Rimasi per qualche secondo, bloccato a ridosso del muro, in dubbio su cosa fosse giusto fare, poi i miei piedi si mossero da soli, e prima che potessi riuscire a riflettere lucidamente, ero già nell'ingresso. C'erano diverse persone che uscivano, probabilmente anche loro alla ricerca di Bryan, ma quello che attirò maggiormente la mia attenzione, fu un rumore che riconobbi velocemente, e che seguii fino ad arrivare al salone principale.
Gran parte dei bambini era radunata lì. I maggiori cercavano di tenere a bada i più piccoli, seppure con scarsi risultati, e la situazione sembrava degenerare secondo dopo secondo.
"Harry!" Axel mi corse incontro, seguito a ruota da Ruby. Erano entrambi affannati, evidentemente a causa degli altri bambini, ma non parevano in alcun modo scocciati dalla cosa. Ero certo che non fosse la prima volta che rimanessero da soli, senza la supervisione di un adulto. Mi abbassai alla loro altezza e mi assicurai che stessero tutti bene.
"Sì, noi stiamo bene, ma Bryan..." Cominciò Ruby, io annuii.
"Lo so, ma non dovete preoccuparvi, Draco e gli altri sono andati a cercarlo, vedrete che presto tornerà insieme a loro." Li rassicurai. Così come i primi due, una volta avermi visto, si erano fiondati tutti accanto a me, e mi guardavano come fossi una tv sul loro canale preferito.
Il cuore batteva troppo forte, e l'ansia stava rischiando di farmi perdere la lucidità, tutto peggiorava quando la mia mente riportava alla luce le parole che Draco mi aveva rivolto poco prima. Perché mi facevano così male? Infondo lui non aveva detto nulla di sbagliato, e allora perché la verità mi stava creando tutto quel malcontento? Astrid, con i lacrimoni agli occhi, si avvicinò a me, e si sedette sulle mie gambe, mettendomi le braccia al collo. La strinsi un po', cercando di consolarla.
"Perché non sei con il fratellone?" Chiese singhiozzando. "Gli amici stanno sempre insieme." Continuò, triste. Quasi non mi misi a piangere insieme a lei. Nemmeno sapevo più cosa significava avere degli amici, mi sentivo come se fossi destinato a rimanere da solo. Ron ed Hermione non erano più con me, Pansy era sul filo del rasoio tra essere il mio capo e la mia salvatrice, e Draco... Beh lui non avevo la più pallida idea di cosa fosse.
"Bryan non si allontana mai dal Manor."
"Non è molto bravo ad orientarsi, è per questo che giochiamo sempre dentro."
I bambini cominciarono a discutere tra loro, rendendomi partecipe delle loro idee. Ero quasi sicuro che nessuno avesse chiesto la loro opinione a riguardo.
"Avete idea di dove possa essere?" Chiesi quindi. Era improbabile che ne sapessero qualcosa, ma era meglio provare. Per diversi secondi tutti si guardarono tra loro, come se si stessero chiedendo se fidarsi o meno di me.
"Sapete qualcosa che io non so?" Domandai nuovamente, di nuovo stettero in silenzio. Mi dissi che con tutta probabilità avevo solo frainteso, ma uno dei bambini che si era tenuto in disparte fino a quel momento, si avvicinò a me, con le mani dietro la schiena e la testa calata.
"Forse io so dov'è." Mormorò.
"Matt!" Urlò un altro bambino, in tono di rimprovero. Fulminai entrambi con lo sguardo.
"Che ne dite di spiegarmi cosa sta succedendo?" Cercai di essere il più calmo e paziente possibile, l'ultima cosa che volevo era farli spaventare.
"Io, Kevin e Bryan stavamo giocando a pallone nella stanza dei giochi, e il pallone è volato giù dalla finestra... Così Kevin ha sfidato Bryan ad andare a cercarlo." Confessò a bassa voce, il Kevin in questione arrossì violentemente, pieno di vergogna.
"Kev, come ti è venuto in mente! Sai che Bryan ha paura di andare in giardino da solo!" Lo sgridò subito Ruby. La mia ansia diminuì un poco.
"Mi state dicendo che è ancora in giardino?" Domandai, con la speranza di averci visto giusto. Qualcuno annuì.
"L'ultima volta si è perso nel corridoio dell'ultimo piano. E' stato lì a piangere per ore, fino a quando non l'abbiamo sentito e siamo andati da lui." Confermò Axel, maturamente. Astrid, che fino a quel momento era rimasta a singhiozzare sulla mia spalla, tirò su con il naso e si rimise con i piedi per terra, guardandomi con il suo viso serio.
"Devi andare anche tu. Tu e il fratellone potete trovarlo." Disse sicura. Se fosse stato un altro momento, probabilmente sarei rimasto a guardare la sua tenerezza, chiedendomi come potesse una bimba così piccola, essere allo stesso tempo così risoluta.
Ovviamente, però, dovetti desistere, e affidando nuovamente tutti all'attenzione e alla cura dei maggiori del gruppo, mi allontanai correndo.
Avrei voluto trovare Pansy e Draco, o almeno uno dei due, ma ci vollero solo pochi secondi per rendermi conto che sarebbe stato inutile. La cosa più sensata era cercare prima Bryan, e insieme a lui andare da tutti gli altri. Feci la strada che portava all'armeria un paio di volte avanti e indietro, stando attento ai rumori che mi circondavano, ma di Bryan nessuna traccia. Cambiai tattica. I bambini avevano detto che era uscito fuori a prendere il pallone. Feci il giro del Manor, fino a quando non riuscii a vedere le finestre della sala giochi. Il pallone doveva essere da quelle parti, e Bryan insieme a lui. Camminai lentamente nella sterpaglia, mentre il sole cominciava a calare all'orizzonte, e l'umidità della vegetazione aumentava. Un cespuglio si mosse a pochi metri da me. Mi bloccai, aguzzando le orecchie. Sentii una specie di lamento, poi un silenzio quasi surreale, interrotto soltanto dal vento tra le foglie.
"Bryan?" Provai a chiamare, ma non ottenni nessuna risposta. Il cespuglio si mosse di nuovo, e la palla rotolò fino ai miei piedi, come nel peggiore dei film horror. Presi un respiro profondo e andai verso il cespuglio, giusto in tempo per veder correre una figura verso di me.
"HARRY!" Un urlo e quella figura fu tra le mie braccia. Mi rilassai all'istante.
"Ehi, Bryan." Dissi, felice, stringendolo a me, e accarezzandogli la testa riccioluta. A differenza delle drammatiche descrizioni dei suoi compagni, lui non stava affatto piangendo, anche se dal tremore delle sue mani strette alle mie spalle e dalla voce spezzata, ero certo che avesse avuto paura.
"Sei stato qui per tutto il tempo, eh?" Chiesi, dolcemente, lui annuì sulla mia spalla. Presi il pallone, e tenendolo nell'altra mano, mi avviai verso il Manor con lui in braccio.
"Ti stanno cercando tutti, lo sai?"
"Mi dispiace, non riuscivo a trovare la strada del ritorno." Borbottò lui. Doveva avere davvero un pessimo senso dell'umorismo. Forse era proprio per quel motivo che tutti si erano preoccupati così tanto.
"Non dovresti fare quello che i tuoi amici ti dicono, se hai paura." Lo rimbeccai. Lui mise il muso.
"Questa volta pensavo di farcela. Volevo farcela. Non voglio che i miei amici credano che io sia un perdente." Si lamentò. Non potei fare a meno di sorridere.
"Avere paura o chiedere aiuto non è da perdenti, Bryan. E poi i tuoi amici non credono che tu lo sia, anche loro sono tutti preoccupati per te." Lo avvertii. Stavamo per arrivare al viale principale, quando sentii una voce che conoscevo fin troppo bene.
"Bryan!" Pansy corse verso di noi, sorpresa e sollevata allo stesso tempo. Lasciai che il piccolo scendesse e camminasse con i suoi piedi.
"Dove eri finito? Ti cercavamo tutti." Pansy lo attirò a sé, e rivolse a me un'occhiata confusa. Mi strinsi nelle spalle.
"A quanto pare si era affezionato al giardino." Mormorai. Lui si grattò la nuca in imbarazzo, e insieme alla ragazza tornò dentro, parlandole di quello che gli era successo. Sospirai, frustrato. Non mi avrebbe rivolto più la parola? Non ero certo di poterlo tollerare. Misi le mani in tasca e mi avviai fuori dai cancelli della proprietà. Quella sera non avrei dovuto lavorare, ma di tornare al Manor non mi andava. Non mi andava di stare da solo in stanza, non mi andava di evitare Pansy e non mi andava neppure di starmene a pensare a cosa passasse nella testa sua e in quella di Draco. In tutta sincerità quello che volevo in quel momento era parlare con Pansy, essere contagiato dalla sua perenne felicità, e chiederle che cosa ci fosse che non andava in Draco, ma avevo come l'impressione che lei non volesse lo stesso.
"Harry?" Come in un sogno, vidi la ragazza correre verso di me. Doveva avermi seguito dal Manor, perché dopo essermi voltato indietro, la trovai lì, a guardarmi con i suoi occhi scuri.
"Pansy." Feci in risposta. Lei aprì la bocca, prima di richiuderla di nuovo.
"Non c'è bisogno che tu dica niente. Va bene così." Dissi, vedendola in difficoltà.
"Quindi te ne stai andando?" Il mio cuore perse un battito. Sentii la bocca farsi secca e il cervello sconnettersi. Non avevo nemmeno per un'istante pensato di andar via, ma ora che me lo chiedeva lei...
"E' quello che vuoi?" Chiesi di rimando. Lei abbassò lo sguardo.
"No." Fu la sua secca risposta.
"E allora cos'è che vuoi?"
"Voglio che tu faccia parte della banda." Prese un respiro e continuò. "E non perché te lo chiedo io, ma perché lo vuoi davvero." Fece sincera. In cuor mio avevo lo stesso desiderio. Le serpi non erano una banda come le altre, lo avevo capito dal primo momento, e la libertà e la voglia di vivere che avevo da quando ero entrato in contatto con loro, era una cosa nuova e insostituibile per me. Era già passato un mese, e non mi ero mai sentito così bene.
"Non penso che a Draco faccia piacere." Dissi alla fine. Non avevo dimenticato il discorso che mi aveva fatto nemmeno un'ora prima. Pansy scosse la testa.
"Quella volta su in soffitta mi hai detto che eri stanco di fare quello che gli altri ti dicevano, e io ti ho suggerito di prenderti del tempo. Sono passati giorni, Harry, è arrivata l'ora di fare una scelta. E per una volta, dovresti prendere le tue decisioni ed andare avanti. Non importa a nessuno se sei egoista o immaturo, o persino stronzo. Fallo per te stesso." Come al solito le sue parole fecero centro pieno in quelle che erano le mie debolezze e le mie insicurezze, dandomi una scala per superarle tutte senza alcuna difficoltà. Stava a me adesso, salire quei gradini o meno.
"Anche io voglio fare parte della banda e rimanere qui. È non perché tu mi ci hai trascinato dentro con la forza, ma perché me lo merito." Mi decisi a dire alla fine, riprendendo il suo discorso iniziale. A Pansy si illuminarono gli occhi.
"Ma certo che te lo meriti. Non ci hai pensato due volte ad andare a cercare Bryan o a confortare gli altri bambini. Il mio istinto mi dice che sei nato per essere qui, e il destino ti ha fatto arrivare dritto alle porte del Manor. Come potrebbe essere una coincidenza?" Pansy aveva ragione, non c'era nessuna coincidenza, era stato il destino a farmi arrivare fin lì, ed ora era il momento di prendere le redini e trasformare il destino in realtà.
"Come faccio ad entrare nella banda?" Chiesi di getto. Pansy sorrise.Non ci fu nessuna iniziazione con il sangue, rito sacrificale o qualsiasi cosa macabra e violenta che mi sarei aspettato di sperimentare.
Al contrario, tutto quello che dovetti fare per diventare un membro effettivo delle serpi, fu presentarmi a tutti gli altri. Quella fu un'ennesima prova che il Manor ospitava una banda fuori dal comune. Ero appoggiato alla parete del salone, al fianco di Pansy, mentre i membri più grandi discutevano di qualcosa in un angolo. Ero già stato accettato, ma a quanto pareva non potevo essere uno di loro senza un ruolo, così stavano decidendo dove assegnarmi. Sperai di non tornare agli scambi di droga o allo smistamento delle armi, cose che facevo quando stavo con i Tassorosso.
"Sei stato tu a trovare Bryan, non è vero?" Mi chiese un uomo, con un sorriso gentile a illuminargli il volto scavato, mentre guardavo la sala piena di persone, con curiosità. Annuii in imbarazzo. "Ti ringrazio, mio figlio sa essere davvero sbadato." Mi informò stringendomi la mano con trasporto. Sorrisi.
"Sono Octo." Si presentò.
"È un piacere conoscerti." Ricambiai il saluto. Ovviamente non ci fu bisogno per me di dire il mio nome, dato che solo pochi minuti prima lo avevo fatto sentire a tutta la sala, sotto invito di Pansy. La stessa Pansy che in quel momento era sparita dal posto che occupava accanto a me. Mi guardai intorno, sperando di trovarla con lo sguardo e quando ci riuscii la vidi sussurrare qualcosa nell'orecchio di uno dei membri più vecchi, che annuì, quasi rasserenato dalle parole che aveva appena udito.
"Non preoccuparti, Pansy sa quello che fa." Mi rassicurò Octo. C'era qualcuno lì dentro che si comportasse in modo violento, o soltanto antipatico? Cominciavo a chiedermi se più che in una banda, mi fossi ritrovato in un monastero. A quel pensiero, mi venne in mente Draco. Era da quando mi aveva sbattuto al muro che non lo vedevo. Non mi pareva fosse nel salone, lo avrei di certo già notato, e anche Blaise e Theo mancavano all'appello, così come i bambini. Pansy tornò accanto a me, ed io non potei fare a meno di chiederle che cosa stesse combinando.
"Sono o non sono la tua fata madrina?" Rispose lei, solare. Non potei chiederle che cosa intendesse, perché i membri della banda che stavano parlando fino a quel momento, misero a tacere tutti, richiamando la nostra attenzione. Ad alzarsi fu quello che Pansy mi aveva detto si chiamasse Remus, un uomo di bell'aspetto, dai tratti rudi ma allo stesso tempo dolci. Aveva diverse cicatrici sul volto, ma i suoi occhi emanavano una certa tranquillità. Al suo fianco, con una mano appoggiata alla seduta della sua sedia, e lo sguardo attento rivolto verso Remus, c'era Sirius. Pansy mi aveva accennato che i due avevano una relazione, e dovevo ammettere che la cosa mi aveva sorpreso, e anche un po' entusiasmato. Le coppie gay non erano rare nelle bande prettamente maschili, ma di solito non erano viste di buon'occhio, ed erano mantenute perlopiù in segreto.
"Harry?" Chiamò una donna al fianco opposto di Remus. Il suo nome era Bellatrix, ed era la sorella di Narcissa, la donna che le sedeva accanto. Erano entrambe composte ed eleganti, anche se Bellatrix esprimeva un fascino più selvaggio. Mi feci avanti e li fronteggiai tutti, timoroso.
"Come già hai potuto notare, questa non è una banda. È una famiglia. Ci proteggiamo, e ci spalleggiamo in tutto, dai più piccoli ai più grandi. Nessuno viene lasciato indietro." Cominciò, Remus annuì e prese la parola.
"Pansy ci ha spiegato quello che hai fatto per i bambini e quanto loro ci tengano a te." Disse sicuro. Mi voltai verso la diretta interessata, che mi rivolse un'occhiolino.
"Ed è per questo che il ruolo che ti assegniamo, è quello di prenderti cura di loro. A tempo pieno e indeterminato." Riuscii quasi a immaginare il martelletto del tribunale che sbatteva rumoroso sul banco, segnando il verdetto. Rimasi a bocca aperta.
Ora ero sicuro che quella fosse una banda fuori dal comune.
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Surrender || Drarry (in revisione)
Fanfiction[...] Bloccai lo schermo e misi il cellulare in tasca, mettendo la mano sulla pistola. La sigaretta mi cadde dalle labbra e finì per terra. La lasciai dov'era, avviandomi verso la fonte del rumore. Non c'erano dubbi. Era stato uno sparo. [...] "No...