2. Parker

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Imprecai mentalmente per l'assenza del temperino, visto che si era rotta la punta della matita. Mi arresi al fatto e, sebbene volessi rimanere in camera mia, a studiare chimica in pace, mi alzai e andai di là, alla ricerca di un temperino. Scesi al piano di sotto e mi avviai nel salone, per vedere se lì, sulla scrivania ad angolo, ci fosse l'oggetto che stessi cercando: niente. Sbuffai, alzai gli occhi al cielo, e mi avviai in camera, nella speranza che fosse comparso magicamente il temperino. Ma le speranze si rivelarono vane, dato che sulla scrivania era rimasto tutto immacolato e dell'aggeggio in metallo non si vedeva nemmeno l'ombra. Buttai la testa all'indietro e pensai dove potessi trovare qualcosa di sufficiente affilato da temperare una matita. Un coltello, in cucina, i residui nella spazzatura, fu il processo logico più immediato e veloce. Bofonchiai qualcosa a me stessa e mi smaterializzai in cucina, col timore di essere vista, ma non c'era nessuno.

Presi il coltello, impugnai la matita e aprii la spazzatura. Ammisi che fu soddisfacente vedere la grafite ridefinirsi assieme al legno e vedere la mia matita di nuovo operativa. Sorrisi me stessa, mentre ridefinivo il tutto e evitavo le scheggie. Un ragazzo di fronte a me mi osservò e storse lo sguardo, mentre temperava la sua matita rossa su un fazzoletto, per poi buttare la segatura.

-Oh ca...-, mi smaterializzai per il panico e mi ritrovai in camera mia, con il coltello nella mano sinistra e la matita temperata per metà nell'altra. Guardai le mie mani e sgranai gli occhi: ritornai in cucina, finii quello che stavo facendo e rimisi tutto a posto.

-Tu saresti?-, il ragazzo di prima mi sqadrò da capo a piedi. Io mi smaterializzai e creai un post-it con su scritto il mio nome: Kate Stark. Sperai che questo fosse sufficiente e ripresi a fare i compiti per domani.

Mi chiesi chi fosse lui e cosa ci facesse qui. Non l'avevo mai visto prima e papà non mi aveva mai parlato di lui, e la stessa cosa gli altri. Sbuffai e mi legai nuovamente i capelli, nella speranza di raccogliere l'attenzione e di riprendere il ritmo di studio che ero solita tenere. Materializzai un foglio a quadretti e segnai le ultime nozioni del capitolo, concludendo il lavoro con dieci minuti di ritardo rispetto all'orario che avevo stabilito prima di incominciare. Ridussi le labbra in una piccola fessura e sistemai i libri nella libreria, prima di aprire il guardaroba e indossare la tuta: non era la mia. Alzai gli occhi al cielo e presi quel capo d'abbigliamento con cura, col timore di distruggere i circuiti del costume e la sistemai in modo tale da non farla cadere. La appesi su un appendi-abiti nel corridoio, poi materializzai la mia.

-Kate.-, mio padre entrò nella stanza, -La tuta di sta benissimo e non vedo l'ora di vederti in azione con questa!-, mi fece fare un giro su me stessa.

-Non cambiare discorso papà.-, lo guardai con ovvietà.

-Ti sei smaterializzata tre volte davanti a Peter e l'hai lasciato con un notes, con su scritto il tuo nome?-, rise ma con una nota rimproverevole. Dovevo provare pietà per questo "Peter"? Dovevo andarmi a scusare e supplicarlo per avere il suo perdono? No, non è nel mio stile.

-Ehm sì.-, mi limitai a guardarlo negli occhi, -E' rimasto traumatizzato?-

-Ha solo riempito la torre di strani cavi metallici, nella speranza di catturarti e fare il supereroe.-, gesticolò con una faccia confusa. Trattenni le risate. -Il problema è che se ti prende non so che possa fare.-

-Scopriamolo.-, uscii e attraversai il corridoio con passi lenti e silenziosi, in modo tale da sentire i meccanismi scattare, ma non scattavano. Mio padre, intanto, mi seguiva da dietro, ridendo. Scesi le scale, camminai per tutto il salotto, cucina, studio, armeria, ma niente. Ma dove cavolo ha messo "queste trappole potenzialmente mortali"? Mi arresi, con un sospiro, e mi avviai al campo d'allenamento.

Scesi le scale a chiocciola e metalliche, che cigolavano a ogni mio passo su di esse e, con una discreta fretta, saltai le ultime due rampe. Percorsi un corridoio illuminato da una luce fioca e blu-azzurra e, in quel momento, scattò la trappola. Mi fece fare un salto, mi ritovai con la testa al contrario e il corpo a un metro da terra; un drone, intanto, mi girava attorno emettendo un brusio alquanto sgradevole. Mi liberai.

