2 capitolo - SEI TU

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Il concerto finì in uno scroscio di applausi. Fu meraviglioso: una marea di persone tutte in piedi a saltare e a sbracciarsi nel tentativo di salutarlo un ultima volta; Olly sentì di non poter chiedere niente di meglio. Rimase lì, al centro del palco, le braccia alzate, una mano che teneva il microfono verso l'alto e un gran sorriso stampato in volto. Si lasciò investire dalle urla delle fan, una scarica fortissima di decibel nelle orecchie.

Disperate, alcune di loro scoppiarono in lacrime nel vederlo voltarsi per raggiungere il backstage. Tra loro, ce n'era una che, in quel preciso istante era fatta di lacrime.

Il ragazzo si voltò un ultima volta. Si rese conto di non riuscire più a vederla, era troppo affollato e troppo grande lo stadio. Si era confusa fra tutte le altre.

«Grazie di tutto!». Stanco e sudato, sebbene si fosse più volte cambiato d'abito, Olly arrivò dietro le quinte. Si tolse di dosso la maglietta appiccicosa, la appallottolò e corse a torso nudo verso il suo manager, che stava sistemando le ultime faccende prima di sgomberare.

L'uomo lo guardò con tanto di occhi spalancati.

«Olly, che ti prende? Voglio dire, sei stato grandioso, ma quando ti s...», Olly lo interruppe, il respiro ansimante e il cuore a mille. Non c'era tempo per discutere.

«Harry, devo andare» disse rapido con la bocca che si mangiava le parole dalla fretta. «È successa una cosa, prima, mentre cantavo, e devo andare a vestirmi subito. Prima del concerto, all'ingresso dei cancelli, hai notato una ragazza non troppo alta, con i capelli neri fino alle spalle e gli occhi scuri? Aveva una maglietta simile alla mia e dei jeans.»

Aveva ancora il respiro affannoso. «L'hai vista?».

Harry non aveva ancora richiuso la bocca da quando l'aveva visto correre verso di lui a torso nudo. Aveva qualcosa nello sguardo, di nuovo, ed Harry non capiva cosa l'avesse spinto a comportarsi in modo così strano. Ma, dopotutto, Harry Norton non era mai stato un uomo molto empatico o intuitivo. Le sciocchezze dovevano stare lontane da lui, lui richiedeva correttezza e concreticità, nulla di meno. Era alla mano, questo è certo e Olly gli voleva bene, perché gli teneva gli impegni, i tour e le interviste delle giornate e tutto il resto, ma per quelle situazioni umane che richiedevano più il cuore che la testa o la razionalità, come preferiva chiamarla Harry, non riuscivano a coglierlo molto, nè lui coglieva loro.

«Olly, ma ti rendi conto di quello che stai dicendo? Avranno varcato i cancelli migliaia di ragazze, come faccio a ricordarmi una in particolare? È impossibile... Ehi, ma dove stai andando!» gridò ma Olly non l'ascoltò perché già correva a rotta di collo verso il suo camerino, lasciandosi dietro un capannello di addetti e di manager che lo guardarono divertiti.

Il ragazzo sbattè la porta dietro di sè.

«Dannazione!» gridò, ma non era il momento di imprecare.

Harry non l'aveva vista e non poteva biasimarlo. Erano troppe le persone venute oggi.

Ma lui doveva ritrovarla. Doveva farcela. Quegli occhi, i SUOI occhi, gliel'avevano detto, "cercami", doveva farlo.

Olly si sbottonò i jeans e se ne infilò un paio puliti dal borsone appoggiato al divanetto di pelle, senza neppure fare una doccia. Proprio mentre cercava febbrilmente una maglietta, la porta del camerino si aprì con la forza di un cannone e piombarono dentro John e Darren seguiti da un preoccupato Harry.

«Olly, amico, che succede?» Se lo era già sentito ripetere due volte quella serata e lo trovò irritante. Voleva solo che lo lasciassero andare. John gli diede un'altra pacca sulla spalla.

«Harry ci ha detto che sei corso qui dentro come un forsennato e hai blaterato qualcosa a proposito di una ragazza, che significa?» "Ah, e così avrei blaterato eh?" pensò Olly, ancora più infastidito. John era un buon amico ma ora proprio non capiva.

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