19. (Dionysus)

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Passò mezz'ora, e mentre Taehyung tentava invano di continuare a studiare, Jungkook e Jimin, seduti sui lati opposti della stanza, continuavano a guardarsi sorridenti e a salutarsi con la manina ogni due minuti. Ogni volta che tentavano di dire qualcosa o di avvicinarsi, Taehyung li zittiva e li rimetteva al loro posto, non tanto perché non riusciva a concentrarsi sullo studio, ma perché era sicuro che persi com'erano, qualcosa di brutto ed irreparabile sarebbe successo. Non sapeva perché avesse questo presentimento, non sapeva nemmeno che tipo di cose potessero succedere, lo sentiva e basta.
"Tae, mi puoi dare un po' d'acqua? Giuro che sto meglio" dopo altri dieci minuti il biondo interruppe il silenzio, osservato dal più piccolo con un'espressione innocente in viso che non gli aveva mai visto, ma che lo faceva sentire strano.
"Certo, salgo un momento. Ma vi prego, rimanete fermi e zitti, o vi farete scoprire" e così, mentre Taehyung si recò a prendere una bottiglietta d'acqua ed un paio di bicchieri, i due rimasero al loro posto, senza muovere un muscolo, ma non potevano fare a meno di ridacchiare mentre si guardavano.

Alle due, Jimin decise che ne avevano avuto abbastanza tutti e tre, e accertatosi che le capacità di parlare e camminare correttamente gli fossero tornate, si alzò, e si avvicinò a Jungkook, rivolgendosi però al maggiore:
"Tae sto meglio, è meglio se noi andiamo, e anche tu, va a dormire che è tardi" il biondo tese la mano al più piccolo che la prese, e con l'aiuto del più grande si alzò, ma a differenza sua, era ancora totalmente ubriaco, e gli sembrava di vivere tutte le scene a rallentatore e circondate da una sorta di nebbia che gli rendeva difficile partecipare attivamente alle conversazioni.
"Sì, hai ragione. Mi raccomando, fate attenzione tornando a casa, e tieni un occhio su Jungkook. E per l'amor del cielo, non farlo parlare troppo o arriverà a dirti anche quante mutande pulite ha nel cassetto della biancheria". Jimin scoppiò a ridere, acconsentendo alle sue richieste, e dopo essersi accertato che l'amico rientrasse veramente a casa ed andasse a dormire, si incamminò con Jungkook verso una fermata del bus.
"Jiminie, non mi va di prendere il pullman, mi verrebbe la nausea. Voglio camminare nell'aria fresca" mentre parlava, il moro dondolava le braccia allegro, ma stando bene attento a non far cadere il giubbotto di jeans che il più grande gli aveva prestato e che gli inebriava le narici con il forte profumo al gelsomino.
"Va bene, allora cammineremo fino a casa tua" Jimin era ora abbastanza lucido da badare al più piccolo, ma la testa gli girava di continuo, e il sonno stava cominciando a farsi sentire.
"Casa mia però è lontana dalla tua. Fermiamoci a metà" il volto del moro era pervaso da una strana espressione pensierosa, e guardandola, Jimin sorrideva divertito. Gli piaceva quando non litigavano, parlando tranquillamente ricordava perché erano... amici.
"E una volta a metà cosa facciamo?"
"Troviamo una panchina e ci addormentiamo lì. Così non dovrai tornare a casa da solo." Jungkook sembrava fiero del suo ragionamento, e a Jimin faceva sempre più ridere. Quella situazione gli ricordava quando, un anno prima, erano andati a bere da soli, proprio come questa volta, e Jungkook aveva bevuto così tanti drink e shots che diceva cose insensate ed il giorno dopo non ricordava assolutamente nulla di quello che aveva detto o fatto, come la corsa che aveva fatto senza maglia per tutto il cortile di Taehyung per una decina di volte.
"Io invece ho un'altra idea. Ti accompagno a casa, e poi prendo un bus alla fermata lì vicino, così possiamo dormire entrambi al caldo."
"Sì, questa è un'altra buona idea"
"Tu dici?" la risata del biondo contagiò anche Jungkook, che a tratti si rendeva conto delle stupidaggini che diceva, ma non riusciva a fermarle dall'uscire dalle labbra.

