Capitolo 3 - golden cage -

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Mangiai con foga quello che Pansy mi aveva lasciato sul comodino, apprezzando i biscotti al cioccolato come se non ne avessi mai mangiato in vita mia. Persino il latte, ormai freddo, pareva essere oro colato.
Riprese un po' di energie, mi alzai dal letto e attraversai la camera, trovando la porta per il bagno proprio accanto all'armadio. Approfittai della calma, e mi feci anche una doccia calda, che lavò via un po' della stanchezza mentale che avevo accumulato negli ultimi giorni.
Pansy aveva dovuto pensare a tutto, perché accanto al lavandino c'era un grande telo per asciugarmi e una tuta pulita, che indossai con piacere. Non ero mai stato un tipo troppo ordinato, ma starmene con gli stessi abiti per diversi giorni, buttato su un letto polveroso e sbattuto più volte a terra, non era stata una sensazione idilliaca nemmeno per me.
Mi guardai allo specchio. Avevo quasi ripreso le sembianze di una persona normale, se non si contavano gli innumerevoli ematomi violacei che costellavano il petto e le gambe.
La faccia era stata risparmiata, forse in rispetto di quelle "regole" a cui Pansy aveva accennato. Era probabile che un ragazzo pieno di segni visibili di una violenza subita, non riscuotesse troppo successo nei compratori.
Sospirai e uscii dal bagno, avviandomi verso l'unica altra porta presente.
Lo sconforto riprese possesso di me non appena abbassai la maniglia e mi resi conto che la porta rimaneva bloccata. Era chiusa a chiave.
-Fantastico, un altro rapimento.- Mormorai a me stesso. Non avevo nemmeno la forza di farmene una ragione, così mi limitai a riappoggiarmi sul letto.
Avrei voluto sapere che cosa stavano facendo Ron o Hermione. Se avevano provato a cercarmi, o se i miei tutori gli avevano rifilato una qualche scusa per non evitare che ciò accadesse. Immaginavo che i Dustley non patissero la mia assenza.
Probabilmente, invece, credevano che fossi scappato di casa o qualcosa del genere... avrebbero detto in giro di avermi mandato in qualche collegio e risolto tutto.

Non sapevo quanto tempo fosse passato, ma ad un certo punto, mentre il sole calava all'orizzonte, Pansy mi venne a trovare.
Aveva i capelli puliti e piastrati che le ricadevano sulle spalle, indossava dei jeans attillati e un top nero, coperto da una giacca di pelle, della stessa fattura degli stivali alti che calzava ai piedi. Era persino truccata, così che delle occhiaie non era rimasto nulla se non un invisibile alone.
-Bene, ti sei svegliato, finalmente. Hai dormito per tipo un giorno intero. Sono venuta a controllare le tue condizioni un paio di volte, ma non sembrava che volessi aprire gli occhi... ho addirittura cominciato a pensare che fossi morto.- Parlava a raffica, come se avesse preparato le parole da tempo e avesse paura di essere interrotta. Aggrottai le sopracciglia.
-Cos'è? Mi hai salvato la vita per rinchiudermi di nuovo in gabbia? Se credi che adesso mi senta in debito con te e diventi una specie di tuo schiavetto... te lo puoi anche scordare.- Mi ero sollevato, appoggiando la schiena contro la parete, per evitare si sembrare in una posizione inferiore. Pansy si grattò la nuca, in imbarazzo.
-Sei fuori strada, davvero.- Parò le mani avanti. -Mi dispiace per la porta chiusa a chiave, era solo una precauzione.- Era chiaro si sentisse in colpa per il fraintendimento.
Io, però, non mi rilassai.
-Una precauzione? Sul serio? Cosa dovrebbe significare?-
-Ascoltami, io so che sei innocuo... un po' ribelle, certo, ma quello non non è un grosso problema. Il problema è che i miei non si fidano di te. Ed è del tutto normale. Non sanno che cosa ci facevi lì in quella sala, e temono tu sia una spia dei Grifondoro o qualcosa di simile.- Mi raccontò.