-Ho il mostro.-, ora sono il mostro? Lo fissai allibita e con le sopracciglia alzate, davvero? Peter faceva sul serio? Mi chiesi come si fosse permesso, che licenza avesse per definirmi così. Cercai di non sbollentare, altrimenti avrei dato fuoco a qualsiasi cosa. Materializzai una la trappola ai suoi piedi e la feci scattare. Guardai quel corpo esile ciondolare a un metro d'altezza e accennai un sorriso, storgendo la testa. -Signorinella, mi metta giù, prego.-, ora è pure arrogante. Lo fissai, con una voglia di dargli fuoco e di congelarlo in contemporanea.

-Kate mettilo giù.-, papà mi mise una mano sulla spalla. Intanto, zio Loki annuiva da dietro, Cap rideva e Wanda fissava tutti sconvolta.

-Le trappole le ha costruite lui no? Saprà come ci si deve liberare.-, feci spallucce. Tutti fissarono Peter, quindi? Io mi aspettavo di vederlo già a terra, in piedi e raggiante. -O forse no.-

-Ehm... effettivamente...no, non sono capace. Mi metteresti giù per favore?-, tagliai il filo dopo essermi smaterializzata. -Signorinella, la ringrazio.-

-Sì sì.-, bofonchiai e ritornai per la mia strada, smaterializzandomi in sala allenamenti.

***

Bussarono alla mia porta con un paio di colpi, leggeri e appena percepibili, capii che non si trattasse di mio padre e, tantomeno, di zio Loki o zio Thor. Storsi il naso distrattamente, diedi una rapida occhiata alle mie condizioni e mi legai i capelli mentre aprivo la porta metallica: era Peter. Mi limitai a guardarlo negli occhi e cercai, in aggiunta, di leggere la sua mente ma con scarso successo. Lo feci entrare, seccata.

-Uhm Kate dobbiamo parlare.-, iniziò il ragazzo che si era seduto su una sedia girevole. Io mi fermai e lo guardai, scaricando il peso su un fianco. Davvero dovevamo parlare? Insomma, sono contenta che ci sia arrivato alle nove di sera, ma io a stomaco vuoto non parlo. -Ho portato da mangiare.-, tirò fuori dallo zaino un pacco di Doritos. Mi pizzicai le labbra, dovevo rimanere seria, non potevo di certo perdonarlo grazie a un pacco di patatine.

-Vedo che ci sei arrivato.-, mi sedetti su uno sgabello, -Dimmi tutto.-

-Forse abbiamo iniziato col piede sbagliato, anzi, ho iniziato col piede sbagliato.-, introdusse l'argomento. Apprezzai la sincerità di Peter, ma non capii se fosse sua intenzione o se l'avesse mandato qualcuno del team qui. Mi arresi su questo fronte, smisi di fissarlo negli occhi e lo feci continuare. -Non sapevo nemmeno che il Signor. Stark avesse una figlia, che avesse dei poteri super fighi e che si trovasse alla Torre. Poi, scusa, ma vedere una ragazza che si smaterializza tre volte davanti a sé non è proprio comune.-, mi rubò una risata, -Ho pensato fossi un super cattivo, ma non volevo definirti mostro e tantomeno pensarlo! Però potevi evitare di mettermi in imbarazzo di fronte a mezza squadra.-, sorrise.

-Mi stavo divertendo, non volevi fare il supereroe?-, i filtri erano andati verso il pacco di patatine. Sorrisi, arrossendo sulle goti.

-Beh sì, cioè no, non mi appendere per favore.-, gesticolò, -Voglio avere un buon rapporto con te, Kate, altrimenti il Signor. Stark mi ucciderebbe.-

-Se ti avessi voluto appendere l'avrei già fatto.-, risi, -Poi "Signor. Stark"? Ma davvero?-, scoppiai in una fragorosa risata, -Allora dovrei chiamarlo anche io così, no?-

-Ma non credo.-, s'impanicò, -Mangiamo?-, aprì il pacchetto e mi smaterializzai di fronte a lui per prendere una manciata di quel buonissimo, gustosissimo, rossissimo contienuto. Lui sorrise.

-Mmmm mi sei simpatico solo perché hai portato il mio gusto preferito di Doritos.-, dissi dopo aver bevuto un sorso d'acqua.

-E' anche il mio gusto preferito.-, arrossì.

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Ah ragazzi miei, ci siamo. Il nostro Peter è in azione, ma è appena iniziato tutto! See you soon.

Vostra, Paper.


Lady StarkDove le storie prendono vita. Scoprilo ora