Part five.

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-Dai, su, rispondi, se vuoi vado via.-
-No, ti prego. R-resta qui- riesco a dire.
Mi sembrava tutto così irreale.
Due anni trascorsi a guardarlo di nascosto, a scuola, durante la ricreazione, attenta a non scorgere il suo sguardo. Attenta a non far sì che si accorgesse di me.
In quel momento ripensai a tutte quelle giornate "no", a tutte quelle volte in cui mi ritrovai a piangere pensando a lui nella mia stanza, di notte, lasciandomi cullare dal buio e dal silenzio di solo un'altra di quelle sere, che ben presto sarebbe passata, portando via con sé la notte, ma non il vuoto che io avevo dentro.
Tutte quelle volte che Cel o Luke mi avevano asciugato le lacrime.
Tutta la mia famiglia era costantemente preoccupata.
Ma Michael non era l'unica motivazione dei miei occhi spenti, sempre distaccati dalla vita intorno a me, che oramai mi scivolava via tra le dita, come la sabbia, d'estate, che i bambini cercano di contenere in quel piccolo pugno; fin troppo piccolo, per contenerne così tanta. Eppure non si scoraggiano, e, a poco a poco, con quelle piccole manine, riescono a riempire il proprio secchiello, creando la base per il loro castello. A volte avrei voluto tornare bimba, e ritrovare la felicità nelle piccole cose, come in quel castello di sabbia, come quei bambini, completamente consapevoli che il loro lavoro è inutile, perché il castello andrà distrutto dal vento, o dal mare, se costruito sul bagnasciuga. Ma che in fondo non si scoraggiano, perché sanno, che ancora tanti castelli verranno distrutti, e che dovranno ricominciare a farli.
Io invece non riuscivo a ricominciare; cercavo solo di tirare avanti.
È sempre stato così, non mi sono mai sentita abbastanza. Sono sempre stata un peso per gli altri, ma soprattutto per me stessa; e forse è questo il
motivo per il quale non mi sono mai avvicinata a Michael, per paura di essere respinta. L'avevano già fatto troppe volte, ed ero semplicemente stanca.
Tutte parole, nient'altro che parole.
Quelle etichette, 'Amy la grassona', 'Amy la racchia' che da sempre mi accompagnavano, non facevano che torturarmi. Ogni giorno, ogni notte.
Forse è semplicemente per questo, che
avrei preferito che al posto di mia madre, in quell'auto, ci fossi stata io.

-Sicura?- chiede Michael.
-Resta.- ribadisco io, stavolta più decisa.

-Pronto?- quasi sussurro.
-Amy..- lo sento singhiozzare.
-Dimmelo Luke.- dico io con gli occhi lucidi, ma no, non piango.
-L'hanno operata, e adesso..-
-Adesso?-
Dopo qualche secondo di silenzio la voce di Luke mi riporta alla realtà.
-Amy, la mamma è entrata in coma.- sputa fuori velocemente, come se volesse abbandonare quelle parole troppo amare da pronunciare.
Mi lascio trascinare dalla mia impulsività, e afferro la mano di Michael, stringendola. La ritraggo subito dopo essermi accorta di quel gesto, in fondo io non ero nessuno per lui, se non la sorella più piccola di uno dei suoi migliori amici.
-Si riprenderà?-
-I dottori non lo sanno, dicono solo di..sperare. Senti, io devo rimanere qua, voglio star qui.-
-Anch'io voglio venirci.- dico sicura.
-No, per ora no.-
-Luke, io-
-No. Ti dirò io quando venire.- la sua voce si era fatta più dura. Capii che avrei dovuto solo obbedire. Non c'era altro da fare.
-D'accordo.- dico piano.
-Devo andare Amy..Dimmi solo, Michael si sta prendendo cura di te?-
-Sì Luke, devi star tranquillo, preoccupati solo della mamma e del papà. Manda un bacio ad entrambi.- dico e la vista mi si appanna.
-Ciao Lukey.- e attacco prima che possa sentirmi singhiozzare.
Sento due braccia, non ancora troppo familiari, avvolgermi, e stringermi.
-Ha detto che- provo a dire,  -Sì, ho ascoltato.- dice delicatamente.
Mi sentivo tanto stanca, ed inoltre il giorno dopo sarei dovuta andare a scuola.
Non potevo assentarmi di nuovo. Solo che in quel momento non riuscivo a pensare a nulla.
Un suo braccio scende dalla stretta, e si piazza sul mio fianco destro, stringendolo, e aiutandomi a salire la scala di legno che collega i due piani.
Sono troppo stanca per parlare, e anche se ci provassi, non troverei le parole, quindi rimango in silenzio.
Entriamo in camera sua, e mi fa stendere sul letto.
Si stende accanto a me, e comincia ad accarezzarmi i capelli, portandoli tutti da un solo lato del collo, e lasciandone l'altro scoperto. Un brivido e una leggera sensazione di sicurezza mi pervadono.

-Chiudi gli occhi.- sussurra mettendo un dito sulla mia palpebra sinistra, e facendo una impercettibile pressione su di essa.

Riesco a rilassarmi.
Michael mi dice qualcosa talmente piano e velocemente che non riesco a capire, e precipitando poi in un sonno tranquillo, mi lascio cullare; stavolta non dal buio e dal silenzio, ma dal suono del suo respiro regolare, che improvvisamente mi par musica.

•••
Eeehilà. Personalmente adoro questo capitolo, ma vorrei comunque sapere voi cosa ne pensate💕

INSOMNIA// m.g.cDove le storie prendono vita. Scoprilo ora