I suoi? Parlava dei suoi genitori o della sua banda? E poi perché non mi aveva lasciato sul ciglio della strada se sapeva che non si sarebbero fidati di me?
-Io? Una spia dei Grifondoro? Non mi mischierei a quella feccia nemmeno se mi pagassero. Tu di chi parli? Chi sono i tuoi?-Chiesi, omettendo il fatto che fossi componente di una banda.
Per quanto avessi passato i due giorni precedenti in compagnia di Pansy, e l'avessi trovata addirittura simpatica e piacevole, questo non significava che la conoscessi.
Se lei fosse stata invischiata in qualche banda rivale dei Tassorosso e io avessi nominato la persona sbagliata, mi sarei ritrovato in un attimo una pistola alla tempia.
Per fortuna lei non sembrò disprezzare la mia curiosità. Si sedette accanto a me e mi guardò per un lungo istante, come fossi un cucciolo di cane smarrito dal quale non ci si riesce a separare.
- D'accordo. La prima cosa che devi sapere, è che siamo al Manor, quello che tutti chiamano il rifugio delle Serpi. Da quello che vedo tu non sei dei dintorni, e siamo decisamente lontani dalla tua città. Questo significa che di qualsiasi gruppo tu faccia parte, probabilmente non sei nel nostro mirino. Noi Serpeverde non abbiamo una bella nominata qui in giro... in effetti siamo messi al pari di ogni altra banda criminale, ma la realtà è che facciamo ben altro. Se ne avremo occasione e deciderai di rimanere qui, te ne parlerò più a fondo. Comunque ti ho portato con me perché non sembravi uno che voleva tornare a casa. Chiunque ti abbia venduto, è lì che ti aspetta, e per quanto possa sembrare allettante, non credo che correre tra le braccia del proprio esecutore sia un'idea allettante. In conclusione: qui non sei prigioniero di nessuno e sei libero di andartene quando e dove vuoi. Voglio solo che tu sia certo di quello che stai facendo, prima di farlo.- Pansy mi guardò fisso negli occhi. Era davvero sincera. Si poteva capire dalla sicurezza con la quale erano intrise le sue parole.
Stetti per risponderle, ma una voce interruppe la mia, prima che riuscisse ad uscire dalle mie labbra.
-Pan, ti sto aspettando da dieci minuti nell'ingresso. Possiamo andare, per favore? Non ho tutto il giorno.- Il ragazzo, fermo davanti all'uscio, non accennò minimamente a guardare nella mia direzione, così ebbi modo di guardarlo con attenzione.
Aveva i capelli biondo cenere legati in un codino alto, le iridi chiare erano fisse su Pansy. Indossava il suo stesso identico stile di abbigliamento, tranne per i guanti da motociclista che gli coprivano le mani. Motociclista, moto... possibile che fosse stato lui quello a trasportarmi lì?
Non lo chiesi ad alta voce, ma seppi con certezza di essermi imbambolato a guardarlo, quando Pansy, alternando lo sguardo tra me e lui, non si schiarì la voce.
-Dray lui è...- Pansy si bloccò, e mi ricordai che non le avevo mai detto quale fosse il mio nome. - Harry.- Borbottai distrattamente. Lei annuì con un sorriso.
-Harry, ti presento Draco.-
Ero certo di riuscire a percepire un certo orgoglio nella sua presentazione.
Draco. Dray. Era lui, quello con cui l'avevo sentita parlare davanti alla porta.
Doveva essere il suo fidanzato o qualcosa del genere. L'affetto che provavano l'uno per l'altra era chiaramente visibile, e innegabile.
Draco non fu particolarmente felice della nuova conoscenza, al contrario mi lanciò un'occhiata diffidente, prima di dire alla ragazza che l'avrebbe aspettata soltanto per due minuti, e che se non si fosse presentata, se ne sarebbe andato senza di lei. Rimasi in silenzio mentre se ne andava, continuando a guardare la porta vuota per qualche secondo.
-Lascerò la porta aperta, ti va? Anzi, lascio la chiave qui sul comodino. A te la scelta di aprirla o meno. Solo... preferirei tu non scorrazzassi troppo per il Manor. Non sono sicura che i ragazzi tengano le mani al proprio posto e sicuramente non posso assicurarti che lo facciano le ragazze.- Mi rivolse uno sguardo malizioso. -Ah quasi dimenticavo. Ti piace la cioccolata, vero? Ti ho riempito il cassetto solo di quella. Ho pensato che a tutti piace la cioccolata, quindi... beh, io vado. Ci vediamo più tardi. Spero.- Senza che io avessi il tempo o la prontezza per dire qualcosa, qualsiasi cosa, Pansy corse fuori, lasciandomi solo.
-Che cosa cazzo è appena successo?-
Non potevo credere di trovarmi sul serio in quella situazione. Capivo la droga, lo scambio di esseri umani e persino la prostituzione, ma Pansy da dove usciva fuori? Insomma, quando avevo accettato di far parte dei Tassorosso, avevo acconsentito ad essere parte di quel mondo, e adesso come facevo a trovarmi in quella situazione surreale? Mi alzai e mi affacciai alla finestra, aprendola e guardandomi intorno. Riuscii a vedere la testa bionda di Draco e quella di Pansy attraversare il vialetto principale per poi sparire in una macchina nera sportiva. Sospirai. Dalle diverse ore di viaggio che mi avevano condotto dai Grifondoro e il tempo impiegato per arrivare al Manor, sospettavo che ovunque fossimo, nessuno conosceva i Tassorosso o Cedric. Poteva essere positivo, ma come avrei fatto a tornare indietro? Il mio cellulare e la mia pistola erano da qualche parte nella villa dei Grifondoro, e io non avevo la più pallida idea di cosa fare. Pansy, per giunta, aveva ragione. Come potevo anche solo pensare di tornare lì, senza un piano? Probabilmente la scelta migliore era scoprire chi era DD e agire di conseguenza. Chiunque fosse, non mi voleva tra i piedi, e se io mi fossi presentato di nuovo nella mia città, incolume e illeso, senza sapere chi voleva farmi fuori, non ci avrei messo molto a trovarmi in una buca per morti.
Aprii il cassetto e trovai diverse stecche di cioccolata. Ne presi un pezzo e lo mangiai.
Nel cassetto c'era anche un libro.
Sembrava un vecchio albo. Lo sfogliai, distrattamente. C'erano foto di bambini, feste di compleanno, torte e matrimoni, quasi come fosse un album di famiglia. Una foto in particolare attirò la mia attenzione. Erano due bambini: la femmina, dai corti capelli neri e la faccia furba, stava tirando la manica della maglietta di un ragazzino più grande; un biondino dalla faccia seria. Scossi la testa divertito, era palese che fossero Draco e Pansy. E sembravano davvero legati.
Passai il resto del tempo a guardare il soffitto e alla fine, quando fu notte inoltrata, mi addormentai.
-Forzq, sveglia, dormiglione.- La voce di Pansy fu tanto vicina da farmi spaventare.
Mi alzai di scatto e me la ritrovai a cavalcioni su di me, con gli occhi grandi di bambina curiosa. Arrossii di colpo e la fissai a disagio.
- Potresti...?- Indicai con un gesto imbarazzato la sua posizione. Lei guardò in basso, poi annuì e si lanciò accanto a me.
-Scusa, mi sono lasciata prendere dall'emozione. Non credevo che ti avrei rivisto qui dentro.- Era davvero allegra. Io sbuffai. Nemmeno io ero convinto di aver fatto la scelta giusta a rimanere lì. Era assurdo pensare di fidarmi di una tipa che nemmeno conoscevo, tanto meno ora che sapevo che la sua banda sospettava di me. Dovevo però ammettere, di aver dormito serenamente tutta la notte, e a discapito della porta aperta, nessuno aveva cercato di uccidermi o aveva fatto irruzione. Nessuno tranne Pansy. Ma stavo cominciando a capire che lei fosse un caso a parte.
-Non so se sia più stupido io a rimanere qui o tu a fidarti di me.- Borbottai incredulo, lei sorrise, per nulla offesa dalla mia affermazione.
-Forse lo siamo entrambi, o nessuno dei due. Insomma, cosa c'è di male a fidarsi? Tu non mi hai mai fatto del male, e io ti ho salvato la vita quindi...-
-Non dire che siamo pari perché non mi sembra davvero questo il caso.- La bloccai prima che potesse continuare. Annuì.
-No, infatti, non siamo pari. Tu hai un debito con me, un debito bello grosso in realtà.- Si dondolò con le gambe al bordo del letto, prima di girarsi verso di me e sorridere. -Che ne dici di sdebitarti, lavorando con me?- Il fatto che stesse promuovendo la cosa come una costrizione, ma che invece del "per" stesse usando il con, mi fece addolcire.
- Non avevi detto che ero libero di andare via quando e come volevo?-
-Certo, ma questo era prima che tu decidessi di rimanere qui al Manor di tua spontanea volontà.- Mi fece l'occhiolino.
-Sono di nuovo in gabbia, non è vero?-
-Non farla tragica... forza, andiamo. Abbiamo bisogno di qualcosa di decente da metterti addosso.- Mi prese per il polso e mi trascinò fuori dal letto. Stetti per chiederle almeno di lasciarmi fare una doccia, ma lei era già partita in quarta.
Attraversammo il corridoio e salimmo al piano di sopra. Andava talmente veloce che ebbi soltanto i tempo di capire che ci trovassimo in una grossa villa su più piani, dai corridoi in pietra, freddi come non mai, che si aprivano in molteplici camere, quasi tutte da letto.
Ci fermammo davanti all'ultima della fila, e senza nemmeno bussare, entrammo. Mi sarei aspettato fosse la stanza di Pansy, ma non appena alzai lo sguardo, quello che vidi mi fece battere il cuore un po' più forte.
Draco se ne stava sdraiato sul letto, a petto nudo e con un libro tra le mani. La pelle chiara rifletteva leggermente la luce del sole, creando una strana ed eterea visione, nella quale mi crogiolai per diversi secondi, prima di rendermi conto di poter sembrare un pervertito. Draco, dal canto suo, alzò lo sguardo dal suo libro per qualche attimo, e una volta assicuratosi che ci fosse Pansy, ritornò alla sua lettura. Non sembrava per nulla sconvolto dall'irruzione di Pansy o dalla mia presenza, e mi resi conto che probabilmente alla ragazza non piaceva troppo bussare.
-Dray prendo in prestito qualche vestito.-
Lo avvisò lei, anche se aveva già la testa infilata nel suo armadio. Per un secondo ebbi come la sensazione che a Draco desse fastidio, anche se cercò di non darlo a vedere.
-Non potresti portare il tuo giocattolino da un'altra parte?- Disse solo.
Anche se non lo avrei mai ammesso ad alta voce, quelle sue parole mi infastidirono davvero tanto. Pansy al contrario, continuò a parlare tra sé, chiedendosi quali dei vestiti di Draco mi sarebbero stati meglio.
Alzai gli occhi al cielo e mi dissi che rispondere a tono non sarebbe stata la scelta migliore.
-Che problema hai con me?- Evidentemente la mia bocca non era d'accordo con il mio cervello, e non appena pronunciai quelle parole, ebbi l'istinto di mettermi una mano sulla bocca e tacere per sempre.
Per fortuna non lo feci. Un gesto del genere mi avrebbe fatto sembrare il peggiore dei codardi, e per quanto preferissi sembrare un codardo che prendermi un ennesimo pugno nella pancia, avevo ancora un po' di orgoglio.
-Preferirei che stessi lontano da Pan, o meglio ancora che lei stesse lontana da te, ma a quanto pare non si può avere tutto dalla vita.- Nessun pugno, nessuna occhiata omicida, solo la sua voce roca, dietro la copertina verde del libro che stava leggendo.
Ricominciai a respirare.
-Trovati! Possiamo andare!- Pansy richiuse l'armadio e mi trascinò di nuovo via, felice. Possibile che non avesse sentito nemmeno una parola del mio scambio con il suo ragazzo/amico? Rivolsi un ultimo sguardo all'interno della camera. Draco mi stava fissando. Rabbrividii e seguii la ragazza.

Surrender || Drarry (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora