Capitolo 2. Scommessa persa

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Finalmente Harry si stava ritrovando a passare un'estate diversa da tutte le altre.
Il merito era della finale mondiale di Quidditch, che lui, Hermione, Ron e la famiglia di quest'ultimo si sarebbero ritrovati a guardare insieme.
Era stato felice di lasciare Privet Drive con largo anticipo, la Tana era un luogo decisamente più confortevole.
Per fortuna, Draco aveva mantenuto la parola, ed ogni tanto gli aveva spedito qualche breve, sbrigativa lettera, ma sempre meglio di nulla.
Ad Harry faceva piacere sentirlo.
Stava rileggendo per l'ennesima volta una delle sue lettere, quando Ron lo afferrò per un polso per attirare la sua attenzione.
"Harry! Ci sei o no?"
Il corvino sollevò lo sguardo. Non avrebbe potuto accorgersene, ma in quel momento la sua espressione era quello di un perfetto idiota con la testa fra le nuvole.
"Sì, scusate - rispose a bassa voce - di cosa stavate parlando?"
"Della partita ovviamente! - rispose l'amico - ma cos'è che stai leggendo con tanta attenzione?"
Hermione, seduta sul tappeto, alzò gli occhi al cielo. Lei sembrava l'unica abbastanza sveglia da aver capito, anche prima dei diretti interessati, che il legame tra Draco ed Harry non fosse un semplice "legame d'amicizia", come loro lo chiamavano. Per niente. E si poteva capire soltanto guardando l'espressione di Harry, la sua aria un po' distratta, i suoi occhi che praticamente brillavano.
C'era decisamente qualcosa sotto.
"Oh, andiamo - borbottò Ron - un'altra lettera di Malfoy? Quand'è che quest'amicizia avrà fine?"
"Non vedo quale sia il problema, la cosa ti crea fastidio?" - domandò tranquillamente Harry.
"Se mi da fastidio che il mio migliore amico sia a sua volta amico di un presuntuoso-viziato-odioso Serpeverde con idee filo-razziste? No, perché dovrebbe darmi fastidio!"
Il corvino sospirò.
"Non è poi così male quando lo conosci meglio. Secondo me dovreste provare a fare amicizia con lui, ormai sono passati quasi quattro anni"
"Oh, no grazie, ne faccio volentieri a meno. Comunque sia, domani dovremmo uscire di casa presto, non intendo arrivare in ritardo, anche perché poi..."
Le parole di Ron non furono ascoltate da Harry, che pensava a tutt'altro.
Ci sarebbe stato anche lui alla partita. Lo sapeva perché glielo aveva scritto in una delle lettere. E sinceramente non vedeva l'ora che l'indomani arrivasse.
Gli mancava. Probabilmente non glielo avrebbe mai detto - Draco lo avrebbe preso sicuramente in giro - ma era così. Quell'anno avrebbero passato più tempo insieme, tutti insieme. Era giunto il momento che anche Hermione e Ron lo conoscessero come anche lui aveva imparato, e stava ancora imparando, a conoscerlo.
Adesso che era diventato più grande, adesso che si trovava nel pieno fermento dei suoi quattordici anni, età stupenda da un lato ma infernale da un altro, Harry si stava rendendo conto di come il suo corpo stesse cambiando. E aveva appreso che quella sensazione di "fastidio" che ogni tanto si ritrovava a provare, non era un fastidio, ma una cosa chiamata eccitazione.
Eccitazione sessuale, per essere precisi. E sarebbe stata una cosa normale, se non fosse stato per un piccolo dettaglio: lui quelle cose le provava quando pensava a Draco, molto spesso anche quando lo sognava. E la cosa lo metteva in imbarazzo.
I suoi coetanei probabilmente pensavano alle ragazze, lui invece no. E già da qui poteva capire di essere un po' diverso da tutti gli altri.
E poi... pensarlo in quel senso era stupido. Pensarlo in quel senso avrebbe significato provare attrazione, cosa che non era possibile. Non con un ragazzo, non con lui. Provava affetto sì, molto affetto. Ma l'affetto e la pulsione sessuale erano due cose diverse che non dovevano tra loro mescolarsi.
E l'affetto non era amore. Questo se lo era ripetuto più di mille volte a mente.
Era solo un amico, nulla più. L'amore era un'altra cosa, l'amore portava guai, l'amore era un sentimento troppo grande per lui, ancora così giovane e inesperto.
Ma nonostante lo sapesse, non poteva fare a meno di preoccuparsi.
Quella notte andò a letto con il cuore leggero. Tolte le stupide preoccupazioni e i dubbi, si sentiva inspiegabilmente felice.

Il giorno seguente, Harry e la famiglia Weasley, dopo essersi caricati di tende e tutto ciò che poteva servire per una nottata fuori, lasciarono la Tana.
Vicino lo stadio dove la partita si sarebbe svolta, c'era un campeggio in cui avrebbero successivamente dormito.
Dopo aver sistemato la tenda, Harry si stiracchiò, guardandosi intorno: c'erano altri tifosi accampati, e, sopra di lui, le stelle stavano iniziando a prendere il posto del sole ormai morente.
Tutto perfetto. O quasi.
"Ebbene, quanto ancora devo cercarti?"
La sua voce era sempre inconfondibile, l'unica cosa che probabilmente Harry avrebbe riconosciuto tra mille. Draco lo osservava a braccia conserte e imbronciato. Respirava a fatica, come se fosse stanco.
"Hey, ciao - lo salutò il corvino con eccessiva allegria - non sapevo fossi già qui"
"Sì, beh, sono accampato dall'altra parte, sono ore che ti cerco. Carina la tua tenda. E' la prima volta che assisti ad una partita di Quidditch?"
"Esattamente - rispose guardandolo - sai, sono... davvero felice di vederti"
Perché lo guardava così? Draco non avrebbe saputo dire se la cosa lo infastidisse o meno. No, probabilmente no. Probabilmente la cosa lo lusingava e gli faceva piacere.
"Sì... sono contento anche io" - rispose a bassa voce.
E a quel punto per Harry fu naturale sorridere. Sapere di essergli mancato... era bello.
Ron uscì dalla tenda, raggiungendo l'amico.
"Hey Harry... cosa ci fa lui qui?!"
"Non è una zona privata questa, Weasley" - rispose l'altro acido.
"Ragazzi, non cominciate..."
Dopo Ron arrivò Hermione. Guardò sorpresa il biondo, facendosi avanti senza però parlare. Era intenzionata a capire.
"Non preoccuparti, comunque me ne stavo andando..." - fece Draco.
"Perché invece non rimani con noi? - domandò Hermione senza pensare - a me a Ron fa piacere"
"Cosa? Questo non è..."
Prima che potesse finire di parlare, ecco che l'amica lo aveva zittito con un sonoro calcio. Malfoy strabuzzò gli occhi.
"Io... grazie per l'invito, ma non so se posso... sai, mio padre..."
Harry annuì. Non era mai stato molto simpatico a Lucius, e probabilmente, il fatto che lui e suo figlio fossero tanto amici, non aveva fatto altro che accrescere quell'antipatia.
"A proposito, sarà meglio che me ne vada, prima che venga a cercarmi. Ci vediamo dopo" - Draco lo salutò, dandogli una pacca sulla spalla.
A quel contatto, Harry arrossì come un perfetto idiota, mentre i suoi amici discutevano animatamente.
"Ma sei matta?! - esclamò Ron - come ti viene in mente di chiedergli una cosa del genere!"
"Che noioso, volevo solo essere gentile!" - ribatté lei con le mani poggiate sui fianchi.
"Certo, effettivamente avresti motivo, considerando che Malfoy ti ha sempre presa in giro, denigrata e chiamata "lurida Sanguesporco".
Harry era talmente distratto che praticamente non li sentì parlare. Ben presto, però, i loro animi furono quietati: la partita sarebbe iniziata di lì a pochi minuti, e per questo si avviarono dentro lo stadio. Gli occhi del corvino si riempirono di meraviglia: era tutto fantastico. Lui e gli altri raggiunsero i loro posti, e dopo vari minuti di attesa, ebbe l'inizio la tanto attesa finale Irlanda-Bulgaria.
Da amante di quello sport, Harry era completamente assolto, con gli occhi fissi sui giocatori che sfrecciavano veloci.
"Scusa, questo posto è libero?" - domandò qualcuno ad un tratto.
"Amh... sì, sì... è libero" - rispose distrattamente.
Poi però ci pensò su un attimo: non era un estraneo ad aver parlato.
Si voltò di scatto, vedendo Draco già comodamente seduto accanto a lui.
"Ma Draco - chiamò - cosa ci fai qui?"
"Pensavo che Granger mi avesse invitato"
"E io pensavo che tu non potessi"
"Infatti è così. Mi sono allontanato, e temo che quando mio padre mi troverà si arrabbierà parecchio, ma non sarebbe una novità. Certo, nella tribuna riservata stavo comodo ma... qui c'è decisamente più vita"
Draco parlava senza guardarlo negli occhi. Harry avrebbe giurato che lui fosse arrivato fin lì solo per fargli compagnia, ma subito dopo aver formulato questo pensiero l'amico lo aveva rimbeccato con un "Non ti ci abituare troppo!"
Adesso sì che era tutto estremamente perfetto. Non era qualcosa di eccezionale, ma solo il fatto di averlo lì vicino lo faceva sentire bene come non mai.
Non molto spesso Harry si soffermava a guardarlo da vicino, più che altro per paura di essere colto sul fatto. Ma adesso che lo aveva praticamente accanto a sé, ogni tanto poteva gettare l'occhio su di lui. Draco era sempre stato carino, ma crescendo stava diventando davvero... bello, doveva ammetterlo. Oramai conosceva a memoria ogni suo lineamento, espressione, avrebbe saputo dire anche ad occhi chiusi se fosse arrabbiato, felice o triste.
La partita nel frattempo procedeva, ed ogni tanto si poteva sentire Ron che passava dall'esultare all'imprecare in meno di due secondi. Draco si era portato una mano sulla testa dicendo che sicuramente sarebbe tornato a casa con il mal di testa.
Dopo che Krum, della squadra Bulgara, aveva preso il boccino d'oro, Draco si avvicinò ad Harry.
"Mi sa che quest'anno perdiamo. Ma se vinciamo giuro che potrei baciarti"
Harry sentì il proprio cuore perdere un battito. Era stata una frase detta per scherzo, una di quelle che tra amici si dicevano sempre.
Ma stupidamente stava sperando che ci fosse un fondo di verità, e che la loro squadra vincesse!
Nonostante la paura di Harry, la squadra Irlandese segnò il punto vincente, accaparrandosi la vittoria. Vi fu un boato, ed Harry si alzò per esultare, contento.
"Ah, abbiamo vinto, evviva! Sono super felice!"
"Anche io" - rispose l'altro con un sorriso a trentatrè denti. Poi, probabilmente a causa del troppo entusiasmo, entrambi si lasciarono andare ad un gesto al quale in tre anni, quasi quattro, non avevano mai avuto il coraggio di lasciarsi andare: si abbracciarono. Un abbraccio amichevole, ma comunque strano.
Harry si rese conto di stare stringendo proprio il suo corpo, il che gli causò una scarica di adrenalina non indifferente. E Draco, che assai raramente si lasciava abbracciare, riscoprì la bellezza e il calore di un gesto donato con sincerità.
Si staccarono poco dopo, imbarazzati e accaldati, mentre intorno a loro era il caos e la festa più totale. Harry gli rivolse un sorriso, nella speranza di non essere stato troppo impulsivo: sapeva quanto l'amico non amasse il contatto fisico. Ma quando l'altro ricambiò con una risatina che non seppe interpretare, si sentì decisamente più sollevato.
Era andata. Dopo la partita tornarono tutti all'accampamento, dove adesso regnava la totale allegria e spensieratezza. Draco avrebbe dovuto teoricamente tornare nella sua tenda, ma lì, sorprendentemente, si stava divertendo troppo.
Nell'aria si udiva il rumore delle cicale, un leggero brusio in sottofondo, l'erba profumava, e stare accanto ad Harry in quel momento sembrava la cosa migliore che avrebbe potuto esserci.
"E' la prima volta che passiamo una sera d'estate insieme, non è così?"
Con tono pacato, Draco gli stava parlando con le mani dietro la testa, steso sul manto d'erba fresco e gli occhi chiusi.
"Precisamente. Forse potremmo anche vederci fuori da scuola, ogni tanto" - provò a proporre.
"Ma sì, organizziamo pigiama party e passeggiate romantiche, che dici?" - domandò con sarcasmo.
Harry alzò gli occhi al cielo, cambiando poi discorso.
"Comunque sia, teoricamente mi dovresti un bacio"
"Eh? - il biondo aprì gli occhi - perché?"
"Umh, "se vinciamo giuro che potrei baciarti" - lo imitò - i giuramenti si onorano"
"Oh-oh - ridacchiò l'altro - e sentiamo, dov'è che vuoi questo bacio? Sulla fronte? Su una guancia? O forse sulle labbra...!"
"Ah, piantala, sei così irritante!" - borbottò il corvino con grande imbarazzo.
Non poteva a spiegare a se stesso il desiderio di quel bacio che però, lo sapeva, non ci sarebbe stato. Perché erano amici, e gli amici non si baciavano così.
Seduti a qualche metro di distanza, Ron ed Hermione guardavano i due conversare.
"Tsk, ma tu guarda! - borbottò il primo - mi sento messo in disparte, voglio dire, perché Harry passa sempre tutto il suo tempo con lui? Dice sempre che sono io il suo migliore amico, e invece..."
"Sai Ron, penso che dovresti imparare a guardare oltre ciò che vedi" - sospirò l'altra.
"Mh? - domandò lui - io non vedo niente!"
"Ah, senti, lascia perdere" - sospirò sconfitta. Forse, sperare che Ron capisse era troppo.
Nel frattempo, Draco aveva smesso di inveire sul povero Harry, ed era diventato serio.
"Umh... come mi hai trovato? Diverso come l'anno scorso?"
Sì, diverso. Sei sempre più bello, sempre più affascinante, e la cosa mi spaventa abbastanza.
"No, sei sempre uguale" - rispose distogliendo lo sguardo.
Oramai guardarlo negli occhi era diventato più difficile del solito.
Avanti, guardalo stupido, è tuo amico. Forse dovresti provare a dirgli quello che senti, nella speranza che non ti prenda in giro.
"Umh... Draco..."
Harry fece per parlare, ma in realtà non riuscì mai a concludere la frase. Ad un tratto fu il caos. Il campo fu attaccato da quelli che poi scoprì essere dei seguaci di Voldemort. In seguitò non ricordò molto, se non il braccio di Draco attorno al suo corpo, ed infine il cielo illuminato dal simbolo del Marchio Nero. Una luce verdastra, che lasciò posto poi al buio.
Trovò il coraggio di aprire gli occhi solo diverso tempo più tardi, e quando sollevò lo sguardo, si accorse di come l'amico si guardasse intorno con aria stranamente preoccupata.
"Oh, Harry..." - disse lui distrattamente.
"Cosa... cosa...?"- balbettò ancora stordito. A quel punto Draco si sentì chiamare, capendo che fosse oramai giunto il momento di andare. Si staccò da quello che era una sorta di abbraccio, lasciando il corvino da solo.
"Harry! - Hermione lo raggiunse, afferrandolo per mano - vieni, andiamo via di qui!"
E fu trascinato via. A quanto pare, i festeggiamenti si concludevano lì.

La scelta giusta. (DRARRY)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora