CAPITOLO 17: UN RISVEGLIO COMPLICATO

2 0 0
                                    

Al buio, tra quattro pareti in uno spazio che Zeira non conosceva, la ragazza aveva appena aperto gli occhi. Erano confusi, ma dopo pochi secondi, la memoria cominciò a mettere la ragazza in guardia. Da che erano confusi dall'oscurità, ora era chiaro li stesse impegnando in uno sforzo ben preciso: cercare qualcosa che potesse ricordare di quel luogo, ma nel buio che l'avvolgeva, ciò non era possibile. Poté soltanto accorgersi che era in buone condizioni e che era maledettamente comoda, dopo quella che sembrava un'eternità. Infatti si alzò di colpo, perché era coricata su un morbido cuscino. Che fosse tornata in quella stanza a Wisar? No, era ridotta certamente in macerie a quest'ora. Gli occhi stavano cominciando ad abituarsi al buio e ne approfittò per cominciare a cercare un interruttore, una luce, qualcosa. Bastò un leggero suono di passi a metterla sull'attenti immediatamente e poi tre battiti dalla sua destra. Rimase in silenzio.

«Non sei molto furtiva, carina» parlò una voce proveniente dall'altra parte del muro, che da quella stessa direzione si aprì, creando un varco di luce che poco a poco, prevalse nella stanza. Era una porta, che spalancandosi, schiarì ogni dettaglio nella stanza, dal momento che la luce del corridoio dietro stante l'ombra appena entrata, aveva penetrato quei muri. Zeira pose all'istante una mano sugli occhi, abbagliati così di soprassalto ed ebbe il tempo di focalizzare ciò che la circondava, a partire dalla ragazza appena entrata: era nuova ai suoi occhi, sebbene avesse già aperto la porta a degli sconosciuti da poche notti a questa parte. I boccoli cadenti, lo sguardo vispo e gli occhi scuri, per non parlare di quell'ironia pungente; era niente meno che l'inconfondibile Penny Cruz, questa volta con indosso una maglietta rossa: «Per educazione potresti anche rispondere, non trovi?»

«Magari non voleva che tu entrassi?» ribatté una voce coperta dalla parete, probabilmente oltre il campo visivo di Zeira: parve essere Robert, dal tono stonato e sarcastico.

«Chi siete?» sussultò Zeira, incuriosita e preoccupata dalla presenza dei due sconosciuti.

«Gente tosta!» sbraitò Robert con voce tremante; doveva essere più che "allegro".

«La vuoi finire, per carità? Mi stai dando i nervi con le tue balle»

«Certo, sono ubriaco»

«Strano, dico sul serio, non me l'aspettavo» ribatté Penny con una nota di nervosismo, al che Zeira rimase in un timido silenzio.

«Come ti senti?» tornò a rivolgersi alla loro nuova ospite.

«Bene, credo...» rispose Zeira, molto vaga; non era gran che lucida.

«Comunque sono venuta solo per portarti questi» disse con in braccio una maglia e un paio di pantaloni ripiegati.

«Sono della mia stessa misura, dovrebbero starti. Sai, quando scendi, non va a nessuno di vederti nuda o in pigiama» si burlò Penny, con una smorfia. Entrò e uscì in un istante, lasciando la luce della stanza accesa, posando gli indumenti sulla scrivania sotto lo specchio, a pochi passi dal letto. Uscì subito e richiuse la porta dietro di sé; non voleva essere di peso.

«Beh, non saprei, fammi dare un'occhiata...» disse ridacchiando, Robert, al che il tonfo di un pugno rimbombò oltre la porta tra la stanza e il corridoio; Zeira poté intuirlo, senza vederlo raggiungere il naso di Robert. Si sentì abbondantemente, insieme all'immediata caduta: «Ah... cavolo, che male!» si lamentò, dolorante, Robert.

«Così impari a fare lo stronzo» disse la ragazza, con la voce tamponata dai muri della camera da letto.

"Cosa è successo?" pensò Zeira, prima di alzarsi dal letto e osservare la stanza. Lei ovviamente ignorava che quelle pareti avessero già ospitato Hunter, tempo prima, nella stessa condizione in cui era lei ora. Senza spiegazioni né amici al suo fianco; questa volta, lei conservava però un ricordo ben definito di ciò che era accaduto, a differenza del ragazzo. Tralasciò i particolari della stanza e tolse quei vestiti strappati e mal ridotti, indossando quelli di Penny. Si guardò allo specchio, ma notò un particolare che la turbò per un attimo. Si portò la mano al petto, senza scorgere il brillio del dono di Hunter. L'anello era sparito e ciò la indusse a pensare di ricordare male, di non avere ordine in testa, era possibile... no. Era stato un momento troppo profondo, troppo dolore e paura erano impressi in quel ricordo, per poterlo rendere così fragile nella sua mente. Sarebbe stato indelebile per tutto il tempo del mondo. Quell'anello era svanito, perché era certa che Hunter l'avesse baciata, certa che le avesse detto addio; era certa che le avesse dato qualcosa per renderlo immortale alla sua memoria: quell'anello era stato nelle sue mani e qualcuno l'aveva sfilato via dal suo collo. Per forza doveva essere così. Si diresse verso la porta, camminando a passo spedito, lungo il corridoio in parquet, fino a trovarsi davanti a una scalinata: «DOV'È?! CHI ME L'HA RUBATO?!» gridò stringendo la ringhiera, sotto cui erano seduti nel soggiorno Penny e Alis. Questa era allarmata, senza capire tanta rabbia, mentre la prima la guardò, con stizza.

(SM1) Skymoon - le lame perduteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora