Capitolo 26 - family issues -

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<<Che cosa ci fate qui?>> Riuscii a dire, tenendo gli occhi fissi in quelli di mio zio, con aria di sfida. Lui sbuffò, infastidito. Ce ne rimanevamo nell'ingresso, tutti in piedi e nervosi.
Sarei voluto andare in cucina, per evitare che i miei amici si preoccupassero troppo, ma non mi sarei mai sognato di fare gli onori di casa in una casa non mia, e soprattutto, non avevo la minima intenzione di invitare quei due soggetti ad accomodarsi.
<<E lo chiedi, ragazzo? Prima sei scappato via chissà dove e chissà con chi, sputando in faccia alla famiglia che ti ha cresciuto e accolto in casa sua. E adesso, hai avuto il coraggio di venire qui, nella mia città, nella mia stazione di polizia, e denunciare tuo cugino con un mucchio di fandonie?>> Fece sprezzante, avvicinandosi a me, probabilmente intenzionato a colpirmi.
Cedric, che era ancora con i piedi piantati davanti a me, alzò in aria la mano, intimandolo indirettamente a rimanere dov'era. Lo ringraziai mentalmente.
<<Ricordati di essere in casa mia, Dursley. Quindi abbassa i toni o gira i tacchi e vattene.>> Gli intimò, Cedric, ringhiando come un cane rabbioso. Zio Vernon mi lanciò un'occhiata furiosa, poi però dovette capire che quello non era affatto il suo territorio, e rientrò nei suoi limiti, seguendo Cedric verso la cucina, dove ci sedemmo tutti quanti. Io e Cedric da un lato ed i miei zii dall'altro. A dividerci c'era solo il tavolo, che ringraziai con tutto il cuore.
Già mi costava troppo respirare la stessa aria di quei bastardi, figuriamoci sedermi vicino a loro.
<<Sei stato con questa banda di criminali per tutto il tempo, non è vero? E adesso avete messo in scena un bel siparietto per farcela pagare.>> Il suo tono si era ridotto ad un sussurro, ma la rabbia non era diminuita di una virgola, mentre mio zio, con le mani strette in due pugni, mi teneva inchiodato con lo sguardo.
<<Non contate così tanto per me da farmi venire in mente di farvela pagare. Credetemi, a me non importa un cazzo.>> Sbottai, furioso. Zia Petunia rabbrividì.
<<Allora perché hai accusato il mio Dudley? Il mio bambino non si sognerebbe mai di pagare qualcuno per rapirti e per toglierti di mezzo.>> Si lamentò, sull'orlo delle lacrime, tanto sa sembrare sincera. Possibile che non capisse quanto suo figlio fosse cattivo? Beh, era probabile, considerando che non si fosse mai resa conto di aver fatto soffrire me, per tutta la vita.
Forse nessuno di loro ci arrivava, forse credevano che trattarmi nel modo abominevole in cui mi avevano trattato, era una cosa normale...
<<Non c'è nessun teatrino e nessuna bugia.>> Sospirai. Petunia e Vernon rimasero senza parole, così ne approfittai per continuare. <<Dudley ha pagato una banda criminale per rapirmi e farmi entrare nel giro della prostituzione, così da non creare più problemi alla vostra adorata e magnifica famigliola perfetta.>> Sputai, contento di poter finalmente buttare loro in faccia tutta la verità. <<Peccato che il suo piano non abbia funzionato. Io sono ancora qui. E sono stufo di vedere la mia vita che va a puttane per colpa vostra, credetemi.>> Continuai, stanco, più che arrabbiato.
I miei zii erano fermi come statue, sospesi nel tempo, immobili nelle loro facce incredule e disgustate. Fu zia Petunia la prima a sbloccarsi, sbattendo le mani sul tavolo, con forza.
<<NO! Non ci credo! Sei tu il bugiardo, qui! Il mio Dudley non c'entra!>> Urlò. <<E poi non fingerti una vittima, ragazzino. Siamo noi ad esserci addossati la tua presenza. Ti abbiamo tenuto in casa nostra e ti abbiamo dato un tetto sopra la testa...>> Disse, mantenendo la voce così alta da farmi fischiare le orecchie. Mi alzai anche io, troncando il suo discorso sul nascere.
<<Avrei preferito essere sbattuto in mezzo ad una strada. Probabilmente morire avrebbe reso tutti più felici.>> Gridai, io, in risposta. Sentivo le lacrime agli occhi, che minacciavano patetiche di uscire, ma le ricacciai indietro senza alcuna pietà.
<<Basta così!>> Non mi aspettavo di sentire la voce di Pansy, eppure quando mi girai, la vidi sull'uscio della cucina: gli occhi furenti di rabbia e tristezza, il viso contratto in una smorfia ed i pugni stretti lungo i fianchi. Dietro di lei Draco teneva una mano a mezz'aria, quasi avesse tentato di fermarla, senza ottenere risultati.
<<Avete fatto abbastanza, non credete?>> Non l'avevo mai vista così seria e pericolosa, mentre guardava con odio i miei zii, dall'altra parte della stanza.
<<Tu...tu...>> Balbettò, Vernon. Aggrottai le sopracciglia nel sentire la sua voce spezzata, e lo guardai. Era cereo in volto, come se avesse appena visto un fantasma, così come Petunia, accanto a lui, che proprio sotto i miei occhi, crollò come una marionetta sulla sua sedia.
<<Pansy...>> Sussurrò. Aggrottai le sopracciglia, confuso.
<<Non è possibile.>> Mormorò mio zio, guardando sua moglie, come per chiedere conferma ai suoi dubbi. La donna, però, era troppo concentrata sulla mora per dargli attenzioni.
<<Che diavolo significa? Come fate a conoscere Pan?>> Chiesi, agitato, mentre un pensiero sepolto nel profondo, cominciava a sgorgare in me, come una fontana impazzita.
<<Harry? Dove l'hai incontrata?>> Era la prima volta da anni che zia Petunia mi chiamava soltanto per nome, così, sorpreso, decisi di risponderle.
<<Ci siamo visti in un'altra città, ad un paio di ore da qui...>> Mormorai, sincero. L'atteggiamento dei miei zii era parecchio strano, e sapevo che per avere una qualche idea di quello che stava succedendo, avrei dovuto cercare di collaborare.
Alle mie parole, anche Pansy e Draco si avvicinarono al tavolo, mettendosi al mio fianco.
<<Volete dirci che cosa sta succedendo?>> Questa volta a parlare era stato Draco, il quale, con tutta probabilità, si era semplicemente scocciato di farsi vedere paziente.
Se non fosse stato per la mia confusione, e per il momento non troppo consono, lo avrei preso per mano, cercando di calmarlo. Al contrario, però, tenni gli occhi fissi su mia zia, in attesa che si risvegliasse dalla sua trans auto-indotta, e ci spiegasse che cosa le stesse passando per la testa.
<<Pansy è tua sorella.>> In un secondo quello che era un incubo, diventò un intero girone dell'inferno, nel quale ero appena stato gettato senza ritegno, in mezzo al fuoco e alle fiamme.
<<Mia sorella?>> Mormorai, scioccato.
<<Quando i tuoi genitori sono morti, tu eri solo un neonato, mentre tua sorella aveva due anni. Eravamo gli unici parenti che avrebbero potuto prendersi cura di voi, ma non ce l'avremmo fatta a crescervi, avendo anche Dudley, così...>> Cominciò mia zia. Il suo tono era intriso di sofferenza.
Mai nella vita mi sarei aspettato di vedere un'emozione del genere in lei.
<<Cosa avete fatto?>> Domandai. Non riuscivo a contenere la rabbia.
<<Vi abbiamo portati in orfanotrofio.>> Confessò mia zia. Trattenni il fiato.
<<Non sapevamo che l'orfanotrofio nel quale vi avevamo lasciati, però, fosse il posto che si è rivelato essere in seguito.>> Sbottò Vernon. Aggrottai le sopracciglia, confuso.
<<Due anni dopo averci portato te e Pansy, si diffuse la notizia che i bambini venivano venduti come merce di scambio. Barattati o lasciati a morire per strada. La polizia, insieme a tuo zio, indagò sulla vicenda, ma era già troppo tardi. Trovammo te, insieme ad altri bambini, ma tua sorella era già sparita. Provammo a cercarla per tutta la città, e per tutti i paesi circostanti, ma non la trovammo mai.>> Disse zia Petunia. I suoi occhi erano pieni di lacrime, fissi su Pansy. Strinsi i pugni.
Avevo sempre provato odio per quello che mi avevano fatto, e per il modo in cui mi avevano trattato, eppure adesso, sapendo quella che era stata la vita di Pansy, provavo ancora più odio. I miei zii non si erano limitati  a rovinare la mia vita, avevano fatto lo stesso con quella di mia sorella.
<<Avete lasciato che una bambina vagasse da sola per le strade, avete lasciato che il mondo se la prendesse con lei. Sarebbe potuta morire per colpa vostra.>> Dissi, feroce.
<<Non sai quel che dici, ragazzo.>> Fu Vernon a parlare, fulminandomi.
<<Non so cosa dico? Avete reso la vita di due persone un inferno. Almeno questo lo riuscite a capire?>> Gridai.
<<Gli unici con cui dovresti prendertela sono quei bastardi dei tuoi genitori...>>
Sentii la testa girare, il cuore battere troppo forte e la vista appannarsi. Anche il mio udito smise di funzionare, e mentre guardavo le labbra di zio Vernon aprirsi per continuare a parlare, il mio corpo prese possesso nella mia mente annebbiata.
Un attimo ero accanto a Cedric, l'attimo dopo ero davanti a Vernon. Lo presi per la collottola della camicia, facendolo alzare, mentre con l'altra mano caricai un pugno che gli piazzai dritto sulla guancia, facendogli girare la testa dall'altro lato. Avrei voluto continuare, ma lui fu più veloce, ricambiando il mio pugno con la stessa violenza, prima di spintonarmi a terra.
Sentii un dolore fitto allo stomaco, e mi accorsi che il suo piede era tanto vicino da colpirmi e colpirmi ancora. Risi mentalmente. Quanto altro dolore avrei dovuto sopportare in quel mondo? Quanta altra sofferenza avrei dovuto affrontare per essere libero?
C'era libertà per quelli come me?
Le orecchie fischiavano ancora, ma quando Draco chiamò il mio nome, tirandomi via da mio zio, lo sentii perfettamente. Alzai lo sguardo, sorridendogli tra le lacrime , mentre il sangue cominciava a sgorgare dal mio  labbro inferiore a causa dell'impatto con la mano di Vernon. Bruciava, ma bruciava ancora di più sapere che Draco era in pena per me.
Il suo volto era un quadro astratto fatto di tristezza, ira e preoccupazione.
Cercai di sorridere di più.
<<Hey, hey... stai bene. Ci sono io qui.>> Mi confortò, accarezzandomi dolcemente i capelli, quasi fossi un bambino. Annuii, tranquillizzandomi all'istante.
<<Siete due figli di puttana.>> Sentii dire a Cedric. <<Noi saremo anche una banda di criminali, ma almeno siamo fedeli alla nostra famiglia.>> Mi voltai in tempo per vederlo buttare fuori con la forza i miei zii, che muti, uscirono di casa.
Pansy era ancora immobile, nel punto esatto in cui era arrivata poco prima. Mi appoggiai al braccio di Draco e mi alzai, arrancando verso di lei.
<<Pan...>> Sussurrai. Lei non si voltò.
