Lunedi 19 settembre 2011

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Voi non avete idea di quanto tempo ho perso per spostare una ragazzina da un liceovittorini qualsiasi di Lorenteggio a uno di Cesenatico, sarà che erano giorni di merda in pieno agosto, sarà che io forse sono stupido e certe cose non le capisco subito, sarà che mi pesava ogni dicitura "genitore" da barrare e correggere con "tutore legale". Ma grazie a Rocco ce l'ho fatta, ed oggi la mando a fare la seconda.

A ben vedere non so nemmeno che tipo di raccomandazioni farle, cosa si dice a una di seconda superiore? A me avrebbero detto «Non farti subito riconoscere», a lei dico di essere serena e cercare di ambientarsi il prima possibile, di farsi amici, che temo ne abbia bisogno. Lei annuisce e la lascio alla fermata dell'autobus, è presto, vado a fare un'ora di corsa in pineta, poi mi doccio e vado in studio, quando Mick arriva mi dice «Allora sei riuscito a spedirla, babbo?» e gli faccio il dito medio.

Quando arrivo a casa c'è l'insalata in tavola e il petto di pollo in un piatto, lei sta mangiando della pasta in bianco e spippola col cellulare. Non mi aspettavo di trovarla.

«Sei già a casa? Siete usciti prima?».

«Si».

«Ma c'era il pullman?».

«Ho preso il treno» dice senza fare una piega.

Visualizzo la gente che trovi in stazione e che sale sul treno a settembre qui, tutte etnie che non mi fanno impazzire, almeno è arrivata a casa sana e salva.

«La prossima volta messaggiami, giusto per sapere che vieni a casa in treno. Magari ti vengo a prendere e non fai tutta la strada a piedi».

«Non è un problema camminare».

Tutto il pranzo cerco di cavarle fuori qualcosa su scuola, compagne, compagni, per capire il livello di coinvolgimento che ha, e non aggiungo elementi all'idea che mi sono fatto di oggetto estraneo in una classe che ha già fatto un anno assieme. Brutta storia per una come lei.

Nel pomeriggio mentre tatuo la miliardesima farfalla su una ragazza che non ne avrebbe assolutamente bisogno, ha una pelle naturalmente ambrata, che offre poca resistenza pur essendo perfettamente liscia. Ho un impulso:

«Vai ancora a scuola?».

Le alza lo sguardo dal telefono e non molto convinta dice «Si, faccio la quinta».

«Adesso ti faccio una domanda cretina: ti ricordi come è stato il tuo primo giorno di scuola alle superiori?».

«Certo che me lo ricordo, avevo un'ansia che mamma mia».

«Per cosa avevi ansia?».

«Per la scuola, per i compagni, per come avevo i capelli, per come ero vestita, cioè avevo l'ansia pure per i quaderni se sembravano troppo da bambina delle medie», prende fiato «Poi hai l'ansia che non ti caghi nessuno e alla fine della giornata hai l'ansia perchè quelli più grandi ti guardano. Il primo giorno è ansia pura».

Fa venire ansia anche a me. Poi sorride «Nello zaino c'era Cuorno, ovviamente non l'ha visto nessuno, il mio unicorno, l'unica cosa che mi ero portata dalle medie».

«Un talismano».

«Si, un portafortuna, qualcosa che infili la mano nello zaino, lo tocchi, senti che è soffice e ti rilassa per un po', un anti-ansia» guarda il telefono, poi guarda verso di me «E te come è andato il primo giorno di superiori?».

Ci penso, ma non mi esce niente, era il periodo in cui già mi dedicavo agli stupefacenti. Di quel primo giorno non ricordo nulla di preciso se non voler già essere altrove. A lei rispondo vago «È passato un sacco di tempo, non me lo ricordo nemmeno, c'erano ancora i dinosauri secondo me. Stavano scomparendo ma c'erano».

Si mette a ridere, sorrido anche io, poi aspetto che smetta la risata per ricominciare a lavorare. L'ennesima farfalla.

Brenda e GekDove le storie prendono vita. Scoprilo ora