Capitolo 4

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Chris torna dopo dieci minuti abbondanti, ma non m'importa, sono ancora qui ad aspettarlo. Se non me lo avesse chiesto in quel modo, forse me ne sarei tornato a casa. Lui mi piace, non posso negarlo, non voglio allontanarmi.

«Ti ho preso hamburger, provola e patatine», mi dice con un tono sorpreso nella voce; forse non credeva di ritrovarmi qui.

«Grazie», rispondo. «Mi piace».

«Stai bene?», mi chiede appoggiandomi una mano sulla spalla.

Non mi sottraggo, ma il mio volto parla per me, perché subito dopo ritira il braccio. In ogni caso, annuisco.

Poco dopo arriva il resto del gruppo. Ellie è molto bella stasera. Indossa una gonna di pelle nera e un maglione grigio. I suoi capelli rossi hanno dei riflessi particolari alle luci al neon. I gemelli se la ridono, vestiti perfettamente allo stesso modo (camicia, jeans e papillon blu). Sono simpatici con i loro ricci castani e gli occhi verdi. Nonna Kathy li ha descritti come due tornado e credo che abbia ragione. Parlano e scherzano per tutto il tempo. Discutono di cartoni, film e soprattutto di musica.

Mezz'ora più tardi arrivano i nostri panini. Chris è stato così gentile da portare il mio, insieme al suo e a quello di Ellie. La rossa gli dà un bacio sulla guancia per ringraziarlo e inizia a mangiare le sue patatine.

Decidiamo di fare una passeggiata e sederci su una delle panchine della piazza di Heaven's Hill.

È così bello qui. L'aria è fresca e pulita e gli alberi ci riparano come una coperta durante la notte. Sopra di noi c'è un manto infinito di stelle e, dietro il campanile della chiesa, uno spicchio di luna.

«Che cosa facciamo dopo?», chiede Ellie.

«Possiamo andare a casa mia», propone Chris. «I miei non ci sono. Mio padre aveva un convegno a Seattle e mia madre è andata con lui».

«I tuoi non ci sono quasi mai», sghignazza uno dei gemelli. «Ci porterei tutte le mie ragazze...».

«Tu non hai ragazze, Jordan», lo riprende Ellie.

«Ma io sono Kevin», gli risponde il ragazzo con faccia sorpresa.

La rossa lo fissa con un sopracciglio e sorride. Ha una faccia buffa. «Tu sei Jordan», gli dice. «Non mi fotti».

Non capisco come faccia a distinguerli, probabilmente hanno sottili differenze che solo anni e anni di amicizia hanno insegnato a riconoscere.

«E tu, Bill?», mi chiede all'improvviso Ellie.

«Io cosa?», sgrano gli occhi.

«Che cosa ci dici di te?».

«Sì, dai. Perché vi siete trasferiti qui?», incalza uno dei gemelli, in piedi davanti a me.

Non so cosa rispondere. Ho ancora il panino tra le mani. Gli occhi corrono dal suo viso ai miei piedi e le immagini, gli orrori, prendono il sopravvento. Non voglio parlare di quello che è successo, di quello che è stato...

«Volevo passare più tempo in famiglia», rispondo semplicemente. «Con mia nonna».

«E tuo padre?», insiste Jordan/Kevin.

«Mio padre...», sospiro con esitazione. «Lui se ne è andato».

«Oh...», esclama il gemello.

«Delicato come al solito, Jordan!», lo rimprovera Ellie.

«Fa niente», intervengo. «Non poteva saperlo».

«E come è successo?», continua Jordan.

Non mi va di ricordare.

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