Lunedi 23 gennaio 2012

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Esce per andare a scuola smozzicando il ciao. Le rispondo «Lieto di averla avuta presso la nostra struttura» e tempo venti secondi fuori dalla porta che mi manda un messaggio «Non fare il simpatico».

A metà mattina Rocco mi scrive che l'Ari vorrebbe sapere come va. E rispondo che va tutto bene. Mi chiama ma parla l'Ari direttamente.

«Gek sei un testardo e un bugiardo».

«Ehi ehi, calmina».

«Calmina sto par di ciuffoli. Ti avevo detto di fare tu un passo!».

«Ma l'ho fatto!».

«Hai detto una mezza frase e poi ciao».

«Madonna che ansia in stereofonia che fate venire! Ma se ci messaggi te allora perché non le spieghi te la situazione?».

«Perche sei tu che sei la cosa più vicina a un genitore! Cazzo Gek mi cavi le parolacce di bocca!».

«Ok ok, stai calma, mi ci metterò d'impegno».


A pranzo cerco di essere a casa prima di lei. Quando arriva è un po' sorpresa ma non va oltre il «Ciao» di ordinanza.

«Brenda dai siediti che parliamo seriamente».

«Hai paura che non sia andata a scuola?» dice cercando di sembrare ironica, ma come attrice deve ancora farsi.

«No, sono abbastanza sicuro che ci sei andata. Volevo parlare dell'altro giorno. Mi rendo conto di aver sbagliato nei modi».

«Meglio tardi che mai».

«Ma se ci ho provato anche ieri!».

«Hai buttato lì la prima frase e te ne sei andato!».

«Ma non mi cagavi di striscio!» dico con la voce rotta dall'isteria.

«Ma come sei messo che alla prima frase ti arrendi?!».

«E te come sei messa che vuoi che la gente ti faccia la riverenza?!».

«Gek non capisci un cazzo delle volte» e si chiude in camera.

Io vi giuro che certe cose le ho viste solo nella gente in astinenza. Gli adolescenti sono bipolari. E mi ha detto che non capisco un cazzo!

Torno a lavorare e lavoro di merda tutto il pomeriggio, anche se mantengo una certa professionalità. Vado a fare una seduta supplementare di palestra e la gente mi guarda strano per i versi che faccio. Ok, si, in effetti sembro Rocky Balboa quando picchia Apollo Creed.

Arrivo a casa tardi, lei è in camera, ribusso, mi metto a sedere nel letto, mamma mia mi sembra di essere a Casa Vianello, oltre al fatto che devo bussare ed entrare con la riverenza nella mia camera da letto.

«Brenda, ok non è che 'sta cosa stia andando proprio bene. Ripartiamo da zero. Ok?».

«Ce la puoi fare».

È diventata ironica come la merda. Mantengo il controllo e dico «Mi dispiace seriamente per l'altro giorno, non mi piace litigare e non mi piace soprattutto dare l'idea di quello che ti controlla di continuo».

«Ma perchè vuoi controllarmi? Da un giorno all'altro non hai più fiducia in me?».

«Non è che non ho fiducia, anzi ne ho tantissima. Però capiscimi, di certi argomenti come ad esempio i ragazzi, beh... non abbiamo mai parlato».

«Arrivi lungo».

«In che senso?!» mi esce a voce una ottava troppo acuta, lei ride come una pazza.

«Paura, eh? Intendo parlare di ragazzi. Tranquillo Gek, so quello che c'è da sapere, ma quello che mi sconvolge è quanto ti scaldi e ti preoccupi per una cosa che fino a tre giorni fa per te quasi non esisteva».

«Magari esisteva e non lo avevo detto».

«Allora eri stato bravo».

«Ma un 'genitore' non dovrebbe essere giudicato dal figlio, non credo sia una cosa molto corretta, non trovi? Fino a prova contraria sono io che ho più esperienza».

Mi guarda negli occhi, sembra che non sappia se parlare o starsene zitta. Poi si alza, torna con carta, matita, penna e dice «Vorrei un fiore di loto».

«Dove?» dico in automatico, mi sembra di dare per scontato che si parli di un tatuaggio.

«Attorno all'ombelico» sorride, ed inizio a disegnare. Lei mi guarda mentre schizzo una iniziale forma geometrica per poi sbizzarrirmi nell'allonanarmi dal centro.

«Ho passato genitori in prestito, genitori disinteressati, genitori tossicodipendenti, genitori incapaci, genitori malati. Genitori che col cazzo che sono stati genitori. Genitori che quella sera dovevano andare al cinema».

«No dai, non essere così dura».

«Ma scherzi? Non ho mai, e dico mai passato un giorno senza pensare a che cappero sarebbe successo di strano, a che altro guaio mi sarebbe toccato affrontare da sola» poi fa una pausa e ricomincia «Odiavo quelli che raccontavano di genitori normali, io avevo solo dei disagiati, della gente che aveva bisogno giorno e notte, dei semisconosciuti».

«Anche io lo sono».

«No Gek, non è uguale» guarda il disegno, prende una matita e inizia a lavorare specularmente a me sul suo lato del disegno, poi guarda me «Ho avuto due genitori che mi dicevano che erano loro i 'genitori' perchè gli dovevo parare il culo, dicendomi che dovevo restituire quello che avevo ricevuto da loro che non si sa esattamente cosa fosse, perchè siccome avevo un letto allora dovevo essere io ad accudire loro, essere sempre presente, pronta per i bisogni anche più assurdi, a cercarli quando finivano in un cesso in giro, a comprare le medicine, fare la spesa, a fare tutto».

«Lo so che non è stato facile, l'ho capito questi mesi, ho visto come sei cambiata».

«No, non sono cambiata. Ma ho trovato una persona che si è messa lì, ha aspettato, non ha rotto le palle, mi ha lasciato i miei tempi. Si in un paio di occasioni magari hai provato a cavarmi più parole di quelle che volevo dire, lo so, ma non te ne faccio una colpa, lo so che ti piace parlare».

«Grazie, almeno quello».

«Ho adorato quel Gek, mi sembrava di avere un fratello maggiore che non ho mai avuto. Mi sono aperta, ho trovato amiche, e amici. Non ho migliorato la scuola, lo so, però lo sai che la scuola non è tutto».

«Non dovrei dirlo».

«Poi hai iniziato a chiedere degli amici, a chiedere dove andavo, cosa facevo, e mi sono tornate in mente le gabbie in cui stavo. E non voglio gabbie Gek, piuttosto giuro, questa volta scappo e non mi vedrà mai più nessuno, tolgo il disturbo».

Penso alla mamma, scappata dalla famiglia in Albania ricostruendo in Italia una identità da zero, rinnegando tutto, compresi i suoi. Prima di avere Brenda aveva fatto anche la spogliarellista e di sicuro si era anche venduta, poi non era riuscita a disintossicarsi del tutto, ed era finita divorata dalla droga, con la figlia che la guardava impotente.

«No, cercherò di stare al mio posto, te lo prometto. Voglio solo condividere con te una specie di scala di valori, se vuoi».

«In che senso?».

«Ad esempio, la droga è veleno, concordi?».

«Ovvio».

«Tutta la droga».

«Certo, e l'alcol?».

«Con molta moderazione».

«Quindi anche io con moderazione».

Mi infilo in un ginepraio che trasforma un sacco di ipotetici divieti in tiepidi consigli, termino disperato dicendo parole di resa «Senti, ok ho capito che tutto per te è relativo, mi auguro che almeno userai sempre la testa».

«Questo è ovvio».

Brenda e GekDove le storie prendono vita. Scoprilo ora