Forma attiva o forma passiva - questo è il dilemma!

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Veramente i dilemmi della vita sono altri, ma facciamo che per oggi ci accontentiamo di questo, che di rogne in giro ce ne sono a sufficienza.

Il domandone è questo: è meglio la forma attiva o la forma passiva?

Risposta: e io che ne so? 

Fine dell'intervento. Ciao, alla prossima. Forse.

Ah, oggi non è il 1 aprile, compleanno dei gemelli Weasley? Peccato, avevo proprio bisogno di ridere.

Quindi mi tocca fare il pippone su forma attiva e passiva?

E pippone sia.

Prequel.

Piccolo sunto grammaticale:

- un verbo è di forma attiva quando il soggetto compie l'azione espressa dal verbo;

Esempio scemo: Io mangio la mela

- un verbo è di forma passiva quando il soggetto subisce l'azione espressa dal verbo;

 Esempio scemo: La mela è mangiata da me

Quindi nella forma passiva il soggetto subisce l'azione compiuta da altri. Chi compie l'azione viene espresso dal cosiddetto complemento d'agente (se chi fa l'azione è una persona/animale) o complemento di causa efficiente (se chi fa l'azione è una cosa).

La forma attiva è propria di tutti i verbi (transitivi e intransitivi); la forma passiva, invece, è possibile solo per i verbi transitivi, quelli cioè, in cui il significato dell'azione passa dal soggetto a un complemento oggetto. Non è possibile invece per i verbi intransitivi, cioè quei verbi in cui il significato dell'azione si esaurisce nel verbo, o rimbalza su altri complementi. (Esempio: i verbi di movimento sono tutti intransitivi, carramba!)

E questo direi che, se avete la licenza elementare, lo dovreste sapere. Se non ve lo ricordate, andate a ripassarvelo, che non morite, garantito.

Fine del prequel.

La domanda che ci poniamo ora è questa: che ci frega a noi di sapere la differenza espressiva nell'uso dell'una o dell'altra forma?

Risposta: ci frega perché cambia radicalmente il punto di vista e l'impatto emotivo che si veicola con l'una o con l'altra forma. Quindi usarle ad minchiam è come usare un cannone per fare tiro al piattello. Non è esattamente lo strumento adatto per un lavoro di fino.

Ripeto la stessa cosa che dico sempre, perché i latini che la sapevano lunga dicevano: repetita iuvant e allora io ripeto e speriamo che iuvi. Non esiste una forma giusta o sbagliata, quando si scrive. Esiste un modo efficace di esprimere un concetto, un'immagine, un'emozione, e un modo non efficace. Dipende da quello che volete dire, dove volete mettere l'accento, su cosa volete puntare l'attenzione. Scoop del giorno, per scrivere di merda non ci vuole niente. Zero sbattimento, zero attenzione, zero pratica. Può anche essere facile. Certo, non aspettatevi poi un risultato diverso dallo zero. Vedete voi, come vi va di procedere.

Ma basta portare il cane a passeggio.

Con la forma attiva, ponete l'attenzione sul soggetto che compie l'azione e lo fate in maniera diretta senza tanti giri di parole. Porre attenzione a quello che succede e a chi lo fa succedere dona ritmo alla narrazione e, di conseguenza, il lettore è molto più coinvolto negli eventi. Come l'abbonato che sta sempre in prima fila. 

Con la forma passiva invece si pone più attenzione al processo (è infatti utilizzata spesso quando i fautori dell'azione sono sconosciuti o incerti, veicolando anche una certa idea di impersonalità). Questo crea distanza tra il lettore e gli eventi, oltre che ad avere una costruzione, per sua stessa natura, più pesante nel testo.

Facciamo un altro esempio scemo:

1. Ho derubato una vecchia

2. Una vecchia è stata derubata

Questi due esempi (veramente scemi) già ci danno un'idea del concetto di base. Nell'esempio numero 1 (ciao zio Paperone!) l'accento è su chi compie l'azione, prima dell'azione stessa (che comunque è importante, non è certo un titolo di coda in un film Marvel, porco becco) e prima ancora di chi la subisce. Nel secondo invece è l'azione stessa a essere al centro dell'attenzione prima del soggetto subente.

Fateci caso perché l'uso di forma attiva e/o passiva è uno stratagemma usato anche in retorica per sviare l'attenzione da certi dettagli del discorso/problema esposto.

Sono stati commessi degli errori > da chi? Dal fruttivendolo all'angolo?

Abbiamo sbagliato/commesso un errore. Ecco, questa è una vera ammissione di colpa. Con i controcazzi, tra l'altro.

Lo vedete quello che cambia nell'uso dell'una o dell'altra forma? Il nocciolo della questione qui sopra è uno: l'errore. Ma nel primo caso chi parla sguiscia la responsabilità come un'anguilla appena pescata, con tutta la vaghezza del caso sui dettagli del circondario; nel secondo esempio la responsabilità viene presa e appuntata sul petto come una medaglia. Pensateci.

Stephen King nel suo manuale On writing suggerisce caldamente di evitare la forma passiva come la peste. Nel dubbio, dategli retta.

Io, da parte mia, credo che sia sempre opportuno valutare se, di tanto in tanto, utilizzare una forma passiva qua e là, non possa aiutare a creare una dinamica differente nel testo. 

Ora non fatevi prendere la mano, che vi vedo già lì, pronti a spolverare la narrazione con passivi come lo zucchero a velo a colpa di sono e vengono. La forma attiva è sempre da preferire per i motivi sopracitati, ma siccome neanche il diavolo è così brutto come lo si dipinge, fatevela una domanda, una volta ogni tanto, che il cervello non esplode.

Ve la lascio lì, come idea. Pensateci, che io ho già finito l'autonomia.




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