nel suo zaino, ma Chiara era piú sveglia e riuscí a tenerlo immacolato.

Quando uscirono dai ristorante, piú che sazi ormai, Chiara sentiva lo zaino pesare il doppio di quando aveva oltrepassato la stessa porta all'incontrario, o forse, ipotizzò, era solo lei piú stanca e assonnata. Ma appurò che non era l'unica: tutti sembravano sul punto di crollare e addormentarsi da un momento all'altro appoggiati alle macchine altrui, persino Nelson, che era sempre stato il piú attivo in fatto di cibo.
"cosí mi deludi Nels" gli disse, strofinandosi un occhio con l'indice. Lui le lanciò un occhiata tra l'assonnato e l'infuriato
"se tu avessi lasciato mettere i resti nel tuo zaino non avremmo dovuto mangiarli tutti"
"se io avessi lasciato mettere i resti nel mio zaino in questo momento sarebbe pieno zeppo di riso e pesce. E avreste dovuto pulirlo voi" ribatté con un mezzo sorriso, mentre Nelson cingeva i fianchi di Beatrice con il braccio destro
"sei antipatica" le disse, mettendo su un finto broncio offeso. Chiara invece sorrise e alzò le spalle in una mossa noncurante
"me lo dicono in molti, almeno so che sono coerente"
Nelson sembrò per un attimo spiazzato, ma vedendo la sua faccia rilassata sorrise anche lui. Beatrice poggiò la testa sulla spalla del suo ragazzo e sospirò, giocando con la mano che ancora le cingeva i fianchi.

Chiara aveva ormai imparato ad abituarsi. Era suo solito sentirsi una sorta di terza incomoda per il semplice fatto di non poter fare un gesto tanto banale con qualcuno di cui si fidava ciecamente. Marco era solito starle vicino, ma non aveva mai dimostrato quanto la amasse con dei semplici e stupidissimi gesti come spostarle una ciocca di capelli dal viso o cingerle le spalle con il braccio. era sempre stato distante, freddo.
Iniziò ad incupirsi, a parlare meno come trascinata da quei ricordi dolorosi, iniziò a perdersi nei suoi pensieri mentre le voci degli altri diventavano lontane, abbozzate.
L'unico ad accorgersene fu Tonno. Il suo sguardo si era gettato su di lei in quella che lui voleva credere fosse una coincidenza, ma che sapeva non fosse tale. I suoi occhi avevano visto il suo sguardo diventare piú opaco, i suoi occhi color nocciola avevano perso un po' della limpidezza che avevano sempre avuto, le sue labbra tirate all'insú non erano segno di divertimento, ma era il solito che metteva quando veniva attaccata dalle sue paranoie che Tonno aveva imparato a sopportare per il semplice fatto che lei non ne parlava mai.
Sentí di nuovo uno sguardo addosso, ma non si girò per vedere se fosse Dario come per tutta la mattina, ma sapeva che qualcuno lo stava osservano profondamente.
Sgattaiolò dietro al cerchio che i suoi amici avevano creato e in un batter d'occhio fu vicino alla ragazza, che non sembrò notarlo ma che continuò a guardare gli altri senza vederli.
E forse, comandato dal suo cuore o dalla situazione, cinse le spalle di Chiara con un braccio e si avvicinò di piú al suo orecchio
"me ne parlerai?"
Lei sobbalzò e si irrigidí per un secondo a quel tocco. Poi si strinse di piú su di lui, era piú bassa di pochissimi centimetri
"non lo so. Odio parlare di queste cose"
Lui alzò gli occhi al cielo, sconcertato. Da quando aveva conosciuto Chiara non era mai stato partecipe di quello che provava lei, non gli aveva mai raccontato cosa le passava per la mente, non aveva mai lasciato trapelare un'emozione a parole ma, a suo discapito, le sue espressioni parlavano chiare.
Strinse un po' di piú la presa, Chiara non si dimenò né lo strattonó ma, per la prima volta, rimase ferma, a giocare con la cerniera del suo zaino tenendo la testa appoggiata a quella di Tonno, che si sentiva stranamente al settimo cielo. Vide Dario lanciargli un occhiata di traverso e sorridere, vide con la coda dell'occhio Cesare guardarli con un'espressione puramente soddisfatta in volto e, quando i loro sguardi si incrociarono, lui gli strizzò un occhio con fare affabile, per poi tornare a regalare tutta la sua attenzione a Nicolas.
La sentiva sbattere le palpebre, la sentiva far schioccare la lingua prima di liberare la sua solita risata limpida, la sentiva sospirare sulla sua spalla. La sentiva di nuovo la solita Chiara che conosceva da quelli che erano ormai 10 anni, la sentiva di nuovo un'adolescente piena di dubbi, con la voglia di essere finalmente libera.
Erano passati 10 anni, non avevano piú sedici anni e la voglia di divertirsi che contraddistingueva quella età tanto strana era andata a scemare. Passavano le loro serate a casa di Nelson a giocare a Call of duty con una pizza surgelata al fianco, mentre Bea e Chiara stavano poggiate alle loro spalle sullo schienale del divano, e a volte quest'ultima gli solleticava il collo per vederlo accartocciarsi su se stesso e rideva. Tonno amava la sua risata cristallina.
La sentí poggiare la testa sulla sua spalla e le gettò una leggera occhiata: vide le sue palpebre chiuse, le ciglia lunghe che le incorniciavano gli occhi erano serrate, il suo viso era morbido, illuminato dai raggi del sole alti nel cielo.
Tonno alzò il braccio e le diede una leggera gomitata nelle costole, Chiara aprì gli occhi che toccavano una strana sfumatura ambrata e mise su una smorfia infastidita.
"non ti porto di peso fino alla macchina, scordatelo. Non so neanche dove tu abbia parcheggiato"
La ragazza si sistemò gli occhiali sul naso e alzò leggermente la testa, Tonno incrociò i suoi occhi color nocciola
"sei così sicuro che verrai con me?"
Chiese sconcertata, il ragazzo le tolse senza neanche pensarci una ciocca di capelli caduta sul volto
"dobbiamo parlare Chiaretta, no?"
Come a ricordarsi di una cosa dolorosa, lei annuí greve e distolse lo sguardo. Lo fece viaggiare su tutti gli altri e si mordicchiò le labbra, il ragazzo sapeva che era nervosa. Ma una domanda muta lo attanagliava, per cosa? Che cosa era che la innervosita cosí tanto?
"va bene. Via il dente via il dolore, no?" sussurrò, il ragazzo non sapeva cosa pensare. I suoi pensieri erano infestati da ricordi in cui lui cercava di trovare qualche indizio su quello che lei avesse tanto bisogno e tanta paura di dirgli, in cerca di qualche frammento utile che potesse spiegare tutto.

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