Rotolai, rotolai e rotolai giù per le scale e arrivai fino in fondo.
Non mi ricordo nulla di quel momento, ma l'unico ricordo che mi resta tutt'ora in mente è stata la faccia di Daniel: allarmata, angosciata.Vedevo lui, andare su per le scale a chiamare qualcuno e prima di chiudere gli occhi, vidi Cloe che lo spinse via.
Poi non vidi più nulla, fu tutto buio per diversi giorni.
Daniel si rovinò la vita con le sue stesse mani, perse l'amicizia con Cloe da solo senza che qualcuno si mise in mezzo.
Come ho detto non ero cosciente e ciò che vi sto dicendo ora, me lo raccontò Cloe.
Lei, cercò di svegliarmi ma io non mi svegliai. Avevo sbattuto di nuovo la testa e questa volta, il colpo più pesante lo presi alla pancia.
Cloe mi raccontò che chiamò l'ambulanza immediatamente, chiamò pure Nathan che venne all'istante, ancora prima dell'ambulanza.
Mi portarono via, i parametri del bambino non erano stabili e il tempo era pregiato. Più il tempo passava, più la vita del bambino era in pericolo.
Mi svegliai svegliai alla fine di marzo dal coma farmacologico, che decisero di fare i dottori per guarirmi al meglio.
Appena aprii gli occhi, mi guardai intorno e vidi Nathan seduto su una sedia ai piedi del letto, che si stava leggendo un libro.
Per istinto mi venne un sorriso ma lui mi guardò con aria di minaccia, aveva una faccia disgustata, cupa e angosciata.Chiuse il libro di colpo, si alzò velocemente, venne vicino a me e con tutto l'odio del mondo, mi disse:
<<Come fai a sorridere dopo ciò che hai fatto?! Io te lo avevo promesso, per me non esisti più!>>
Mi alzai, mi misi a sedere e mi vennero gli ultimi ricordi in mente come dei lampi.
Mi toccai la pancia e notai che era più sgonfia del solito, sentivo un vuoto dentro me e iniziai a piangere.
Il suo sguardo restò fisso su di me e quando vide la mia mano sulla pancia, mi disse con disprezzo:
<<Hai ucciso nostro figlio! Devi vergognarti per questo! Te lo avevo detto di non andare a quella cazzo di festa!>>
Nel momento in cui mi disse quelle parole, il mondo si fermò in quell'istante e non mi accorsi nemmeno che lui se ne fosse andato.
Rimasi lì da sola a guardare il vuoto, in mezzo al letto d'ospedale ed ero paralizzata.
Restai bloccata nei miei pensieri: mi sentivo in colpa e pensai a cose crudeli di me stessa del tipo "ho ucciso il mio bambino".
Avevo in mente un'unica frase "Nathan ha ragione. Se non fossi andata alla festa, sarebbe ancora vivo!".
Non provai più nessuna emozione, nemmeno quando vennero mia madre e le mie migliori amiche.
Appena mia madre mi vide così, mi abbracciò rapidamente e solo quando lei si mise a piangere mi ripresi.
Nessuno mi avrebbe consolata e risollevata.
Cloe si avvicinò a me e continuava a dire:
<<È tutta colpa mia, non dovevo farlo venire. Ti giuro per me è morto.>>
Grazie a ciò riuscii ad aprire bocca e con tutta la freddezza del mondo risposi:
<<Stai tranquilla. È tutta colpa mia.
Per favore, andate tutti via. Ho bisogno da star sola.>>
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L'INIZIO DI UNA FAVOLA.
RomanceQuesto libro parla della vita di un ragazza di nome Yasmine. La quale incontrerà un sacco di difficoltà che dovrà superare, delle volte da sola mentre alcune verrà aiutata dalle persone più importanti della sua vita. Oltre a raccontare in prima per...