CAPITOLO 18: LA VALLE DEL PLENILUNIO

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Era tardi e la notte proseguiva, come la Hevartz, immersa in una luce che smentiva il buio del cielo stellato. Era troppo intensa perché l'oscurità la penetrasse. I tre impavidi viaggiatori sedevano nella navetta, con Never ai comandi e Pickub da suo vice, mentre Hunter era coricato sul divanetto dietro, con la lettera tra le mani. Aveva trascorso tutto il percorso leggendo e rileggendo l'inchiostro azzurro impresso sulla carta, con la speranza che comparisse qualcosa in più.

«Never... tu conosci l'Unificatore?» Quella domanda sbalzò fuori come un fulmine a ciel sereno.

«Perché me lo chiedi?»

«Nella lettera ti cita per nome» Never si prese il tempo necessario per decidere se rispondere o meno.

«Sì» Hunter capì bene quanto Pickub che si trattava di un argomento scomodo. Si limitò una smorfia e forse Never gliene fu grato.

«Quanto mancherà?» domandò Hunter di nuovo.

«Non saprei» rispose Never. Era molto vago, ancora un po' estraniato; stava attraversando un ponte etereo sconosciuto, che poteva condurre in chissà quale mondo.

«Giusto una domanda. Dove siamo diretti, esattamente?» chiese Pickub.

«Non saprei neanche quello» disse Never, ancora più incuriosito e pensieroso, ponendosi continuamente quella stessa domanda.

«Ottimo» ribatté, ironico, Pickub.

Yns aveva dato così poche informazioni, era fastidiosamente enigmatico, ma d'altro canto è così che Brandy l'aveva definito.

«Non ti ha scritto proprio nulla in quella lettera?»

«Nulla... Soltanto di recarmi a Sud di Lifea, non va nello specifico, sembra che ci goda» sospirò Hunter, infastidito.

«Certo che è proprio una seccatura»

«Beh, se non altro, ti ha detto della tua amica, no?» disse Never, per alzare il morale dei due compagni.

«Parole sante, Never ha ragione, Hunter!» esclamò Pickub.

«È questo che conta, capito?» continuò, voltandosi.

«Sto pensando a David» ribatté lui, pensieroso, con la gamba penzolante. Aveva parzialmente ignorato quella consolazione, perché un altro problema lo attanagliava adesso, per non dire di più. Più che su un divano, sembrava coricato in un'amaca come alla Baia, questa volta privo di quell'amata spensieratezza di cui sentiva terribilmente la mancanza.

«Non so cosa dirti, Hunter. Dico sul serio. Mi piacerebbe tanto tornare lì e trovarlo ad aspettarci... insieme a Dayun, Tiger e Fenix»

«Già... Vorrei che tornasse tutto come prima» ripeté Hunter, malinconico.

«Anch'io...» sussurrò Pickub.

«Se avete finito di compiangervi: vedo qualcosa» intervenne Never, con voce attenta e occhi guardinghi. Hunter si voltò e ripose la lettera in tasca, dietro i jeans, per aggrapparsi ai due sedili, tra i due piloti: avevano un'espressione stupita, a dir poco:

«Che cosa...» la voce del ragazzo calò nel silenzio guidato dalla sorpresa e dalla magnificenza di ciò che l'orizzonte gli aveva appena mostrato. La luce del percorso, si andava a perdere nei margini di un'energia fluttuante e rotondeggiante, tra le stelle: come le foci di un fiume, il fascio di luce bianca si diramava, in una sorta di sfera, rivestita da un'aura bluastra enorme e trasparente, in mezzo allo spazio. La cosa più assurda era però ciò che essa conteneva: entro il suo perimetro, fluttuava un atollo alberato al cui centro si ergeva una torre alta decine di metri, dal tetto appuntito e una finestra rotonda appena sotto di esso.

(SM1) Skymoon - le lame perduteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora