La cucina era un casino, io ero piena di farina, Peter aveva dell'uovo fra i capelli e l'impasto aspettava solo di esser tirato. Ci guardammo con un piccolo sorriso in volto, per non scoppiare a ridere e rincominciare a tirarci ingredienti presenti sul tavolo e aumentare il caos già presente. Decidemmo di finire questi biscotti tagliando l'impasto a metà, così da lavorarlo entrambi e finirlo prima, almeno i piani erano questi, ma sarebbe potuto accadere qualsiasi cosa. Basta guardare quello accaduto poco prima, sebbene l'idea fosse solo quella di fare dei biscotti per merenda. Nat fece per entrare, ma uscì subito dopo. Io e Peter scoppiammo a ridere.
Se il mio impasto era ben tirato e pronto per esser lavorato, quello di Peter aveva una forma indefinita, lo guardai per non ridere. Alla fine, gli spiegai come funzionasse il mattarello e come creare un impasto decente. Lui sorrise e mi prese la formina dalla mano, ridendo. Lo ammonii con un finto sguardo rimproverevole, prima di sorridere e aggiungermi alle sue risate. Erano cambiate molte cose in queste settimane o, comunque sia, in questo tempo trascorso assieme, visto che Peter non ha sede permanente qui, per ora. Mio padre vuole che abbia più di un ruolo, importante per qualcuno. Queste parole, ora che le ripeto nella mia mente, mi fanno capire che forse il ruolo di Peter fosse puramente secondario. Ammisi a me stessa che Peter fosse di ottima compagnia e che legare con lui fosse piuttosto singolare, visto che erano necessari centinaia di atomi per capire qualcosa di lui. Mi persi nel guardare i boccoli rossicci e il suo volto concentrato nel spostare la teglia dal tavolo al piano da cucina, mentre le sue mani impugnavano la lastra argentea con decisione e gentilezza al tempo stesso. Incrociai il suo sguardo e decisi di infornare i biscotti.
-Saranno buonissimi.-, sobbalzai, -Scusa, ehm, non volevo, beh sì, spaventarti.-, disse, io gli sorrisi per conforto e concordai con la sua prima affermazione. Io e Peter non eravamo mai stati così tanto in confidenza, non avevamo mai parlato così tanto su così tanti argomenti diversi fra loro. Io non ho mai avuto un amico così.
-Speriamo.-, risi mentre guardavo i cerchi d'impasto nel forno.
-Peter potresti lasciare un attimo la stanza?-, mio padre entrò in cucina e, per lo spavento, smaterializzai il caos e la sporcizia fra i capelli di Peter. Lui sorrise, ma leggermente seccato: doveva dirmi qualcosa di importante e, di sicuro, io c'entravo. -Non puoi più vedere Peter.-
-Cosa? Perché?-, non capivo il senso logico e nella sua mente non riuscivo a vedere nulla se non la visione di una valigia beige e di un sorriso. -Non ha fatto niente di male, non ho fatto nulla di male.-
-Voglio proteggerti, non voglio che ti innamori di lui.-, fu schietto. Io lo guardai, allora anche lui mi diceva questo, proprio come mia madre. Tutti mi dicono sempre la stessa cosa, ma volevo sapere il vero "perché"; perché non Peter? -Ti ferirà.-
-E tu lo sai? Mi stai ferendo più ora che mai.-, ammisi passandomi una mano fra i capelli, -E' il mio unico amico padre.-, gettai la spugna dentro il lavabo del lavandino argenteo, -Perché tutti quelli a cui mi affezziono vanno via, in un modo o nell'altro?-, domandai ad alta voce. Prima papà, poi mia madre e ora Peter, il prossimo?
-Supererai anche questa.-, sorrise abbracciandomi, ma sciolsi la stretta, -Lui non è... pronto.-
-Papà, per te nessuno sarai mai pronto!-, mi morsi il labbro e Nat ci osservò: lei sapeva. -Devo pensare.-, sfornai i biscotti e mi smaterializzai in camera mia. Appoggiai la schiena al muro e scivolai per terra, fino a sedermi in un angolo freddo e buio, forse il mio destino era questo: rimanere sola. Sospirai e materializzai un libro di fronte a me, ma la lettura mi intrattenne sì e no dieci minuti. Perché ogni volta che va tutto bene mio padre rovina tutto? Perché io spero in un suo cambiamento? Perché sono sua figlia, troppo speranzosa per questo mondo, che cerca di costruirsi una vita senza troppi problemi, visto che già ne causa a sufficienza. Questa era una buona spiegazione, sensata, che giustificava tutta me stessa... eccetto una cosa: mio padre. Insipirai profondamente e feci entrare chiunque avesse bussato: era Thor. Feci che appoggiarmi sulla spalla di mio zio e guardai fuori dalla finestra, che faceva da angolo per giunta. Non mi andava di parlargli, di parlarne, di parlare di Peter e di tutto il resto. Per la prima volta, dopo giorni qui, volevo solo mia madre vicino a me e dirle di ritornare. Mio zio mi strinse a sé e, sebbene avesse usato una quantità di forza esagerata, accettai la stretta e mi rifugiai sul suo petto.
-Da piccola facevi sempre così.-, accennò una risata malinconica, -Tony è solo geloso, sei sempre stata la sua piccola e lui il tuo unico "uomo" e vederti passare molto tempo con Peter, beh, l'ha scioccato.-, cercò di giustificarlo. In condizioni diverse, con circostanze differenti, avrei anche potuto perdonarlo ma ora non c'era storia, lo shock non ti spinge ad allontanare delle persone: questo si chiama possessione e abuso di potere. Di sto passo sceglierà anche il mio futuro marito... ah no, giusto, ogni individuo di genere maschile poi sparisce, quindi rimarrò sola. Perfetto direi. -Passa un po' di tempo con lui, quando Peter non c'è.-
-Non lo so, sai com'è quando prende una decisione.-, sospirai, -Però devo parlarne con Peter.-
-Ti smaterializzerai fra tre... due... uno.-, sorpreso lasciò che mi alzassi e che mi avviassi in camera da Peter, al secondo piano.
Quando mi trovai di fronte alla porta metallica, chiusa, e con sopra scritto il suo nome, mi sentii sprofondare. Non sapevo bene come dirglielo, che parole usare, ma dovevo farlo prima di mio padre, questo era certo. Mi concessi un secondo per prendere dei profondi respiri e capire cosa volessi dirgli e come, soprattutto come. Non volevo esser troppo dura e nemmeno troppo dolce, solo... realista. Ma non volevo ferirlo, in contemporanea. Non volevo che provasse questa sensazione di abbandono, confusione, arresa, che provo già io, e sono sicura che sia sufficiente per entrambi. Mi morsi il labbro e bussai, cercando di creare un sorriso per mascherare tutto, ma così significava mentirgli.
-Dobbiamo parlare.-, chiusi la porta alle mie spalle e spinsi Peter dentro: dovevo liberarmi di questo peso ora, prima che avessi deciso di girare i tacchi e non parlargliene per i prossimi... per sempre. Lui mi osservò confuso e non accennò il minimo senso di opposizione alla mia spinta. Materializzai una pacco di fazzoletti, per ogni evenienza, e lo feci sedere sul letto. -Mio padre...-, respirai, perché ora le parole non uscivano dalla mia bocca? Perché non riuscivo a vedere nulla nella sua mente? Perché mi guardava così... confuso? -...non appoggia la nostra amicizia, mi ha esplicitamente detto di evitarti e... nulla, dovevo dirtelo prima di mio papà.-
-Okay.-, concluse e indicò la porta con lo sguardo, -Allora evitami.-
-Io non volevo Peter.-, uscii.
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Conclusioni affrettate? Chissà.
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Lady Stark
FanfictionKate Stark e Peter Parker. Un unico sentimento ad unirli. Un unico volere a separarli: Tony Stark. Kate è la figlia del Signor. Stark e, nel giro di mezz'ora in jet, va a vivere col padre nella torre, visto che Tony è l'ultimo parente che le rimane...