Casa sua era esattamente come la ricordava: grande, lussuosa, e fredda. Entrando, lanciò un veloce sguardo al salone, ultimo posto dove era stato prima di essere cacciato. Era buio nonostante fuori il sole splendesse, illuminato solo da un paio di lampade bianche, e al centro si ergevano due grandi divani ricoperti di stoffa bianca e nera. Quasi gli veniva da ridere nel pensare alle poltrone che invece stavano a casa sua.
Jungkook era stato così preso di ricordi che non si era neanche accorto della gente in piedi in ogni angolo della casa, che gli lanciava sguardi fuggenti per accertarsi che fosse proprio lui. Appena si accorse che stavano cominciando ad avvicinarsi per fargli le condoglianze, aumentò la velocità del suo passo e salì le scale che portavano al piano superiore quasi correndo. Non voleva sentire nessuno dirgli di quanto gli dispiacesse che un uomo così forte fosse morto. Non voleva sentire nessuno dire che era stato un padre esemplare, non era così. Raggiunto il secondo piano, un corridoio si aprì davanti a lui e una serie di porte sia a destra che a sinistra celavano le camere da letto ed i bagni. Senza neanche pensarci un attimo Jungkook entrò nella seconda stanza a destra, quella che una volta era camera sua. Rimase immobile e quasi sbalordito dal fatto che non era cambiato niente, tutto era rimasto nello stesso punto in cui lo aveva lasciato: i mobili, il letto, la scrivania, persino i quaderni della scuola che aveva lasciato lì. Quando chiuse la porta dietro di sé si sedette sul letto dalle lenzuola blu e semplicemente sospirò, lasciando andare un po' di quel macigno che gli pesava sul cuore.Non seppe quanto tempo rimase lì: tutto fuori era silenzioso, le persone bisbigliavano per rispetto del lutto, e nessuno era andato a cercarlo. Non sapeva se sua madre aveva saputo del suo arrivo, e non sapeva neanche dove potesse trovarsi suo fratello. Quando quel pensiero si fece spazio nella sua mente la porta si aprì e, credendo che fosse suo fratello con una particolare coincidenza, tenne lo sguardo basso. Ma tutto quello che vide furono diverse paia di gambe, cosa che gli fece alzare lo sguardo, rivelando i suoi amici, vestiti in abiti scuri e con un'espressione compassionevole in volto. Il primo ad entrare fu Taehyung, che si sedette accanto a lui; Namjoon si fermò difronte a lui, posandogli una mano sulla spalla e per ultima Chae Hyung si fermò accanto all'ultimo, non sapendo bene cosa fare.
"Sono venuto a casa tua, ma non c'eri. Quindi ho pensato che fossi venuto da solo" il suo migliore amico spezzò il silenzio, ricevendo una risposta affermativa da parte di Jungkook:
"Ho dimenticato di avvertirti, scusa"
"Come stai?" questa volta fu la ragazza a parlare, con un mezzo sorriso di circostanza sulle labbra.
"Bene, grazie" rispose quasi senza pensare. Infondo cos'altro avrebbe potuto dire?
Passarono circa dieci minuti dal loro arrivo, e mentre gli altri vagavano per la stanza in silenzio, guardando tutti i dettagli appesi sui muri della sua vita precedente, Jungkook si chiedeva come mai Jimin non fosse lì. Non fece in tempo a concretizzare questo pensiero che la porta si aprì, rivelando la testolina bionda che il moro stava aspettando.
"Jungkook..." furono le uniche parole che riuscì a dire, rimanendo immobile sotto l'arco della porta. Da parte sua Jungkook, che si era messo steso, si tirò a sedere e lo guardò in silenzio.
"Usciamo un po'?" Taehyung suggerì agli altri, che accettarono in silenzio e lasciarono i due da soli. L'ultima ad oltrepassare la porta fu Chae Hyung che guardò velocemente Jungkook sorridendogli per poi chiudere la porta alle sue spalle.
Appena la stanza si svuotò delle altre persone, Jimin si avvicinò al letto di Jungkook, sedendosi accanto a lui. Non sapeva bene neanche lui che dire, cosa si dice in un'occasione del genere?
"Non so cosa dire" disse semplicemente, perché avrebbe dovuto costruire qualcosa di finto?
"Credo tu debba chiedermi come sto"
"È una domanda stupida"
"Lo so" Jungkook sorrise, un vero, piccolo sorriso, per la prima volta in due giorni.
"A meno che tu non voglia che te lo chieda per rispondere in modo sincero" anche Jimin sorrise, voltandosi completamente verso il moro e sedendosi a gambe incrociate sul letto. Sembravano due bambini che si scambiano segreti.
"Prova" gli occhi di Jungkook sembravano a Jimin ancora più grandi del solito, come quelli di un bambino indifeso che non sa come comportarsi in una situazione del tutto nuova.
"Come stai?" Jimin non fece neanche in tempo a finire la domanda che quei grandi occhi avevano cominciato a riempirsi di lacrime, fino a diventare così lucidi da sembrare di vetro.
"Non lo so Jimin, non lo so..." vari singhiozzi cominciarono ad uscire dalle labbra di Jungook, impedendogli di continuare a parlare.
"Ehi, ehi tranquillo, sh..." Jimin cercò di calmare il suo pianto, che sembrava uno di quelli che trattieni per così tanto tempo che una volta che li lasci andare sono come un treno in corsa: non li puoi fermare. Il moro continuò a lasciare scorrere le lacrime sul suo viso e Jimin lo avvolse nel suo abbraccio caldo, dandogli leggere carezze sulla schiena come si fa con un bambino. Rimasero così per diversi minuti, Jungkook con il volto affondato nel petto del biondo, e quest'ultimo con il mento poggiato tra i suoi capelli, senza smettere neanche per un attimo di cullarlo lentamente.
"Mi sento in colpa, ecco come mi sento" finalmente il più piccolo parlò, la sua voce era ovattata a causa della maglia di Jimin sulla quale aveva il viso sepolto.
"In colpa? E perché mai?" questa volta il biondo lo scostò delicatamente prendendolo per le spalle, così da poter guardare bene il suo viso, ma Jungkook teneva lo sguardo basso come se avesse avuto vergogna di quello che stava per dire.
"Perché non sono triste quanto dovrei. Mio padre è morto, e tutto quello a cui riesco a pensare è che ha avuto il coraggio di chiedermi scusa solo perché sapeva che stava per succedere. Riesco a pensare solo al fatto che mi abbia cacciato di casa senza neanche curarsi di come avrei potuto vivere. Sono dovuto andare a casa di Taehyung, fingendo di stare bene e che fosse stata una mia scelta. Mi ha vietato di sentire Junghyun, sono stato solo per così tanto tempo... io non riesco ad essere triste fino in fondo per lui. Eppure è mio padre" le parole uscivano dalle labbra di Jungkook come un sussurro, perché un nodo alla gola impediva all'aria di uscire, e i singhiozzi, che cercava di rendere silenziosi, lo faceva sussultare di tanto in tanto.
"Non devi sentirti male per questo. Solo perché ti ha generato non vuol dire che ha diritto al tuo amore incondizionato. I genitori sono persone, e le persone sbagliano, è vero. Ma le persone capiscono anche i loro errori e chiedono scusa, e se non lo fanno, non meritano perdono. Che queste siano i tuoi genitori o no." Il moro ascoltò in silenzio, annuendo di tanto in tanto, e stava per ringraziarlo quando la porta si aprì e la figura di un ragazzino si fece spazio nella camera.
"Junghyun" Jungkook allungò il braccio per farlo avvicinare, e lui non se lo fece ripetere due volte, correndo quasi verso di lui con le lacrime agli occhi.
"Vi lascio soli, ci vediamo giù" il biondo sorrise ad entrambi e sparì dietro la porta.
I due fratelli si consolarono a vicenda, ma soprattutto Junghyun si lasciò andare in un lungo e rumoroso pianto: i bambini non hanno paura di esprimere le loro emozioni ad alta voce, e forse gli adulti devono prendere esempio più spesso da loro.Un'ora dopo i due scesero, in quanto il funerale sarebbe iniziato di lì a poco e tutti si sarebbero dovuti spostare in una sala apposita che si sarebbe dovuta raggiungere con l'auto.
Ora si trovavano tutti quasi ammassati vicino alla porta, dove stava, avvolta nel suo elegantissimo vestito nero, la madre di Jungkook, che tutti volevano salutare prima di andare.
Junghyun andò da sua mamma, abbracciandola per la vita, e da parte sua la donna poggiò il braccio sulla sua schiena, tenendolo stretto. Portò poi gli occhi grandi, così simili a quelli del figlio, su Jungkook, ma non ebbe il coraggio di fare altro, e lo stesso Jungkook, che distolse lo sguardo qualche secondo dopo.
"Non hai parlato con tua mamma?" Jimin sussurrò vicino al suo orecchio, in modo tale da non farsi sentire dagli altri.
"No, non saprei cosa dirle" Jimin annuì a quella risposta, non avrebbe insistito. Quando rimasero quasi soli nell'ampio salone, Jungkook fu il primo ad uscire, senza guardare nemmeno per sbaglio la donna; gli altri la salutarono cordialmente con un piccolo inchino, e si avvicinarono poi alle auto insieme al moro, decidendo cosa fare.
"Grazie per essermi stati vicini in questo giorno. Se volete andare al funerale andate pure, io vado a casa" fu tutto quello che disse Jungkook, prima che cominciasse ad allontanarsi per andare alla fermata del bus.
"Aspetta, dove vai? Ti accompagno io, sali in macchina". Così, ancora una volta, Jungkook e Jimin erano nell'auto di quest'ultimo, in silenzio come sempre.
"Per quanto riguarda il weekend nella casa al lago, non fatevi problemi, per me possiamo andare senza problemi" il moro ruppe il silenzio, continuando a guardare la strada dal finestrino.
Jimin si prese qualche secondo per rispondere, impegnato a guardare la strada:
"Abbiamo pensato di rimandarlo alla settimana prossima, così coincide anche con il mio compleanno e potremo passarlo tutti insieme."
Jungkook voltò lo sguardo verso di lui: aveva le mani ferme sul volante, e di tanto in tanto toglieva quella destra per cambiare marcia. Sembrava concentrato a pensare qualcosa di particolare, che era del tutto sconosciuta a Jungkook.
Dopo una ventina di minuti arrivarono fuori casa di Jungkook, e prima che questo scendesse dall'auto, si voltò verso il biondo:
"Grazie per tutto quello che hai fatto oggi, te ne sono veramente grato. Ma sappi che da domani ritornerà tutto come prima e sarai il mio nemico numero uno" il moro sorrise, uscendo dalla macchina e chiudendo la portiera.
Prima che si potesse allontanare, Jimin si allungò verso il finestrino del passeggero, così da farsi sentire da Jungkook che si voltò ad ascoltarlo:
"Ed io mi divertirò a punzecchiarti".
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Alienated. ~Jikook
FanfictionAnime dilacerate e menti sempre piene. Preoccupazioni e svaghi. Amori, odi ed amicizie. Litigi e colpe. Scuse e fraintendimenti. Non è questa, infondo, la gioventù?