<<Pansy.>> Chiamai nuovamente. Quando si girò verso di me, il suo volto era coperto di lacrime silenziose, tante da colare verso la sua felpa, creando macchie scure sul tessuto. Non produceva alcun suono. Per qualche secondo credetti fosse ancora colpa del fischio nelle mie orecchie, ma quando mi concentrai, capii che stava trattenendo il fiato. Mi lanciai su di lei, giusto in tempo per afferrarla prima che cadesse a terra.
<<Pan.>> La scossi per le spalle, senza ottenere risultati.
<<E' svenuta.>> Dissi agitato. Draco, che era ancora dietro di me, corse dall'altro lato, prendendola in braccio, e portandola verso il divano in salotto.
<<Che è successo?>> Hermione si fiondò in un attimo sulla ragazza, preoccupata.  Scossi la testa, incapace di comunicare a parole quello che era successo.
Nella stanza calò un silenzio agitato e surreale, mentre tutti ci affaccendavamo intorno a Pansy, cercando di farla rinsavire. Il mio cuore continuava a battere più forte di quanto mi sarebbe piaciuto ammettere, e prima che me ne rendessi conto, la testa cominciò di nuovo a girare.
<<Devo andare fuori.>> Borbottai a mezza voce, rivolto a tutti e a nessuno, poi mi allontanai in fretta. Non avrei voluto lasciare Pansy da sola, ma probabilmente vedermi avrebbe peggiorato le cose. Eravamo venuti a conoscenza di una verità dura da digerire. Forse il tempo avrebbe risanato tutto, ma avevo come la netta sensazione che Pansy era rimasta troppo scossa.
Trovarsi di punto in bianco ad avere un legame di parentela con me e con quei mostri dei nostri zii, non doveva essere la situazione più allegra e piacevole del mondo, lo capivo.
Io ero soltanto un ragazzetto senza valori e senza palle. Ero scappato per tutta la vita, e adesso capivo che avrei continuato a scappare fino alla morte. Era quello che mi meritavo, era il mio destino scritto sulla pietra. Non ero nessuno, e nessuno sarei rimasto. La scelta migliore sarebbe stata davvero farmene una ragione, smettere di lottare e accettare la cruda realtà.
Uscii dalla porta principale, e corsi verso la macchina di Cedric. Aveva sempre avuto l'abitudine di lasciare le chiavi nel nottolino, e sperai che non l'avesse persa negli ultimi mesi.
<<Harry.>> Draco mi chiamò, seguendomi. Trattenni le lacrime, entrando in macchina. Le chiavi erano lì. Misi in moto e diedi gas.
<<Harry!>> Urlò nuovamente Draco. Adesso era davanti all'auto, con le mani appoggiate sul cofano anteriore, supplicandomi con gli occhi. Strinsi i denti, mormorando a me stesso di non cedere. <<Scendi dalla macchina e parla con me.>> Continuò. Scossi la testa con forza.
<<Togliti, Draco!>> Urlai. Sapevo che anche senza abbassare il finestrino, lui mi avrebbe sentito.
<<Non mi toglierò, quindi scendi dalla macchina o investimi, se preferisci.>> Fece lui.
<<Cazzo.>> Diedi un pugno al volante. Perché doveva rendere tutto più difficile? Perché doveva farmi sentire peggio di quanto già non mi sentissi? Me ne stavo andando per il suo bene, per quello di Pansy.
Scesi dall'auto, lasciando lo sportello aperto.
<<Spostati, Draco.>> Sibilai tra i denti, avvicinandomi a lui, e minacciandolo con gli occhi. <<Vai da Pan. Lei ha bisogno di te.>> Continuai, cercando di mostrarmi forte, trattenendo le lacrime. Draco mi afferrò per le spalle, strattonandomi.
<<È di suo fratello che ha bisogno.>> Rispose risoluto. Trattenni il respiro.
<<Sei tu suo fratello.>> Biascicai. Lui scosse la testa.
<<Smettila.>> Mi supplicò.
<<No, Draco. Smettila tu.>> Urlai. <<Non posso fingere che vada tutto bene. Tutto quello che quei bastardi ci hanno fatto passare... io non so come superarlo.>> Faceva freddo, ma era niente a confronto di quello che sentivo dentro.
<<E quindi abbandonerai Pansy anche tu? Proprio come hanno fatto loro?>> Quelle parole furono come un pugnale dritto al cuore. Se fino a quel momento avevo fatto di tutto per fermare le mie lacrime, adesso non ne avevo più la forza. Sentii le guance bagnarsi e tutto intorno a me crollare per l'ennesima volta. Ero così fragile, debole...
<<Come faccio ad essere forte per lei quando non riesco ad esserlo neanche per me stesso?>> Chiesi, sinceramente, Draco mi strinse di getto tra le sue braccia, dandomi un po' di calore. Mi aggrappai alla sua maglietta, come fosse la mia unica ancora di salvataggio, mentre cercavo di non annegare in mezzo ad un mare in tempesta.
<<Come faccio a proteggerla da quei bastardi, quando ho vissuto tutta la mia vita senza muovere un muscolo? Come faccio a non deluderla? Io voglio solo che lei sia felice.>> Confessai, cominciando a singhiozzare. Lui mi accarezzò dolcemente i capelli, calmandomi.
<<Non l'hai mai delusa Harry. Tu e lei avete un magnifico rapporto, e lo avete avuto fin dall'inizio. Lei ti ha salvato la vita in modo diretto, ma tu hai salvato lei in modi che neppure immagini. L'hai supportata in ogni momento, e le sei stato accanto, anche se credevi che fosse un'estranea. Vi siete presi cura l'uno dell'altro, e dovrete continuare a farlo: non perché avete scoperto di essere fratelli, ma perché nel vostro cuore sentivate di esserlo anche senza legami di sangue.>> Sussurrò, cullandomi, stretto a sé. <<Io sono con te, Harry. Sono qui, e ci sarò sempre.>> La sua voce era chiara e leggera, una ninnananna che metteva a tacere ogni mia paura. Draco era l'antidoto ad ogni mio male. Era il mio unico modo di andare avanti.
<<Draco, io...>> Cominciai, stringendo un po' di più la presa sulla sua maglietta.
<<Harry!>> La voce di Pansy mi fece staccare da lui in un attimo, soltanto per voltarmi verso la casa, dalla quale lei stava uscendo, arrancando velocemente verso di noi.
Cominciai a camminare nella sua direzione.
<<Che ci fai qui? Torna dentro. Fa freddo e tu sei appena svenuta.>> La sgridai severamente, sperando che seguisse il mio consiglio e si rifugiasse all'interno.
<<Stai piangendo?>> Chiese lei, invece, arrivando ad un palmo da me. Asciugai le lacrime con la manica della felpa, negando.
<<No, non sto piangendo. I miei occhi bruciano a causa del freddo.>> Sbottai, forzando un mezzo sorriso. <<Dovresti rientrare. Dico sul serio.>> Continuai. Avrei voluto abbracciarla e spingerla in casa, ma non avevo il coraggio di toccarla.
<<Harry.>> Biascicò lei. Di nuovo le lacrime le scesero sulle guance, frantumandomi il cuore. <<Non te ne stai andando, vero? Non stai scappando da me...>> Mormorò, singhiozzando. Ricominciai a piangere anche io.
<<Ehi, no. No. Non farei mai una cosa del genere.>> Dissi, incerto. Lei si fiondò su di me, abbracciandomi.
<<Ti prego non lasciarmi anche tu. Non ora che abbiamo scoperto la verità.>> Mi supplicò, affondando con la testa nell'incavo del mio collo. Tremava, mentre i suoi capelli neri si agitavano intorno a noi, mossi dal vento, offuscandomi la vista, insieme alle lacrime.
Per qualche secondo rimasi immobile, non sapendo cosa dire, poi Draco mi appoggiò una mano sulla schiena, supportandomi, ed io tornai a respirare.
<<Non vado da nessuna parte, Pan.>> Dissi, allora.

Surrender || Drarry (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora