Mercoledi 1 giugno 2011

270 26 8
                                    


È estate, ormai. Lo si vede dai ritmi di lavoro, dall'intensità del traffico, dalla musica che passa per radio, dal fatto che gli aperitivi si fanno al mare e non più al bar.

Squilla il telefono quasi all'ora di chiusura, che tanto non sarà mai quella in cui chiuderò veramente, sto finendo la seconda sessione di un tatuaggio piuttosto complesso e policromo, se il tizio resiste senza muoversi troppo cercherò di portarmi il più avanti possibile. Butto un occhio al display, è Davide. Perchè mi chiama Davide? Di solito ci sentiamo per le feste, e a ben vedere l'anno scorso non ci siamo nemmeno sentiti. Troppo incasinato, lo ammetto.

«Vuoi che risponda io?» mi fa Mick, alle prese con cose ben più semplici. Io scuoto la testa e gli dico di lasciar suonare

Non voglio interrompermi mentre lavoro, se perdo la concentrazione non è mai una bella cosa. Se devo chiacchierare di cazzate posso farlo anche mentre tatuo, ma se sono cose appena più serie, meglio di no: sulla pelle non si può passare la scolorina. Quando finisco, Mick è già andato, mi siedo nella poltrona più comoda che ho in negozio e chiamo.

«Ehi Davide! Come va bello!».

«Ciao Gek, si tira avanti, te?» dice con voce un po' stanca.

Ci scambiamo qualche convenevole, poi mi piazza la domandina:

«Senti, tu avresti una mezza giornata libera per vederci? Però dovresti fare un salto qua, se puoi».

Ci penso su, per uno che non vedo da un sacco posso anche fare lo sforzo, farò una gita al contrario mentre i milanesi scendono in spiaggia.

«Certo, certo! Una domenica, vediamo, per me anche la prossima. Va bene?».

«Sì, è perfetto!» annuisco, anche se so che non può vedermi.

«Bene, sono felice che mi hai chiamato. È un pezzo che non ci vediamo!».

In fondo, ho voglia di rivederlo e fare quattro chiacchiere. non è stato un uomo fortunato, su questo non ci piove.

Brenda e GekDove le storie prendono vita. Scoprilo ora