#8 che cazzo ti urli?

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"Allora, quando avrò l'occasione di conoscere il tuo caro amico?"
Quella sera di luglio l'aria era immobile. Non un filo di vento smuoveva gli arbusti al loro passaggio, non una nuvola copriva lo spicchio di luna splendente sul manto scuro, le stelle si specchiavano sugli occhi del ragazzo al volante ed erano immerse in quelli della ragazza, che guardava sognante il cielo punteggiato di puntini luminosi.
"presto, tranquillo. È molto protettivo nei miei confronti, e anche Nelson e Cesare. Dovrai sudare per avere la loro approvazione"
Sorrise, e la risata del ragazzo riempí l'interno della panda nera di Elia. Delle note vaghe uscivano dalle casse della radio.
Chiara tornò a guardare il cielo. Le erano sempre piaciute le stelle, i pianeti, le galassie e i mille cambiamenti e ipotesi che interessavano il loro universo, ma nessun insegnante era mai riuscito a suscitare il suo interesse verso quelle pagine scritte con inchiostro color pece su cui lei aveva passato le sue intere giornate durante i suoi cinque anni di liceo.
La luna si specchiò sulle sue lenti. Non ne rimaneva che uno spicchio e brillava di luce propria in modo solenne sopra uno spicchio di mondo, e Chiara se ne beò completamente.
Ricordava quando, da piccolissima, sua madre si sedeva sul prato con lei tra le gambe e le indicava la luna, le indicava quella luna che ora la salutava, e la chiamava la luna delle favole. E fu forse questo il frutto delle sue fantasie piú belle, in cui un principe azzurro senza né volto né nome la portava al chiaro della cosí bella luna delle favole e la baciava, professandole eterno amore.
Poi era cresciuta, e il principe azzurro era diventata una figura mistica, surreale. Non credeva piú che qualcuno del genere potesse esistere e potesse entrare nella sua vita, non credeva piú che qualcuno fosse talmente destinato a lei.
Le ripetevano che andando avanti cosí non avrebbe fatto altro che allontanare le persone, e forse proprio per questo si era costruita un'armatura al primo graffio che aveva ricevuto, e non era piú riuscita a crollare.
E ora Tonno le chiedeva di abbassare la guardia. E temeva che potesse realmente accadere, temeva che una volta tolta quella pesante armatura mille pugnali le avrebbero trapassato il cuore, temeva che un giorno tutto ciò che aveva evitato sarebbe tornato a tormentarla.

La macchina si arrestò davanti ad una casa in periferia di Bologna. Intorno a sé il prato era smosso dai grilli e il colore rosso delle pareti aveva assunto uno strano colorito rosato dato dal riflesso della luna. L'edera cresceva rigogliosa su un parete e si diramava fino al tetto in mille rami.
"è bellissima" disse, prendendo il braccio che Elia le porgeva
"era dei miei genitori, ora si sono trasferiti in una casa al centro di Bologna, questa è mia di diritto"
Inserí le chiavi nella toppa e le girò, fino a che un metallico click non riempí l'aria silenziosa di quella sera.
Era una casa talmente semplice quanto complicata, un calore immondo la occupava e fu come uno schiaffo in pieno volto. Si spostarono in salotto, a detta del ragazzo una delle stanze piú regali della casa.
Un lampadario di cristallo scendeva dal soffitto, i divani e le poltrone fimacheggiavano le pareti rosate occupate da imponenti quadri. Un caminetto spento occupava una delle quattro pareti e un tappeto copriva il parquet sottostante.
"fai come fosse casa tua" le disse semplicemente, lasciandole un tenero bacio sulla testa e allontanandosi. Chiara ne dubitava amaramente. Non riusciva a fare come fosse a casa sua, quella non era casa sua e le era impossibile credere il contrario.
Elia tornò da lei con due bicchieri di vino rosso in mano, la ragazza ne prese uno e accettò il posto che lui le indicava, sul morbido divano bianco. Elia prese posto accanto a lei e le cinse la vita con un braccio. Chiara si sentiva terrorizzata.
Sentiva il cuore pulsare in ogni parte del suo corpo, uno strano sentimento di timore sorto in petto le pesava sullo stomaco e mai come in quel momento avrebbe voluto parlare con Tonno.
Idiota si disse, mordendosi un labbro con forza sei con Elia e pensi a Tonno
Eppure era piú forte di lei. Quelle mani non le sentiva sue, quella presa non era familiare, quel fiato caldo sul collo non era piacevole.
Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. Cercava di convincersi di essere forte, che sarebbe andato tutto per il verso giusto.

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