Luoghi comuni, Stereotipi e Clichè

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Per la serie Cose da evitare come la rogna e dove trovarle, oggi parliamo di luoghi comuni, stereotipi e clichè.

Partiamo dalle definizioni, lo sapete che ci tengo.

luogo comune: [affermazione comunemente accettata, opinione di cui frequentemente s'abusa: un discorso pieno di l. comuni] ≈ frase fatta, slogan; cit. Dizionario Treccani.

clichè: Espressione priva di originalità, spesso ripetuta, e perciò fastidiosa; frase fatta, stereotipata, abusata; concetto o giudizio ormai cristallizzato; comportamento, atteggiamento banale, scontato; cit. Dizionario Treccani.

stereotipo: s. m., fig. a. Modello convenzionale di atteggiamento, di discorso e sim.: ragionare per stereotipi. In partic., in psicologia, opinione precostituita, generalizzata e semplicistica, che non si fonda cioè sulla valutazione personale dei singoli casi ma si ripete meccanicamente, su persone o avvenimenti e situazioni (corrisponde al fr. cliché): giudicare, definire per stereotipi; s. individuali, se proprî di individui, s. sociali, se proprî di gruppi sociali. b. In linguistica, locuzione o espressione fissatasi in una determinata forma e ripetuta quindi meccanicamente e banalizzata; luogo comune, frase fatta: parlare per stereotipi, abusare di stereotipi; in partic., sinon. di sintagma cristallizzato (v. sintagma). c. Espressione, motto, detto proverbiale o singola parola nella quale si riflettono pregiudizî e opinioni negative con riferimento a gruppi sociali, etnici o professionali. cit. Dizionario Treccani

Vi farà piacere sapere che i termini stereotipo e clichè (che è il suono onomatopeico della lastra zincata schiacciata sulla superficie da stampare), vengono entrambi dall'universo tipografico e si riferiscono a determinati usi di stampa a matrice. Semplificando all'ennesima potenza, e in maniera sommaria, possiamo pensare a dei timbri, la cui immagine si riproduce sempre uguale su qualsiasi superficie la piazziate.

Perchè queste cose sono da evitare come la peste?

Luoghi comuni, stereotipi e clichè appiattiscono la narrazione come una paletta per le mosche. Urlano pigrizia a pieni polmoni e sono talmente abusati da generare in automatico fastidio nel lettore. Sono la scorciatoia che non fa guadagnare terreno, le solite parole che non evocano nulla se non noia e fastidio e in generale sono efficaci quanto la carta igienica bagnata.

Questo trittico si trova spesso nelle prime bozze, nei lavori degli scrittori inesperti, quali siamo tutti qui e se proprio mi volete cavare di bocca un genere contro cui puntare il dito, direi che il genere Fantasy/Young Adult è terreno particolarmente fertile per ognuna di queste tre fiere dantesche e si aggiudica quindi il primo premio in questa categoria. Attingerò quindi a piene mani da questa categoria per fare gli esempi perchè sono pigra come il Natale.

Andiamole a dividere e a famigliarizzare con ciascuna di loro, al fine di poterle facilmente evitare come la zia che vi fa domande scomode a ogni incontro di parenti, o il conoscente che ogni volta che vi incontra, vi ammorba con dettagli chirurgici su cose di cui non vi frega una minchia.

Premettiamo che nessuna delle tre ha fattezze univoche e peculiari. Ciascuna può sfociare nell'altra e poi riavvolgersi su sè stessa senza scomporsi troppo. Anzi, tante volte i tre termini vengono impiegati in maniera intercambiabile senza starci a perdere il sonno.

Iniziamo dai luoghi comuni. I luoghi comuni sono opinioni diffuse (diffuse non significa fondate, occhio), concetti condivisi e modi di dire che hanno la stessa consistenza dell'aria fritta. Sì, aria fritta è un luogo comune. Non il peggiore, però. Ci sono espressioni talmente (ab)usate da essere oramai lise, come una gomma da masticare che avete avuto in bocca per tre ore e ha completamente perso il sapore. Parimenti, questi accostamenti di parole non sanno più di nulla, occupano solo spazio e lo fanno abusivamente.

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