Il fascino della parola Fine

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Questa sarà una dissertazione fondata su opinioni puramente personali, quindi assolutamente priva di qualsivoglia valore. Vi assolvo dalla lettura fin d'ora.

Personalmente ho una netta preferenza per le storie che iniziano e si concludono nell'arco di un unico, singolo libro, quando la parola fine ha effettivamente il significato che le spetta e lo incarna nel più semplice dei modi, ovvero annullando qualsiasi seguito come una ghigliottina ben oliata e funzionante.

Non sono contraria alle serie, sia chiaro. Harry Potter è uno dei miei libri preferiti e non devo certo dirvelo io che sono sette libri.

Ci sono diversi fattori però, che a mio parere mettono Harry Potter in una categoria a parte e che lo proteggono da quello che io definisco l'effetto Beautiful. Prendo Harry Potter come esempio per la mia spiccata preferenza personale, so che ci sono altri esempi ugualmente validi, ma chissenefrega.

Il primo di questi è la struttura della trama. Ciascun volume nella serie di Harry Potter ha una trama indipendente con avvenimenti propri che iniziano, si sviluppano e si concludono alla fine del libro, portando avanti contemporaneamente anche il conflitto principale (che però non prende mai il comando) e aggiungendo via via dettagli che poi confluiscono nel libro finale.

In molte altre serie - troppe - invece, sembra che le interruzioni tra un volume e il successivo siano totalmente arbitrarie. Gli eventi ancora in corso o non propriamente risolti e troppi interrogativi che rimangono senza risposta, come se il libro non si reggesse in piedi da solo, ma fosse una gamba di un treppiede in bilico perpetuo. In questo caso, l'unica cosa, che ha salvato la storia ai miei occhi è stato il fatto di aver potuto fruire della serie completa come se fosse un unico volume, e quindi l'effetto cliffhanger ad minchiam si appiattisce grazie alla possibilità di arrivare immediatamente alla fine. Se dovessi pensare di rileggere certe serie - alcune che mi sono anche piaciute parecchio, non lo nego - nello stesso modo in cui ho dovuto leggere Harry Potter – patendo l'attesa degli ultimi due volumi (mi sono avvicinata alla serie quando l'Ordine della Fenice era già stato pubblicato e mancava forse un anno scarso alla pubblicazione del Principe ½sangue), credo che non avrei resistito e avrei abbandonato la partita a metà strada proprio per l'insita zoppia delle trame.

Questo lassismo nella struttura della storia, mi causa un certo sconforto, perché sembra quasi che a metà di un volume, l'autore si sia un po' rotto i maroni, abbia chiuso il sipario, mollato capra e cavoli e sia partito per sette anni figurati in Tibet prima di dedicarsi al volume successivo e via così.

Inoltre, se le divisioni della storia vengono fatte con il righello, senza seguire i confini naturali delle vicende, si fa anche strada la netta impressione che l'architettura dell'intera serie non sia chiarissima nemmeno all'autore. Certo non mi aspetto la quadratura cosmica del cerchio, ma un minimo di impegno sì, dai. Per favore, intendo.

Il fatto che ci siano eventi tranciati a metà, mi porta a chiedermi come mai tutta la vicenda raccontata non venga risolta in un solo volume invece che diluita ad minchiam, come se stessimo guardando una puntata di una serie Tv, invece che leggendo un libro. Mi sono data anche una risposta. Sappiatelo.

L'altro problema, che deriva da quanto appena detto, è che se la struttura generale della serie non è definita in partenza, il rischio di aggiungere volumi a caso con trame ad minchiam giusto per allungare il brodo (altrimenti detto effetto Beautiful, di cui si parlava sopra) è solido.

E francamente anche il pericolo di sentirsi pigliati per il culo. Che in proporzione direi, è il male peggiore.

Chiarisco un dettaglio. La mia contrarietà alle serie, in genere, deriva appunto dal pericolo sempre in agguato (e dall'incidenza effettiva notevole di tale pericolo) dell'effetto Beautiful, che si traduce nell'incapacità cronica di un autore di riuscire a mettere la parola fine. O di rinunciare a mungere la vacca grassa.

Se però un autore ha pensato una serie di venticinque libri, ciascuno con una sua struttura autoportante, una sua ragione d'essere e una vicenda di fondo che copre tutti quanti i volumi, allora i miei timori non hanno ragione d'essere. Però lo devi sapere fin da subito, mica inventarti le cose in corso d'opera, perché in questo caso, stai sicuro che l'asino a un certo punto casca! D'altro canto, credo anche che ci sia un limite tecnico al numero dei volumi che possono comporre una serie/saga ben orchestrata (pena la noia mortale), ma questa è un'opinione ancora più personale di tutto questo pippone.

Conoscete serie oblunghe che sono costruite bene? Qual è la serie più lunga che avete letto? Chiedo con genuina curiosità.

Il rischio dell'effetto Beautiful è che, nella smania di allungare il brodo – cugina di primo grado della smania di incassare i diritti d'autore (perché, facciamoli due conti: un volume costa circa 15 euro. Una serie di n volumi sono 15 euro moltiplicati per n – ecco la risposta di cui sopra, n.d.a.) - l'autore sconfessi quanto detto in precedenza facendo cadere l'intero castello di carte e rinnovando la sensazione di presa per i fondelli nel lettore.

La parola fine invece ha un potere liberatorio che molti si rifiutano di riconoscere. Perché quando una cosa non ha limite spesso il suo valore percepito cala. È la legge della domanda e dell'offerta, mica me lo sto inventando io.

Pensate alla valigia per le vacanze. Se avete un limite di peso, non inserirete qualsiasi cosa vi capiti a tiro senza pensare. Farete una cernita, ponderata sulla base della vostra meta, del tempo in cui starete via, delle circostanze in cui, presumibilmente vi troverete. Se non aveste limiti portereste almeno il triplo delle cose che vi servono. Inutilmente.

Similmente, una storia ha una sua economia. Così come si tolgono le parti non funzionali alla narrazione all'interno di un libro, perché dovrei avere volumi interi di eventi assolutamente trascurabili, storie di cugini di terzo grado, racconti sui nipoti di quinta generazione, elegie dei padri, delle madri, dei migliori amici e anche dei migliori nemici o del macellaio all'angolo. Ma dai, ma a un certo punto, ma chissenefrega?

Perché mandare tutto in gloria con la logorrea narrativa?

Sapere dove e quando fermarsi, è quindi a mio parere, fondamentale. Lasciare il posto all'immaginazione che circonda una storia è il miglior regalo che si possa fare ai lettori affezionati.

Senza contare che il rischio di mandare tutto in vacca aumenta esponenzialmente con i seguiti non richiesti. Ciao Maledizione dell'erede, mi riferisco proprio a te.

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