𝟏𝟔

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"Avanti rispondi! Ti prego!"

"Este é o secretariado de Oikawa Tooru. Agora estou ocupado. Voce pode tentar novamente mais tarde."

(Questa è la segreteria di Oikawa Tooru. In questo momento sono occupato. Puoi riprovare più tardi.)

La sua voce registrata risuonò nel mio orecchio destro.

Era la quarta volta che digitavo quel numero ma da lui neanche un suono.

"Non ti capisco! Non parlo portoghese!"

Imprecai.

Me ne stavo lì, a guardare quella foto sullo schermo, quella foto scattata dopo la prima partita dell' interliceale. Alzai lo sguardo. Di fronte a me avevo due possibilità: entrare in quella palestra e realizzare il sogno di una vita, oppure andarmene a gambe levate per non rischiare di cadere. Perché se davvero avessi fallito, non avrei potuto reggere il colpo. Le mie mani tremavano, sudavano. Avevo bisogno di qualcuno con cui parlare, qualcuno che scacciasse via quella paura apparentemente insormontabile, quella straziante paura di cadere e non rialzarsi, di fermarsi e non andare più avanti. Avevo bisogno di qualcuno che mi afferrasse le mani e mi dicesse di calmarmi, che mi abbracciasse da dietro e che mi augurasse buona fortuna.
Avevo bisogno di lui.

Sospirai. Mossi un piede, poi l'altro, afferrai la maniglia della porta e feci per entrare.

Il telefono squillò. Guardai lo schermo.

"In bocca al lupo!"

Un messaggio proveniente dall'altra parte del mondo mi rubò un sorriso, un sorriso sentito e spontaneo. Ma non risposi. Quell' idiota avrebbe dovuto aspettare la fine del ritiro per una mia notifica, avrebbe dovuto patire insieme a me lo stress della pallavolo nazionale, dei grandi piccoli talenti. Afferrai il borsone che avevo lasciato cadere a terra e poi la valigia e mi introdussi all'interno dell'edificio. Quello era solo l'inizio.

"Oikawa what are you doing? The training is about to start again!"

(Oikawa che stai facendo? L'allenamento sta per ricominciare!"

"I'm coming!"

(Arrivo)

Sarà già arrivata a Tokyo? Sarà già in palestra? Quelle domande mi stavano uccidendo, quell'attesa mi stava lacerando il cuore. Avrei voluto essere lì, con lei, per accompagnarla, per dirle che è la migliore, per incoraggiarla. Ma se fossi rimasto lì sarei morto io. Sarei morto perché il Giappone, la mia casa e la mia patria non avevano più nulla da offrirmi. Non avevano più niente da cui io avessi potuto trarre vantaggio. Mi sentivo oppresso in un mondo di giganti, in un mondo di geni dove i mediocri non possono fare altro che soffocare e provare a non essere schiacciati, provare a sopravvivere. Io devo faticare più degli altri, devo allenarmi di più, devo soffrire di più. Non sono come Tobio-chan, non sono come Ushijima e nemmeno come Bek. Io sono solamente un mediocre. Io non sono un genio. Ma anche se il talento è un qualcosa con cui si nasce, l'istinto è un qualcosa che si affina e io questo lo so bene. Non ho la pallavolo nel sangue, ma questo non mi impedisce di lottare.

Il ritiro durò cinque giorni. Conobbi un sacco di persone nuove, persone con cui mi trovai bene fin dal primo momento, persone simpatiche, umili e con tanta voglia di crescere e migliorarsi. Appena uscita dall'ultimo allenamento, mi feci una doccia, ripresi la valigia e ripartii per il Nord. Una volta salita sul treno diretto a casa, mi sedetti, mi infilai le cuffiette nelle orecchie e accesi la musica. Ma improvvisamente sentii punzecchiare col dito sulla mia spalla.

"Bek com'è andato il ritiro?"

"Kaori-san! Che ci fai qui?"

"Mi sono trasferita qui a Tokyo per l'università. Adesso vivo qui. Sto tornando a casa per il week-end."

"Davvero?"

"Si. Ho ottenuto una borsa di studio da una prestigiosa università. Non potevo rifiutare!"

