quattordici (イゐタ)

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Jungkook si trovava lì, fermo ed immobile, fissando con occhi pesanti Jimin che, seduto davanti alla sua chitarra, sembrava pronto a iniziare. Un'impercettibile tensione aleggiava nell'aria, un silenzio carico di pensieri che il moro non riusciva a scacciare. La musica lo circondava, ma la sua mente vagava altrove, turbata da tutto ciò che Yoongi gli aveva detto prima. Le parole dell'amico continuavano a risuonare nella sua testa: "Vedi in Jimin il vecchio te, quello che voleva tanto saperne di musica."

Si strinse nelle spalle, cercando di scacciare quel pensiero fastidioso, ma qualcosa continuava a rimuginare dentro di lui. Quella connessione che sentiva con Jimin, quella strana sensazione che aveva ogni volta che lo guardava, iniziava a farsi troppo forte per ignorarla. Non sapeva esattamente cosa fosse, ma non riusciva nemmeno a distogliere gli occhi dal ragazzo biondo. Sentiva una sorta di nervosismo che lo attraversava, ogni volta che lo vedeva ridere o parlare con gli altri. E ora, mentre Jimin sistemava la sua Fender Classic e si preparava a suonare, Jungkook sentiva il peso di quei pensieri che non riusciva a togliersi di dosso.

"Jungkook? Mi stai ascoltando?" la voce di Jimin lo strappò dai suoi pensieri.

"Ah, sì... certo," rispose, cercando di sembrare presente, ma dentro era ancora tutto un groviglio di sensazioni confuse.

"Qualcosa ti turba?" continuò Jimin, guardandolo con attenzione. La sua voce era timida, ma l'espressione che portava sul volto rivelava una sincera preoccupazione per lui.

Jungkook si morse il labbro, indeciso se rispondere o meno. Non voleva ammettere che, sì, qualcosa lo stava turbando, che quella strana sensazione di essere continuamente osservato, di essere sempre un passo indietro rispetto a Jimin, lo stava facendo impazzire. Ma non rispose subito. Invece, si limitò a scuotere la testa e a sforzarsi di tornare concentrato.

"Immagino che tu voglia iniziare, vero?" disse cercando di cambiare discorso. "Proviamo con le note. Hai imparato quelle che ti ho detto?"

Jimin annuì, sembrando un po' nervoso, ma con la determinazione che lo contraddistingueva. Posò le dita sulla chitarra e cominciò a suonare. Le note iniziali erano imperfette, ma c'era qualcosa di affascinante in quel suono crudo, grezzo. Jungkook lo osservava con attenzione, apprezzando ogni progresso, ma il suo pensiero continuava a vagare verso quel pensiero che Yoongi gli aveva piantato in testa. Jimin non era solo un ragazzo che voleva imparare la musica. C'era qualcosa in lui che Jungkook non riusciva a decifrare.

Ad un certo punto, Jimin fece un errore, e Jungkook si avvicinò per correggerlo, le sue mani che toccavano quelle di Jimin per posizionarle correttamente.

"Non così, aspetta," disse, la voce più grave, più concentrata. Le sue mani, coperte da anelli e ancor più scure sotto la luce della stanza, guidavano quelle di Jimin sulle corde.

Jimin sembrò frastornato per un attimo, ma poi riprese a suonare, cercando di non commettere lo stesso errore. Jungkook lo osservava da vicino, il suo cuore che batteva più forte, ma non capiva il motivo di quella reazione. Perché si sentiva così stranamente attratto dal suono delle sue mani sulla chitarra? Perché il suo sguardo continuava a cercare quello di Jimin, come se fosse ipnotizzato?

"Mi stai dicendo che non suonavi prima di questa Fender?" Jungkook chiese improvvisamente, interrompendo il suo pensiero. La domanda gli era uscita senza volerlo, ma sentiva il bisogno di capire qualcosa di più.

Jimin sollevò la testa, guardandolo con un'espressione che tradiva una tristezza nascosta. "Questa Fender... è di una persona a me cara," rispose lentamente. "Era la sua. L'ho presa per portare a termine il suo sogno." La sua voce tremò leggermente, e Jungkook notò la tristezza nei suoi occhi.

"Era davvero bravo, Jungkook," aggiunse Jimin, un sorriso debole sulle labbra. "Cantavo con lui, giorno e notte. Era strabiliante."

Le parole di Jimin colpirono Jungkook come un fulmine. Lo sguardo che Jimin gli rivolse mentre parlava era carico di una passione sincera, ma anche di una tristezza che Jungkook non sapeva come affrontare. In quel momento, qualcosa dentro di lui cambiò. C'era una connessione tra loro, ma non era solo musicale. Jungkook poteva sentire il dolore che Jimin cercava di nascondere dietro il suo sorriso, e quel dolore gli sembrava familiare.

Non riuscì a trattenersi. Si avvicinò a lui, cingendo le sue spalle con le sue braccia, sentendo il corpo di Jimin scivolare contro il suo. Era un gesto che non aveva mai fatto prima, ma che in quel momento sembrava naturale.

"Non c'è bisogno che tu continui a parlare, Jimin," disse, la sua voce più morbida, più rassicurante. "Ti capisco, davvero. Non sei solo."

Jimin non rispose subito. Anzi, rimase fermo per un attimo, sorpreso dalla reazione di Jungkook. Poi, con un piccolo singhiozzo, si aggrappò più saldamente alla presa del moro, le lacrime che scivolavano sui suoi occhi.

"Non piangere," mormorò Jungkook, cercando di asciugargli le lacrime. Non sapeva come, ma sentiva che doveva fare qualcosa per confortarlo. "Non sono bravo a consolare le persone, ma... va tutto bene. Avrai il tuo momento."

Jimin alzò gli occhi, e il sorriso che gli rivolse, nonostante fosse intriso di malinconia, fece sentire a Jungkook che forse, in quel momento, stava facendo la cosa giusta.

"Grazie, Jungkookie," disse Jimin, il suo tono morbido e sincero, la testa che si appoggiava contro la spalla di Jungkook. "Grazie davvero."

Jungkook sorrise, sentendo il calore che si diffondeva nel suo corpo. E mentre lo teneva tra le sue braccia, una sensazione nuova, misteriosa e quasi confusa lo pervase. Non sapeva dove li avrebbe portati quei gesti, ma in quel momento, non gli importava.

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