Omnia Vincit Amor

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Hermione si voltò, trattenendo il respiro. Improvvisamente tutti gli assordanti rumori della battaglia svanirono.

Il suo sguardo incontrò gli occhi scuri della donna che l'aveva torturata, la donna che aveva impresso permanentemente un marchio sulla sua pelle.

La donna sorrideva, attraversando il campo di battaglia come fosse il suo palcoscenico.
Diversi incantesimi volarono nella sua direzione, ma lei li scansò con un singolo colpo di bacchetta, senza neanche voltarsi a guardare.

Bellatrix era forte, la strega più potente che avesse mai incontrato dopo la McGrannit, la più abile combattente di tutto l'esercito dei mangiamorte.
Non a caso era il fidato braccio destro di Voldemort.

Si fece coraggio, impugnando la propria bacchetta e puntandola nella sua direzione.
Non sarebbe fuggita da lei. L'avrebbe affrontata.
Cercò di raccogliere tutta la sua rabbia, rabbia che provava verso di lei, incalandola nella sua bacchetta.

Lei era la donna che aveva ucciso Sirius Black, che l' aveva torturata, che aveva fatto del male a Draco.

Pensò a lui, al desiderio che nutriva di rivederlo ancora.

Non sarebbe morta sul campo di battaglia.
Avrebbe combattuto per lui, per loro due, per un futuro in cui persone come loro potessero stare insieme senza pregiudizi, senza nascondersi.

***

Harry e Draco, nascosti sotto al mantello, si diresso verso il cortile esterno. Tra le mura, in parte crollate, di quello che una volta il corridoio prinicipale, la battaglia imperversava, estendendosi fino all'esterno.

Camminavano guardandosi intorno, tentando di aiutare studenti e membri dell'ordine che incontravano nel loro tragitto.

Si trovavano a metà del corridoio quando una mandria di banchi al galoppo per poco non li travolse. Erano guidati dalla professoressa McGrannit: portava i capelli sciolti, aveva un taglio sul viso e i vestiti pieni di polvere. Nessuno dei due ragazzi l'aveva mai vista così.

"Carica" urlò, agitando la propria bacchetta, mentre la mandria di banchi si abbatteva a velocità disarmante contro un gruppo di mangiamorte, travolgendoli.

Nel frattempo tutt'intorno gli studenti correvano ovunque, alcuni sorreggendo o trascinando amici feriti.

Il cuore del serpeverde si strinse nel suo petto. Ricorse all'occlumanzia. Non poteva lasciarsi prendere dal panico per Hermione, Blaise, Theo, sua madre, tutte le persone a cui teneva e che si trovavano ora sul campo di battaglia.

Aveva un compito da svolgere: doveva fermare suo padre così che Harry potesse uccidere il serpente.

Quando finalmente raggiunsero il cortile esterno si trovarono davanti un esercito di ragni.
Grosse figure dalle lunghe zampe nere e pelose inondavano il cortile. Lanciò schiantesimi contro tutti quelli che si affacciavano lungo il loro tragitto, tentando di metterne K.O. il più possibile.

Iniziò a nutrire un brutto presentimento.
Lui non era un grifondoro. Non era uno spassionato ottimista pronto a vedere la luce in ogni situazione, pronto a credere che il bene trionferà sempre, nonostante tutto.

Lui era un serpeverde, un calcolatore, un realista. Per quanto cercasse di focalizzarsi semplicemente sull'azione, il suo cervello non poteva fare a meno di valutare costantemente la situazione che aveva intorno, e l'esito delle sue calcolazioni non era a loro favore.

L'esercito di Voldemort era forte, addestrato, numeroso, e per quanto nell'ordine della fenice potessero esserci validi auror e professori più che abili, la maggior parte dei loro combattenti erano studenti, ragazzi. Inesperti, non addestrati e con nessuna esperienza.

Il principe mezzosangue: l'erede [Dramione] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora