tredici (は閲ぁ)

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Il suono dell'orologio che ticchettava in sottofondo era diventato quasi insopportabile per Jungkook. Durante tutta la mattinata, mentre i suoi pensieri si spostavano dal compito incompleto alle discussioni in corso, c'era una cosa che continuava a tornargli in mente: le parole di Yoongi. "Vedi in Jimin il vecchio te." Ogni volta che ci pensava, sentiva una fitta di disagio, come se le sue convinzioni si stessero lentamente sgretolando, e il peso di quella frase non lo lasciava mai.

Si agitava sulla sedia, sperando che l'orologio segnasse velocemente il passaggio al pranzo, così avrebbe potuto distrarsi almeno per un po'. Ma mentre il tempo sembrava allungarsi più del dovuto, una parte di lui si ritrovava a fissare Jimin. Il biondo era in un angolo della mensa, intento a mangiare in solitudine. Non sembrava nemmeno notare lo sguardo di Jungkook che lo seguiva in ogni movimento, come se ci fosse una sorta di magnetismo che lo attirava senza via di fuga.

"Cosa stai facendo, Jungkook?" si rimproverava mentalmente, ma non riusciva a staccare gli occhi dal ragazzo. Era assurdo. Perché mai avrebbe dovuto guardarlo con tanto interesse? Non aveva alcun motivo razionale per farlo. Ma ogni volta che Jimin alzava gli occhi dal suo piatto o faceva un sorriso a qualcuno, Jungkook sentiva una strana frustrazione crescere dentro di lui. Non capiva perché, ma sentiva come se qualcosa stesse cambiando, qualcosa che non gli piaceva affatto.

Poi successe qualcosa che lo fece quasi esplodere.

Yoongi, che sembrava aver notato il suo comportamento più di quanto Jungkook volesse, si alzò dalla sua sedia con quella calma tipica del suo solito disinteresse, ma con uno scopo ben preciso: si diresse verso Jimin. Il suo passo leggero ma sicuro si fece notare immediatamente, e Jungkook seguì ogni sua mossa con un'intensità che non riusciva a spiegare.

Non appena Yoongi si sedette di fronte a Jimin, la scena che si stava formando davanti ai suoi occhi lo lasciò senza fiato. C'era qualcosa di incredibilmente naturale tra i due, una chimica che non poteva ignorare. Ridevano di qualcosa di spontaneo, forse una battuta che Jimin aveva appena fatto, o forse uno dei soliti scherzi di Yoongi. Il loro scambio era rilassato, amichevole, eppure il modo in cui si sorrisero, quel piccolo gesto di complicità, fece crescere in Jungkook un sentimento che non riusciva a definire.

"Perché mi fa così male vederli ridere insieme?" si chiese, il suo cuore che batteva più velocemente di quanto avrebbe voluto. Sentiva una fitta al petto, come se qualcosa di prezioso stesse sfuggendo dalle sue mani, ma non riusciva a capire cosa fosse.

C'era un senso di gelosia che lo stava tormentando, ma non capiva perché. Jimin non era suo, ne voleva che lo fosse. Non doveva esserlo. Non avevano nulla di speciale, o almeno così si diceva. Ma ora, vedere Jimin ridere con Yoongi, senza preoccupazioni, senza alcuna barriera, lo stava distruggendo. Si sentiva escluso, come se una parte di lui fosse stata cacciata fuori da un gruppo di amici di cui pensava di far parte.

Jungkook cercò di convincersi che fosse solo una sensazione passeggera. Forse era solo stanco. Forse tutto questo faceva parte del naturale processo di adattamento. Ma quella sensazione di ansia e di malessere non lo lasciava. La mente di Jungkook era un groviglio di emozioni contrastanti. Si odiava per come si sentiva, per quella frustrazione che non riusciva a controllare. Perché la presenza di Jimin lo metteva così a disagio? Perché la sua amicizia con Yoongi lo faceva impazzire?

"Mi sta davvero sulle palle," pensò, ma mentre le parole risuonavano nella sua mente, non sembravano più così vere. Non era odio, era qualcosa di più complicato. Qualcosa che stava lentamente crescendo, un sentimento che non sapeva ancora come gestire.

"Cazzo," si disse, sorseggiando il frappé con rabbia. "Perché sto pensando a tutto questo?"

 "Perché sto pensando a tutto questo?"

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