Sabato 17 marzo 2012

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«L'eucalipto, sarebbe bellissimo».

«Ma è enorme».

«Ma c'eri anche tu quando l'abbiamo disegnato così».

«Ma era un gioco. Era un 'tatuaggio che vorrei', non un 'tatuaggio che Gek deve farmi sul serio'!».

Sta chiedendo un tatuaggio. E non sta chiedendo un tatuaggio così, tanto per fare, sta chiedendo qualcosa di grande, visibile. In un punto che dice di lei molto.

«E deve per forza essere lì?».

«Si, altrimenti mi scombina tutto».

«Cosa ti scombina?».

«Il mio progetto per i tatuaggi» e tira fuori il suo block notes, va all'ultima pagina di cartoncino a cui è incollato un foglio, è un A3 ripiegato dove compare la sua figura stilizzata sia fronte che retro, e un sacco di disegni sopra, riconosco alcune figure come i rovi, le onde, il loto. Sono le riproduzioni ridotte di tutto quello che abbiamo disegnato in questi mesi. È una Brenda piena di inchiostro, di figure che le attraversano il corpo e che mi ri-raccontano la sua vicenda attraverso diverse parole chiave scritte attorno alla figura umana. È splendido ma è quasi troppo.

«Non è da tutti avere un progetto per i propri tatuaggi, specie a quindici anni» ammetto, dubbioso se essere felice o spaventato.

«Me lo hai detto tante volte te, che detesti tatuare persone che lo fanno tanto per fare».

«È vero, ma sei molto giovane per una cosa del genere».

«Sono cose che mi rappresentano e, anzi, che avevo sempre avuto dentro e tu mi hai aiutato a far uscire. Sono una persona che non è brava a raccontare di sé. Questo progetto mi darà una mano».

Sospiro, mi preparo ad affrontare un discorso soprattutto tra me stesso tutore e me stesso tatuatore.

«Brenda, hai detto cose splendide, ci sono un paio di 'ma'. Il primo è che sei giovane e raccontare di te in maniera così ampia lascerà poco spazio al raccontare di te degli anni prossimi. Secondo è che il tatuaggio è una cosa che cambia la percezione che hai di te stessa ma cambia anche la percezione che hanno gli altri di te».

«Ma è normale, gli altri sapranno già qualcosa di me solo vedendomi».

«Non è solo quello, il tatuaggio è sdoganato ma non è colto nella sua essenza. Viene visto come una moda o come un modo per sembrare trasgressivi a poco prezzo. Devi mettere in conto che molte persone possano mal interpretare i tuoi tatuaggi, possano ritenerti solo una che si è fatta pagare il capriccio di moda in questo momento, oppure una stupidella che vuole fare la donna di mondo».

«Non pensavo che mi smontassi. Tatui decine di persone ogni settimana e mica gli fai tutte 'ste storie» mi fa presente, ma la sua voce è abbattuta.

«Non voglio smontarti, voglio farti riflettere su come sei. Io non conosco di persona i miei clienti e non faccio loro il test della psicologia. Un imbianchino mica ti chiede della tua vita se gli domandi di imbiancare casa di colore viola a pallini azzurri. Sei una ragazza che parla poco, che esce poco, molto sensata. Per molte persone questo confligge con i tatuaggi, e loro vedranno i tatuaggi, non come sei dentro» sospiro ancora «Questo significa che più spesso di adesso dovrai sopportare gente che si farà un'idea inesatta di te e dovrai prenderti a forza la corretta considerazione da parte degli altri».

«E se ci sono così tante note negative, perchè hai scelto di tatuarti così tanto?».

«Perchè avevo sofferto e nei tatuaggi ho trovato la mia espressione».

«E cosa c'è di diverso da quello che ti sto dicendo?».

«Che la gente non poteva avere peggiore considerazione di me, in quel momento».

Brenda e GekDove le storie prendono vita. Scoprilo ora