"Ma è fantastico! Complimenti!" Risposi estasiata.

"Già. Anche Tooru-chan ha fatto quell'espressione quando gliel'ho detto! Era felicissimo per me!"

Sorrise.

"H-hai detto Tooru-chan?" Chiesi confusa.

"Oh sì. È che nell'ultimo periodo ci siamo avvicinati molto. Guarda, ci sentiamo tutti i giorni."

Risposi impassibile.

"Tra qualche settimana andrò a trovarlo in Brasile. Mi ha invitata a casa sua. Penso proprio che vorrà dichiarare il suo amore."

Il mondo cadde sulle mie spalle. Ogni mia certezza crollò.

"C-congratulazioni." Sono stati gli unici suoni ad uscire dalla mia bocca.

Mi rigirai e spostai lo sguardo verso il finestrino del treno.

Quindi doveva finire in questo modo. Accesi il telefono e iniziai a cancellare quel messaggio che stavo scrivendo prima che arrivasse Kaori.

"Sono sul treno. E' andata benissimo. Vorrei che tu fossi qui. Mi manchi."

Mi aveva dimenticata, mi aveva presa in giro. Forse non mi aveva lasciata per la distanza ma per Kaori. Come biasimarlo. Kaori era bella, brava, talentuosa e ambiziosa. Tutte cose che a me non sono mai appartenute. Io ero il contrario di Kaori. Io ero l'esatto opposto di Oikawa. Lui era sempre perfetto, sempre sorridente, sempre solare. Non si presentava mai con un capello fuori posto o con una piaga sull'uniforme scolastica. Ogni sera, prima di andare a dormire, chiamava sua nonna per chiederle se avesse bisogno di qualcosa. Tooru era sorprendente, era speciale, era diverso dagli altri. E forse è stata proprio questa sua diversità ad avvicinarlo così tanto a me, ad una semplice ragazzina sfigata. La sua diversità lo aveva portato a scegliere qualcosa che nessun'altro avrebbe mai preso in considerazione. Ma l'indole dell'uomo non cambia. Se un re nasce re, non può diventare tutt'un tratto un vassallo. La sua natura lo porterà sempre sulla scelta più giusta per lui, quella di indossare la corona. E se per indossare quella corona Oikawa avrebbe dovuto sposarsi, la regina non sarebbe potuta essere la figlia di un contadino, bensì la primogenita di un'importante famiglia nobile.

Da quel giorno non gli scrissi più. Non ci parlammo più. Lui continuava a chiamarmi e a inviarmi messaggi. Io bloccai il suo numero. Anzi, cambiai numero. Oikawa Tooru era ormai un lontano ricordo. Un ricordo che mi aveva resa felice, ma allo stesso tempo mi aveva illusa, ferita e angosciata.

Mi trasferii a Tokyo non molto tempo dopo. La grande città era il luogo giusto per ricominciare da capo, per ripartire da zero. Nuova scuola, nuovi amici, nuova squadra. Tutto filava per il verso giusto. I conti ridavano, ogni cosa era tornata al suo posto. Ogni cosa, a parte lui. Lui era andato. Lui era andato per sempre.

5 ANNI DOPO, OLIMPIADI DI TOKYO 2021...

"Con il numero 10, la giovanissima Itoo Becka!"

La folla esultò al solo pronunciare il mio nome. Girai un po' lo sguardo tra il pubblico, ma il mio sguardo si fermò su una figura tra li spalti, una figura che conoscevo bene. Indossava una divisa con la bandiera argentina sul petto e dietro la schiena spiccava in bianco il numero 13.

"Quieres decirme por qué estamos aquì Oikawa?"

(Vuoi dirmi perché siamo qui Oikawa?)

"Por qué aquì està la persona que amo!"

(Perché qui c'è la persona che amo)

𝐂𝐚𝐫𝐧𝐞 𝐲 𝐇𝐮𝐞𝐬𝐨 | 𝐋𝐚 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐝𝐢 𝐁𝐞𝐜𝐤𝐚 𝐞 𝐓𝐨𝐨𝐫𝐮 |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora