1 capitolo - LEI

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Respirò profondamente e provò a caricarsi. Sentiva l'adrenalina pre-concerto inondargli le vene, ogni muscolo teso, il battito del cuore accelerato. Si mise il cappellino in testa, ultimo tocco prima di cominciare, e si guardò allo specchio del camerino del backstage.

«Forza, Olly» si disse e il suo doppio gli rimandò un sorriso nervoso ma allegro.

Non vedeva l'ora di cominciare. Quella serata sarebbe stata indimenticabile, sotto tutti i punti di vista. Per i suoi fan venuti ad acclamarlo e per lui stesso.

Olly non lo sapeva, ma soprattutto lo sarebbe stata per lui.

Cinque ore prima lo stadio O2 di Londra era enorme e completamente vuoto. Era ancora enorme ma vuoto non più. Olly si era già esibito in quel posto fantastico, ma tornarci era sempre un'esperienza nuova e sentiva sempre la stessa sensazione di essere molto più simile a una formica che a un cantante famoso in quello stadio.

Ma in fondo era a casa, Londra era casa sua.

Quel pomeriggio aveva ripassato la scaletta delle canzoni con il suo manager e aveva fatto le prove con John e Darren, i suoi coristi e suoi grandi amici. Si erano rotolati a terra dalle risate quando durante la coreografia Olly era inciampato cadendo lungo disteso sul pavimento.

Per fortuna, non si era fatto niente anche se Harry, il suo manager, ne voleva fare una questione di Stato.

Poi, le cinque ore svanirono nel nulla e il tempo trascorse in maniera innaturalmente rapida. Adesso mancavano circa tre minuti scarsi all'inizio del concerto. Sentiva le urla del pubblico che lo chiamavano all'unisono, il pompare delle loro voci e i respiri, cuori pesanti nell'aria, sospesi. E sentiva anche il suo che, nonostante facesse quel lavoro da quasi cinque anni, non accennava a smettere di rimbombargli nella cassa toracica.

Emozionato e felice, Olly guardò di sottecchi gli addetti al personale che avrebbero dovuto comunicargli quando salire sul palco. C'era una certa frenesia anche tra loro.

Si sistemò nervosamente le bretelle e il colletto della camicia pensando a John, Darren e al resto della band che lo aspettavano trepidanti, pronti per cominciare con lui.

Poi il segnale venne e il nervosismo che gli teneva stretto lo stomaco si dissolse improvvisamente. Entrò, e come un sol uomo migliaia di fan urlarono e gridarono il suo nome e note sconnesse di canzoni, sventolando cartelloni colorati e magliette stampate.

Le note di "Army of two" aleggiavano nell'aria e Olly Murs sollevò un braccio.

«Ci siamo!». Il grido di Olly venne accolto da un'ovazione di migliaia di persone, un boato che sembrava provenire dalle viscere della Terra, rimbombando nei petti del pubblico sovreccitato. Erano giunti a metà del concerto e il ragazzo si trovava al centro dello stadio, su una piattaforma adibita apposta per lui. Si trovava nel ventre stesso dell'arena, cuore pulsante del concerto mentre canzoni, voci e grida volavano via, in alto e si mischiavano nell'aria attorno a lui, conservandolo come in una bolla. Adesso Olly aveva gli occhi puntati su di lui da tutte le direzioni, le fan urlavano e aspettavano, trepidanti, in un'attesa chiassosa e palpabile.

Lo stadio intero lo stava guardando. "Ci siamo" si ripetè dentro di sè.

«Dear darlin'!» gridò di nuovo e urla di un'intensità incredibile si alzarono in volo come umo stormo di uccelli. Le note della canzone avvolsero l'enorme arena come una coperta, raggiungendo angoli e soffitti altissimi, e in breve tempo Olly cominciò a cantare.

«Dear darlin', please excuse my writing...» e mentre cantava guardava i volti di quelle ragazze illuminati da chissà quale felicità, dall'emozione di sentire finalmente la voce del proprio idolo e di averlo a pochissimi passi da loro. Finalmente.

«I can't stop my hands from shaking...», seduto sull'estremità della pedana le guardav quasi distrattamente, pensando a chi poteva venire dedicata una canzone speciale come quella.

E continuava a cantare.

«... Cause I'm cold and alone tonight...» andò avanti «I miss you, and nothing hurts like no you» e la vide. La vide. La vide quasi passandoci per caso i suoi occhi azzurri, ma Olly non sapeva che per tutta la vita non sarebbe più riuscito a distogliere lo sguardo.

Quella ragazza. Dio. Si sentì quasi mancare il fiato, spaventandosi moltissimo perchè non ne conosceva il motivo. Aveva il sorriso esattamente uguale a quello di tutte le altre, come faceva a notarci qualcosa di diverso? Era una ragazza normalissima: i suoi capelli castano scuri le arrivavano a malapena alle spalle, acconciati in morbidi boccoli scompigliati. Il naso era dritto, la bocca rosea e non troppo lontana dal naso, i lineamenti dolci e simili a qualunque altra ragazza della sua età.

Eppure c'era qualcosa, Olly non se lo spiegava. Gli occhi. Ecco cos'era. Erano diversi sa tutti quelli con cui si era scontrato nella sua vita. Diversi, meravigliosi. Marroni. Di un marrone caldo, avvolgente, color cioccolato. Erano pieni di passione e di un incoraggiamento mai visti.

Olly ci vedeva molto più di quanto altri occhi potessero mai vedere. Amore, passione. Allegria. Emozione, felicità, tanta felicità e determinazione. Sembravano dirgli "forza, io credo in te, ce la puoi fare". Occhi color cioccolato.

E forse fu questo messaggio segreto che ci lesse dentro che bloccò Olly fermo dov'era, pietrificato e inchiodato in un mondo che in quel momento poteva a malapena sorreggerlo sulle gambe. Il cuore continuava a sbattergli violentemente nelle costole.

Lei si era accorta che aveva attirato la sua attenzione. Però, entrambi continuarono a guardarsi, immobili in quegli attimi di silenzio, perché il resto del mondo aveva smesso di parlare, ridere, respirare. Silenzio ovattato.

Sguardi intensi che si leggevano a vicenda negli occhi dell'altro, nella speranza di aver trovato quello che da sempre cercavano. C'erano cuori pulsanti e respiri brevi. Poi qualcosa all'esterno sembrò riportare Olly alla realtà. Lo stadio era veramente in silenzio; qualcuno tossiva come per attirare l'attenzione, altri mormoravano tra loro.

Con le mani sudate che scivolavano sulla debole presa del microfono, Olly si voltò verso Darren e John che lo guardavano preoccupati con le sopracciglia aggrottate, e sembravano sul punto di venirgli in aiuto. Solo allora si accorse di aver smesso di cantare.

Si voltò di nuovo verso il pubblico, anch'esso preoccupato dall'improvviso silenzio del cantante.

Olly lanciò uno sguardo alla ragazza misteriosa, dagli occhi color cioccolato. Lei ricambiò lo sguardo, ancora incoraggiante. Determinato. Adesso gli stava dicendo "ricomincia, non è grave, non è successo nulla". E così si ripetè Olly che, facendo un respiro profondo, si schiarì la voce.

«Scusatemi» disse e la sua voce amplificata dal microfono risuonò al'interno dello stadio come quella di un gigante. Imbarazzante.

«Devo essermi scordato le altre parole, la stanchezza sapete...» scosse il capo e provò a sorridere e a scherzarci su. Come scusa era pessima ma per fortuna i fan afferrarono e Olly ricominciò dal punto in cui si era interrotto. Tutto andò avanti come se nulla fosse accaduto, anche se qualcosa ERA accaduto. Olly si sentì profondamente grato ai suoi fan per aver capito ed esserci passati sopra ma, ovviamente, non avevano capito. Forse neanche lui stesso. Quella sera, dopo ciò che successe, non cantò per i fan, nè tantomeno continuò a cantare per loro. Cantò e continuò a cantare per lei e dedicò il resto delle sue canzoni a lei.

La ragazza dagli occhi color cioccolato.

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