Serata, Calma - Sentirsi colpevoli.

211 20 13
                                    

Ci risulta difficile trovare una pizzeria aperta. Il cielo è plumbeo e cupo sopra di noi, che quasi mi fa passare la voglia di fare qualsiasi cosa.
"Non credo sia stata un'ottima idea quella di mangiare fuori" dico a Steve, vedendolo guardarsi intorno.
"Troveremo un modo. L'importante è restare un po' da soli per parlare" dichiara, mettendomi una strana ansia addosso.
"E di cosa dovremmo parlare?". Non mi risponde e intanto mi indica un posto all'angolo della tredicesima.
"Sembra aperto, andiamo lì". Lo seguo, osservando la pizzeria. Ci sono poche persone ai tavoli. Si possono contare sulle dita di una mano.
I clienti mangiano in silenzio e nessuno si accorge della nostra presenza. Prima di Thanos, chiunque ci vedeva per strada ci chiedeva autografi. Adesso hanno qualcosa di più importante a cui pensare, e noi possiamo muoverci come normali esseri umani.
Il cameriere si avvicina a noi prendendo le ordinazioni, poi va via. Guardo Steve difronte a me, la camicia semi aperta sul collo.

 Guardo Steve difronte a me, la camicia semi aperta sul collo

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"Bene, siamo soli finalmente".
"Steve, viviamo insieme da un anno ormai. Siamo sempre da soli...".
"No, ci sono Nat e Buck. E poi non intendo soli in quel senso". Mi ha reso curiosa. Per la prima volta in un anno, mi ritrovo a passare una bella serata, senza pensare a niente.
"Allora, di che cosa avevi tanta urgenza di parlarmi?".
"Di quello che potrebbe succedere tra di noi in futuro".
"Steve, non ho nessuna aspettativa. Ho visto che hai ancora la bussola con la foto di Peggy. Non devi darmi spiegazioni".
"Stavo pensando di liberarmene. Ormai sono anni che lei non c'è più e, anche se ci fosse, sarebbe troppo vecchia per me. Con te sento di poter ricominciare tutto da capo". Il cameriere ci porta le pizze, scusandosi per il ritardo.
"Non credo di poterti dare quello che cerchi. Io non mi sento pronta a fare quel passo e penso che non lo sarò mai. Se succedesse qualcosa, mi sentirei come se lo tradissi". Non faccio nomi, ma lui sembra capire.
"Hai detto che hai accettato la sua morte".

"Non vuol dire che potrò buttarmi tra le braccia di qualcuno così facilmente"

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"Non vuol dire che potrò buttarmi tra le braccia di qualcuno così facilmente".
"Ma non si tratta di una persona qualsiasi, si tratta di me. Wanda, sono io. Lo stesso che avevi davanti quattro anni fa a Sokovia. Lo stesso che ti ha tirato su di morale dopo l'incidente a Lagos. Ho sempre voluto proteggerti e saperti al sicuro".
"Ecco" soffoco una risata, posando i pugni sul tavolo "...è questo che mi da fastidio, Steve. Continuate a trattarmi come una bambina e non lo sono ormai da tempo. Ho quasi venticinque anni".
"Non vuol dire che tu non abbia più bisogno di protezione e amore. Io potrei darteli". Tiro un grosso respiro, grattandomi tra le sopracciglia.
"Mangiamo adesso, ti prego". Si zittisce e non riprende a parlare finché non siamo al complesso. È da poco passata la mezzanotte e la casa è silenziosa, troppo silenziosa.

𝐁𝐨𝐫𝐧 𝐭𝐨 𝐛𝐞 𝐭𝐡𝐞 𝐒𝐜𝐚𝐫𝐥𝐞𝐭 𝐖𝐢𝐭𝐜𝐡 | Libro Secondo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora