Capitolo 5 - reflection -

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"Sei sicura che non ci siano problemi? Sono i tuoi soldi, non dovresti spenderli per me." La domanda sembrava alquanto stupida, considerando, che dopo avermi fatto provare quasi l'intero negozio, Pansy aveva raggiunto la cassa con almeno trenta abbinamenti diversi tra le mani. Draco -che fino a quel momento aveva deciso di vivere l'esperienza seduto su una delle panchine nei camerini, e non si era mosso da lì, se non per andare a prendere di tanto in tanto qualcosa che gli suggeriva sua sorella, e che poi automaticamente veniva lanciato nel mio camerino- ci seguì, con la faccia spalmata sul suo cellulare. Mi chiedevo cosa stesse facendo di così interessante da non riuscire a staccare gli occhi dallo schermo.
"Suvvia, smettila di lamentarti, ti ho detto che lavori per me, no? Prendilo come un pagamento anticipato." Non seppi se dovermi calmare o meno a quelle parole. Ero felice di avere finalmente qualcosa da mettere, ed ero doppiamente felice, sapendo di non aver mai avuto nulla di mio in quell'ambito. Era da quando i miei genitori erano morti che indossavo gli abiti smessi di mio cugino Dudley, forse Pansy nemmeno si rendeva conto di quanto stesse in realtà facendo per me... Annuii e lasciai che pagasse.
"Bene, direi che questo può bastare. Adesso io credo proprio che andrò a fare un giro per me stessa. Cosa ne dite di andare ad aspettarmi da qualche parte? Approfittate per portare le busta in macchina."  Come al solito Pansy non aspettò che io e Draco fossimo d'accordo con la sua proposta e non si confrontò in alcun modo con noi, lasciandoci semplicemente in mezzo ai negozi. Sospirai e guardai Draco, per accertarmi che non fosse infastidito dalla situazione.
"Non credo che la vedremo presto." Disse lui, parlando per primo. Mi stava guardando, e il suo volto esprimeva tranquillità mista a un pizzico di curiosità, quasi mi stesse chiedendo con gli occhi che cosa avessi intenzione di fare. Era strano vederlo propenso a passare del tempo con me, ma non potevo dire di conoscerlo abbastanza da sapere che quello che percepivo io, fosse davvero ciò che lui provava. Magari stava soltanto cercando di essere simpatico con me per non dare un dispiacere a Pansy.
"Credi che dovremmo seguire il suo consiglio e andare a mettere questa roba in auto?" Era esattamente quello che volevo fare io, ma chiedere la sua opinione mi sembrava più educato.
Lui annuì. Ce la prendemmo con calma, passeggiando per il parcheggio, anche quando, dovemmo tornare indietro verso il centro commerciale. Draco accese una sigaretta, ed io per poco non mi inginocchiai ai suoi piedi. Erano giorni che non fumavo, e il solo rumore dell'accendino che dava fiamma alla sigaretta, riuscì a farmi sentire l'astinenza.
"Posso?" Chiesi, allora, con più gentilezza di quanta ne possedessi realmente. Draco guardò prima me, poi la sigaretta.
"Fumi?" Chiese passandomi la sua già accesa e accendendosene un'altra. Presi un tiro e assaporai il sapore familiare del tabacco. Mi era mancato, ed era strano che me ne rendessi conto soltanto adesso che ci facevo caso. In realtà non mi era mai piaciuto fumare, ma erano gli unici momenti della mia vita in cui facevo qualcosa soltanto per me stesso. Era stata per molto tempo un'abitudine della quale non avrei potuto fare a meno, e adesso più che della sigaretta stessa, sentivo la nostalgia di quei momenti.
"Non direi, è solo che fino ad ora il pacchetto di sigarette era l'unica cosa che concedevo a me stesso. Non so se riesci a capirmi, ma era l'unica cosa che facevo di mia spontanea volontà, solo per il gusto di farla..." Confessai. Draco annuì.
"Dovresti smettere. Il fumo non ti si addice. E poi scommetto che ci sono centinaia di cose migliori che potresti fare per te stesso." Chissà perché ogni cosa che usciva dalla bocca di Draco sembrava un insulto, ma poi alla fine si rivelava un consiglio tenero e fraterno. Sorrisi, incapace di fare altro.
"Sì, probabilmente hai ragione." Mormorai.
Finito di fumare, andammo alla ricerca di un posto in cui passare il tempo, e alla fine optammo per una libreria. Mi ero già accorto che a Draco piacessero i libri, ma quando passammo davanti alla libreria e lui si fermò a guardare le vetrine, rapito, ne ebbi la conferma, e proposi di entrare. Inutile dire che, malgrado la mia voglia di tagliarmi le vene, rimanemmo lì dentro più del dovuto. Draco passò in rassegna ogni copertina di ogni tomo di ogni scaffale. Era frustrante e allo stesso tempo maledettamente attraente. Era come se i miei occhi si rifiutassero di lasciar vagare lo sguardo dalla sua figura anche solo per un istante. Mi ritrovai, quindi, a seguirlo come un cagnolino fedele, fino a quando, quasi due ore dopo, non mi guardò. Il cuore prese a battermi un po' più forte.
"I libri." Disse. Aggrottai le sopracciglia, confuso dall'improvviso scatto.
"Co-cosa?"
"La sensazione che hai quando fumi una sigaretta; è la stessa che provo io quando leggo un libro." Confessò. Aprii la bocca, provando a dire qualcosa, ma non riuscii a trovare la cosa giusta, così alla fine rimasi in silenzio. Draco scrollò le spalle, visibilmente pentito dallo slancio di sincerità, che coprì, andandosene a passo svelto, e lasciandomi indietro.
Per diversi secondi guardai la sua figura farsi sempre più piccola davanti a me. Il codino biondo che ondeggiava a destra e sinistra mentre camminava, le spalle larghe coperte dal cappotto... mi chiedevo che cosa gli passasse per la testa, volevo saperlo.
"Draco! Aspettami!" Urlai, pieno di vergogna. Lui si bloccò, meravigliato, e si voltò verso di me. I suoi occhi grigi erano così chiari da lasciarmi sfuggire un sospiro.
"Sembri un bambino che perde la mamma alla cassa del supermercato." Mi schernì, ma come al solito, nel suo tono non vidi nulla che non fosse calma e tranquillità. Non c'era alcuna malizia in quello che mi diceva.
"Sul serio come facevi a far parte di una banda? Non riesco proprio a immaginarlo." Continuò. Sorrisi, mio malgrado. Aveva ragione, non mi era mai piaciuto fare il duro ed occuparmi di affari loschi, forse ora che avevo una scelta, avrei preferito essere qualcuno di diverso. Scelta? Quale scelta credevo di avere? Il sorriso che mi aleggiava sulle labbra si spense nell'attimo esatto in cui capii che forse non era cambiato nulla. Ero in un'altra banda, senza un soldo e senza una casa mia, e per l'ennesima volta qualcuno mi stava dicendo cosa fare e dove andare, e anche se questa volta le persone che lo facevano mi piacevano, questo non cambiava la realtà dei fatti: io ero ancora in trappola.
"Presumo che la banda fosse l'unica via." Dissi, dopo averci pensato.
"Arriva il momento per tutti di fare una scelta. Non importa quanto sia difficile affrontarla: se vuoi qualcosa, devi avere il coraggio di andare a prenderla. Tutto il resto sono scuse patetiche per i falliti." Draco era sincero, e parlava guardandomi fisso negli occhi. "Quindi tu sei qui perché lo vuoi?" Ero certo che non fossero fatti miei, e ancora più certo che la mia fosse una domanda scomoda e impertinente alla quale Draco non avrebbe risposto. Rimasi, quindi, di sasso, quando lui prese parola.
"All'inizio mi sono affidato alla banda perché credevo fosse l'unica soluzione, e che un giorno avrei avuto la mia occasione per vivere una vita normale, ma con il passare degli anni i miei piani sono cambiati. Pansy vuole la banda, quella è la sua famiglia, e non la lascerebbe nemmeno se io la implorassi... e io non lascerei lei. Quindi sì, questo è quello che voglio: rimanere insieme a lei." Se Pansy non mi avesse rivelato il loro rapporto, in quel momento mi sarei convinto ancora di più che fossero fidanzati. Di nuovo quella punta di invidia che avevo sentito precedentemente, si fece sentire, e io fui troppo pigro per metterla a tacere di nuovo, così lasciai vagasse libera dentro di me.
"Boyyyyys!" Una voce che ormai avevo imparato a conoscere fin troppo bene, ci raggiunse, interrompendo il nostro piccolo scambio di opinioni.
"Ci hai messo tutto questo tempo e non hai comprato niente?" Draco la guardò, irritato. Lei si aggiustò i capelli, leggermente scombinati, e sorrise allegra.
"Mi deve essere passato di mente."
"So perfettamente a che gioco stai giocando, e sappi che farò finta di niente, ma solo perché questa volta non sono davvero fatti miei."
"Grazie Dray."

Tornammo al Manor, e ad accoglierci in salone, c'erano più persone di quante ne avrei volute incontrare. Conoscevo Draco, Pansy, e addirittura Theo e Blaise, ma tutta quella gente in quel momento mi spaventava da morire. Pansy dovette capirlo, perché, prendendomi per mano, camminò su per le scale con passo deciso, evitandomi di affrontare il resto delle serpi. Sospirai. Da quando ero diventato così debole e condiscendente? O forse ero sempre stato così? Salimmo al piano superiore, ma invece di andare in camera di Pansy, come mi aspettavo, continuammo a salire le scale, fino a quando non arrivammo all'ultimo piano.
"Stai per rinchiudermi in una cella per torturarmi?" Chiesi ironico, mentre la ragazza apriva una botola nel soffitto.
"Per prima cosa, le celle sono nello scantinato, non in soffitta, e poi... per chi pensi che abbia fatto compere tutta la giornata? Credi davvero che spenderei tutto quel tempo per qualcuno che ho intenzione di torturare?" Rispose lei con lo stesso tono. Annuii.
Quella che lei chiamava soffitta, si rivelò essere un enorme attico dal tetto vetrato; una specie di serra gigantesca, messa sopra al palazzo. Ci dovevano essere persino state delle piante diversi anni prima, perché vasi e di tutte le dimensioni e forme erano sparsi di qua e di lá, in un cimitero di detriti e terreno.
"Bello, vero?" Chiese lei raggiante. Annuii.
Non lo avrei descritto propriamente come bello, ma sarei stato un bugiardo a dire che non mi piaceva quell'atmosfera. Era come se il tempo lì si fosse fermato, ma questo non aveva impedito alla natura di fare il suo corso. Le piante che erano state lasciate lì a morire, avevano preso vita propria, e si arrampicavano ed intrecciavano sui muri, fino a rompere diversi vetri del tetto. Era da lì che riuscivano ad ottenere acqua e sole a sufficienza per sopravvivere. Erano state abbandonate, ma avevano continuato a vivere, e questo le aveva rese più forti e rigogliose che mai. Scommettevo che Pansy si sentisse proprio come quelle piante. Io, almeno, mi sentivo così.
"Quando eravamo piccoli i ragazzi più grandi ci dicevano sempre che qui non si poteva giocare, perché c'era solo un gran mucchio di immondizia. Ovviamente come tutti i bambini che si rispettino, noi salimmo ugualmente. Ricordo ancora la delusione negli occhi degli altri, e la meraviglia nei miei. Loro riuscivano a vedere solo le apparenze, mentre io guardavo la vita."
"Dovevi essere davvero noiosa da bambina." Dissi, soltanto per alleggerire. Lei scoppiò a ridere.
"In realtà sono sempre stata al centro dell'attenzione. Sono una persona riflessiva, ma so di che cosa hanno bisogno le persone per essere felici, e ho sempre fatto quel che potevo per accontentare tutti." Si strinse nelle spalle.
"Quindi è questo quello che fai? La fata madrina delle persone in difficoltà?" Chiesi.
"Non saprei... cerco solo di fare quello che posso per aiutare tutti. È così bello vedere la gioia negli occhi delle persone, e basta così poco..." La sua voce si spense.
"E chi è che rende felice te? Cos'è quel "così poco" che ti farebbe felice?" Pansy scosse la testa, sorridendo, ma ero certo di riuscire a vedere i suoi occhi farsi lucidi.
"Io sono già felice. Ho tutto quello di cui ho bisogno qui." Disse allargando le braccia, come ad indicare il mondo circostante.
Avrei voluto indagare più a fondo della questione, ma subito mi resi conto che avrei dovuto aspettare più tempo prima che potessimo arrivare a conversazioni così profonde, quindi rinunciai.
"Tu invece? Cosa farai d'ora in poi? Hai avuto la tua seconda chance, come pensi di sfruttarla?" Forse Pansy aveva davvero dei poteri da fata madrina, altrimenti non si spiegava il suo leggermi dentro in quel modo.
"Sinceramente? Non lo so. Ci sono così tante domande senza risposta, così tanti dubbi. Credo di non aver avuto nemmeno il tempo di chiedermi che cosa stia succedendo. La verità è che per una volta vorrei prendere le mie scelte da solo. Sono così stufo di farmi trascinare di qua e di là." Ad un'altra persona, sarei sembrato un ingrato a dire quelle parole alla persona che mi aveva in pratica salvato, ma sapevo che Pansy avrebbe capito.
"Credo che dovresti prenderti qualche giorno per rifletterci. Magari un week-end, una settimana, o persino un mese. Riflettici con calma: è della tua vita che stiamo parlando." Pansy mi diede una pacca sulla spalla, questa volta senza farmi barcollare o farmi male, ma con quanta più dolcezza le riuscisse. Annuii.

Surrender || Drarry (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora