quarantotto (む衣ヒ)

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Jungkook era seduto sulla sua poltrona, la luce morbida del pomeriggio che filtrava dalla finestra e si rifletteva sullo schermo del suo telefono. La sua mano scivolava distrattamente sulla timeline di Twitter, ma i pensieri erano altrove. Il silenzio che lo circondava, come un manto pesante, sembrava parlare più forte delle parole che scorrevano sullo schermo. La giornata era iniziata, come tante altre, nella solitudine di una routine che sembrava non finire mai, un susseguirsi di minuti che si allungavano senza tregua. Eppure, qualcosa stava cambiando. Sentiva nell'aria quella sensazione indescrivibile che ogni tanto accarezza i cuori più sensibili. Un piccolo cambiamento, che avrebbe segnato la fine di un capitolo e l'inizio di un altro.

Un hashtag catturò la sua attenzione. #starboys. Era in cima alle tendenze. Jungkook si fermò, il dito che scivolava ora con maggiore attenzione. Quel nome. Quei volti. Il cuore gli batté più forte. Non poteva credere a ciò che stava vedendo. Fece scorrere ancora, come in un sogno, e ogni tweet che incontrava sembrava rinforzare un legame che pensava fosse ormai spezzato per sempre. I messaggi si susseguivano, senza sosta, tutti accomunati da una richiesta semplice, ma potente: "Riportateci i Starboys!" "#starboysforever". La passione dei fan era palpabile, vibrante. E i numeri, le notifiche che aumentavano a dismisura, gli ricordavano quanto grande fosse il vuoto che la band aveva lasciato. Ma, paradossalmente, anche quanto profondo fosse l'amore che i fan avevano per loro.

Non riusciva a distogliere lo sguardo. I suoi occhi vagavano tra le parole come se stesse cercando una risposta nascosta. Le voci sembravano gridare attraverso lo schermo, come un richiamo che lo obbligava a fare i conti con qualcosa che non aveva mai davvero dimenticato. I suoi follower erano triplicati. I volti della sua band, della sua famiglia, non erano più solo icone in una foto. Erano persone, sogni, speranze per chi, come lui, non voleva arrendersi. Ma c'era anche altro, un senso di distacco che lo avvolgeva. Sembrava che qualcosa fosse andato perduto, qualcosa che nessun tweet avrebbe potuto riportare indietro. Eppure, il cuore di Jungkook continuava a battere più forte, come se quella folla virtuale fosse l'eco di un passato che non voleva smettere di vivere.

Si alzò improvvisamente, senza nemmeno rendersi conto del movimento. Il battito accelerato, il respiro corto, come se avesse appena ricevuto una scossa elettrica. L'agitazione lo travolse mentre correva verso la porta, la mente che faticava a comprendere l'accaduto. La sua scuola era stata occupata. Non sapeva se fosse una reazione spontanea, una protesta di giovani che avevano scelto di gridare per qualcosa che avevano perso, ma il fatto che fosse successo proprio lì, sotto i suoi occhi, gli dava una sensazione strana, come se il mondo avesse finalmente trovato una voce.

Le voci nei corridoi erano diventate più forti, più urgenti. Gli sguardi dei suoi amici, le loro ombre, i sogni infranti... tutto sembrava convergere in un'unica domanda. Eppure, quello che era chiaro, lo capiva perfettamente nel profondo: non erano più solo giovani arrabbiati. Erano voci di una generazione che chiedeva di essere ascoltata.

Quando Jungkook arrivò da loro, i volti dei suoi compagni sembravano riflettere la stessa comprensione. Non c'erano più parole da dire. Gli occhi parlavano da soli. Non erano più i ragazzi che avevano perso tutto. Erano quelli che avrebbero preso in mano il loro destino, perché quel sogno che avevano accantonato non era morto, anzi, ora più che mai sembrava vivo, potente, urgente.

"Abbiamo un sogno da realizzare," disse Jungkook, la voce rotta, il fiato che si faceva corto mentre parlava. Le sue parole rimasero sospese nell'aria, ma ogni singolo battito del suo cuore sembrava confermarle. Non c'era più tempo da perdere. La verità, come un fulmine, si era rivelata in un attimo: dovevano unire le forze, correre insieme verso quella manifestazione, per fare qualcosa che non sarebbe mai stato dimenticato. Non si trattava solo di un ritorno, di un ritorno alla musica o alla band. Era qualcosa di più grande. Un sogno che non si sarebbe più potuto fermare.

Gli occhi degli altri si accendevano, una scintilla che faceva esplodere ogni dubbio, ogni paura. L'urlo di gioia che esplose in quella stanza non fu solo l'urlo di chi si prepara a tornare sul palco. Era l'urlo di una generazione intera, che aveva visto i propri sogni spezzarsi, ma che, nonostante tutto, non aveva mai smesso di sperare. Quella speranza, ora, era tornata più forte che mai.

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