#22 Non é sbagliato?

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Sembrava tutto tremendamente giusto quel giorno, e Tonno era stranamente al settimo cielo.
Non c'era un motivo specifico, erano da poco scoccate le otto eppure anche solo i raggi di sole che gli colpivano il volto sembravano preannunciare una giornata con i fiocchi, segna di essere ricordata, degna di essere vissuta.
Tolse di mezzo il lenzuolo in cui si era aggrovigliato durante la notte e i suoi piedi toccarono il pavimento della stanza, anche l'ultimo brandello di stanchezza era svanito pur avendo sulle spalle solo sei ore di sonno. Era bello, era stamaledettamente bello.
E lo fu ancora di piú quando arrivò a casa di Nelson. Parcheggiò poco lontano dal condominio e si diresse a piedi fino al portone, aveva strane impressioni in corpo.
"si?" la voce di Cesare era resa metallica dal citofono, Tonno rispose mentre sistemava le chiavi della macchina all'interno dello zaino
"apri vez, sono io"
Un click sordo avvisò che il portone era appena stato aperto, la voce strascicata del ragazzo arrivò di nuovo dal citofono
"solito piano vez" si, solito piano, il solito piano con il solito appartamento in fondo al corridoio, anche questo adesso gli sembrava giusto, anche questo particolare banale gli sembrava perfetto.
Il sole era alto sopra Bologna, illuminava la città con i suoi raggi luminosi, che riscaldavano l'asfalto e baciavano i fiori, che si volgevano a lui per avere un po' di quell'amore dannoso, che se in troppe quantità finisce per uccidere.
Diventò tutto ancora piú bello quando la porta di casa Venceslai gli venne aperta, e lei era lì. Il suo bellissimo raggio di luna era lì a guardarlo, con la maglietta nera legata in vita con un nodo storto che le lasciava scoperto un piccolo lembo di pelle e i pantaloncini del medesimo colore che le fasciavano le gambe. Era bella, eccome se era bella.
"Hey Tone, Nelson è in ritardo" disse scocciata, spostandosi per lasciarlo entrare. La riposta di Nelson non tardò ad arrivare
"sono in perfetto orario" urlò dall'altra stanza, mentre la porta veniva richiusa alle sue spalle e Chiara alzava gli occhi al cielo, visivamente contrariata.
"15 minuti Nelson, dovevi essere pronto 15 minuti fa" sbottò Beatrice, mentre dal divano dava un cinque affettuoso al biondo e continuava a spulciare tra i contenuti di Netflix, che era stato palesemente monopolizzato da Chiara in quanto i programmi selezionati erano tipici da lei, impossibili da definire ma caratteristici della ragazza.
"era ora!" Tonno si girò, in tempo per vedere una Chiara stizzita guardare verso un Nelson ancora per metà addormentato, le mani sui fianchi le davano un aspetto fin troppo autoritario
"voi due" disse Nelson, indicando con il dito Chiara e Beatrice "siete crudeli. Mi state rompendo il cazzo da 15 minuti" disse, avviandosi verso Tonno e dandogli una pacca sulla spalla, lui strinse piú forte la spallina dello zaino e sorrise, ricambiando il saluto nel medesimo modo.
In quel momento Cesare spuntò dalla cucina, tra le mani teneva un caffè fumante, gli occhiali da vista coprivano in parte le occhiaie scure.
"Nelson, ti svelo un segreto: hanno ragione" il riccio si afflosciò su se stesso sconfitto, borbottando un flebile "ok scusate".

Viaggiarono tra le strade di una Bologna dormiente tra risate, chiacchiere e musica. Dopo varie suppliche, Chiara aveva approvato il desiderio di Nelson di filmare quella giornata, gli occhi di Nelson luccicavano ora di una luce entusiasta mentre la ragazza sorrideva lieta, contenta che quella giornata fosse iniziata per il meglio, o quasi.
Le prime ore dell'alba erano state occupate da un improvviso attacco di panico, e Chiara sembrava sentire ancora quel peso sul cuore.
Si era svegliata di soprassalto maldida di sudore, stringendo le coperte in ogni modo che potesse per darle anche solo un briciolo di lucidità, aveva boccheggiato per un attimo prima di prendere il telefono, non voleva farlo, ma sentiva che era l'unica cosa possibile, sentiva che aveva bisogno del suo aiuto.
Cesare aveva risposto ai primi squilli, la sua voce impastata dal sonno a cui era stato bruscamente sottratto rendeva quasi incomprensibili le sue parole.
"Chiara che succede?" aveva biascicato, la ragazza aveva cercato di far riempire d'aria i suoi polmoni, ma in vano. Emise un mugolio lamentoso mentre sentiva le gambe che tremavano, il telefono le scivolava dalla mano maldida di sudore, nessuna parola riusciva ad uscire dalle sue labbra tremanti.
"Chiara che ti prende?" aveva chiesto nuovamente il ragazzo, ora la sua voce era colorata da un'improvvisa preoccupazione.
"non lo so" rispose lei, mentre sentiva le gambe fremere piú violentemente sotto le lenzuola "non lo so Cesu" la sua voce era a malapena un sussurro, eppure il ragazzo sembrò comprendere, perchè sospirò sconfitto.
"ok, sta tranquilla io sono qui" aveva detto con una calma estenuante, mentre Chiara si portava le gambe al petto, rannicchiandosi su se stessa.
Ora, che erano passate ore, stava bene, anche se il suo cuore era ancora sotto il peso di un macigno di pietra. Si era scusata piú volte con Cesare, ma lui non aveva fatto altro che liquidare il discorso con un "avevi il pieno diritto di disturbarmi per una cosa del genere, smettila"
Seduti spalla contro spalla, Chiara sentiva il bisogno di sentirsi tranquilla, di capire cosa le prendesse.
Ma se per il primo le bastava scusarsi per quella che doveva essere la millesima volta, per la seconda aveva bisogno di tempo, tempo per sé stessa senza altre delusioni, senza altri crolli.
Chiuse gli occhi e sospirò sconfitta, come se cosí tutti i suoi demoni potessero svanire proprio come tutto ciò che non era il buio, che non erano le sue palpebre serrate.

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