Camminarono in silenzio per i seguenti cinque minuti, ognuno nei propri pensieri, anche se Jungkook non ne aveva proprio tanti, fino a quando quest'ultimo non si fermò di botto e Jimin si scontrò contro la sua schiena, sovrappensiero.
"Che succede?" questo si guardò intorno, alla ricerca di qualcosa che stesse bloccando il percorso al più piccolo, ma non riusciva a vedere nulla.
"Siamo giusto a metà strada, e qui c'è una fermata. Prendi il pullman qui ed io torno a casa da solo, tanto è poca strada" Jungkook chiuse il suo mini discorso con un sorriso gioviale, facendo comparire sulle sue guance delle leggere fossette.
Jimin provò a convincerlo per altri dieci minuti a proseguire per non lasciarlo solo per il resto del tragitto, perso com'era, ma non c'era modo di spostarlo da quel punto. Se normalmente sembra avere la mente di un sessant'enne con un'esperienza infinita, da ubriaco Jungkook lasciava uscire il bambino di tre anni che tratteneva dentro per il resto del tempo.
Così rimasero fermi lì, in piedi, con la luce di un solo lampione e la compagnia di un cane randagio che passeggiava tranquillo sul marciapiede difronte. Preoccupato di non poterlo controllare nel restante percorso verso casa, Jimin pensava a come fare per essere sicuro che non si facesse male, e tali pensieri lo portavano ad essere silenzioso e serio, cosa che fece preoccupare Jungkook, che invece trasformatosi nel sé stesso di tre anni, credeva fosse arrabbiato con lui.
"Non essere nervoso per questo. Solo non voglio che ti succeda qualcosa di brutto, è molto tardi" il moro si piantò davanti al più grande, e quando questo alzò lo sguardo verso di lui, tutto quello che vedeva erano un paio di occhi grandi e scuri, resi lucidi dall'alcool, che lo guardavano con un piccolo broncio preoccupato.
E sarà stato forse per l'alcool che ancora circolava nel suo corpo e gli annebbiava la mente, o forse perché voleva provare qualcosa a sé stesso, che Jimin non si trattenne come avrebbe dovuto e con una mano posta dietro la schiena del più piccolo lo avvicinò a sé di scatto e lentamente avvicinò il viso al suo. Per qualche secondo rimase così, immobile, con il cuore che gli martellava in petto, ed attese una reazione da parte del moro. Ma questa non arrivò, e guardato per un'ultima volta il viso che gli stava davanti dalle guance rosse, posò la sua bocca su quella di Jungkook in un leggero e morbido bacio. Mentre le loro labbra si sfregavano soffici, riscaldando i loro visi dall'umidità della notte, Jimin posò la mano libera sul collo del più piccolo, avvicinandolo al proprio corpo per non terminare quel momento che sembrava già troppo breve, e Jungkook non si oppose, ma poggiò le sue dita sui fianchi del biondo coperti dalla camicia azzurra e voltò di poco il viso per potersi avvicinare di più al più grande. Il rumore di un veicolo che si avvicinava li fece fermare e i loro visi si distanziarono solo abbastanza da vedere le loro reciproche guance e labbra arrossate. Quando si accorsero che il suono non era altro che il pullman che stavano aspettando, Jimin si allontanò senza dire nulla, e lo stesso fece Jungkook, che lo guardò entrare nel veicolo per tornare a casa.

Dopo pochi secondi il bus era già scomparso dietro un angolo di strada, ma Jungkook stava comunque in piedi nello stesso punto a guardare il vuoto difronte. Non riusciva ad elaborare la realtà a causa dell'alcool e tutto gli sembrava accadere tanto velocemente che non arrivava neanche a memorizzarsi nella mente.
Un suono metallico improvviso, proveniente da un bidone lì vicino, probabilmente causato da un gatto, lo fece tornare alla realtà, o meglio, alla sua realtà, e riprese il suo percorso verso casa, cercando di non traballare troppo ad ogni passo, e di rimanere sul marciapiede.

Non sapeva da quanto tempo stesse camminando quando un'auto grigia si accostò a lui. Quando la vide una forte ansia cominciò a farsi spazio nel suo petto, perché a quell'ora le possibilità che qualche conoscente possa darti un passaggio erano veramente poche, ma a quanto pare Jungkook aveva un angelo custode dalla sua parte, perché quando il finestrino dell'auto si abbassò, il volto di Yoongi illuminato dalla luce calda della macchina lo rassicurò. In quel frangente, il moro non riusciva a ricordare esattamente il ragazzo che aveva difronte chi fosse, ma aveva chiara la sensazione che poteva fidarsi di lui perché lo conosceva, e dopo un invito del ragazzo, entrò in auto.

Una figura buia, di cui solo le labbra erano illuminate stava davanti a Jungkook, sorridente, e si avvicinava così lentamente che faceva fremere il moro: voleva di più, voleva che le cose andassero più velocemente. E un attimo dopo, ecco che si trovava travolto da un bacio con la strana figura senza identità che dopo pochi attimi si allontanava di nuovo fino a scomparire nel buio. Il risveglio da quel sogno lo confuse, ma non ebbe il tempo di pensarci. Se la domenica mattina di solito era un trauma perché preannunciava l'inizio della fine del weekend, quella domenica mattina per Jungkook era un mattone in fronte, letteralmente. La testa gli pulsava come se stesse per scoppiare, ed ogni arto era indolenzito al punto che riusciva a muoverli a stento. Per non parlare dello stomaco che gli girava più di una lavatrice: se non correva a vomitare era solo perché il vomito era una delle cose che proprio non riusciva a sopportare e preferiva sentirsi male più a lungo piuttosto che cacciare anche l'anima accovacciato al water.
Quando decise di alzarsi dal letto per andare a prendere un'aspirina, si accorse che aveva ancora i vestiti del giorno prima e allora la sua mente cominciò ad intraprendere un percorso a ritroso che, per quanto si sforzasse, arrivava solo fino al suo arrivo al bar e l'incontro con Jimin. L'unica cosa in più che riusciva a focalizzare nella sua mente erano i volti di Taehyung e Yoongi, ma non riusciva proprio ad immaginare cosa potessero avere a che fare con la sua serata solitaria. Sperava solo di non aver detto nulla a Taehyung riguardo la situazione con Chae Hyung. Mitigata l'emicrania della sbronza, il moro prese finalmente il cellulare tra le mani, e controllando i messaggi, tutto si fece ancora più confuso: c'era un messaggio di Taehyung e uno di Jimin. Magari con un po' di fortuna quei messaggi lo avrebbero aiutato a ricordare qualcosa. Prima di leggerli, si sedette cautamente sulla poltroncina consumata, ma notò su quella accanto uno strano particolare: una giacca di jeans. Sicuramente non era la sua, quindi la prese tra le mani per guardarla meglio, ma nessuno sguardo gli avrebbe accertato il possessore di quell'indumento quanto il profumo che vi si sprigionò: gelsomino. Era proprio il caso di leggere i messaggi:

'Fammi sapere appena puoi se tu e Jimin siete tornati sani e salvi a casa. Stasera eri totalmente perso, ma è stato divertente.'

Il messaggio del suo migliore amico lo sollevò da un grande peso, ora sapeva che non aveva detto niente di inappropriato, e si sentiva quindi come se il resto della serata non gli interessasse più tanto.

'Spero tu sia tornato a casa vivo. Va tutto bene? Mi dispiace per quello che è successo stasera, non volevo.'

Il messaggio di Jimin, invece, fece rinascere la sua ansia. Il non ricordare le cose accadute non gli era mai sembrato brutto, soprattutto quando le cose dimenticate erano brutte figure. Ma da quello che diceva il biondo, forse c'era da preoccuparsi. 'Cosa è successo ieri?' era tutto quello a cui riuscì a pensare il moro fino al giorno successivo.

Eheh
(Io che pensavo di scrivere un capitolo breve:🤡)

Alienated. ~JikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora