Capitolo 38: Haven

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Haven

8 Gennaio 2018

Ho provato a scriverle sms e a chiamarla per tutta la notte. Non ho chiuso occhio, e quasi a stento mi sono resa conto che era già arrivata l'ora di alzarsi per andare agli allenamenti.

Ho giocato male, non ho seguito le lezioni, e non ho neanche toccato cibo.

Avalon non si è presentata agli allenamenti delle cheerleader, e neanche alle lezioni. La sua amica Amber, che ho cercato per circa mezz'ora nei corridoi della scuola, mi ha riferito di non averla vista ne sentita al telefono.

E continua a non rispondere neanche a me.

È per questo che alla fine della giornata scolastica, Beverly mi afferra per un braccio e mi trascina verso il suo pick-up.

« Ora basta! Ti porto a casa sua e non se ne parla più. Affrontiamo la situazione di petto! »

Mi lascio trascinare, ma non ho più forze. Ho solo brutti presentimenti e la paura che incombe su di me come un manto opprimente, che non lascia penetrare ne luce ne aria.

Mi sento soffocare, vorrei urlare ma non ho voce.

« Non credo servirà a molto. Se non vorrà farmi vedere sua figlia, non potrò entrare di forza in casa sua. » biascico, a metà tra un balbettio e un singhiozzo.

La mia migliore amica, la mia unica spalla in questi casi, gira la chiave facendo partire il motore. Partiamo, le ruote stridono sull'asfalto bagnato.

« E tu ti lasci spaventare da una come lei? Andiamo, Haven! Sai fare di meglio! Le altre volte sei entrata dalla sua finestra? »

Annuisco senza forze , ma la blocco, prima che possa proseguire col suo piano.

« Credi che non abbia preso le giuste precauzioni ? Magari le avrà anche sequestrato il telefono. Quella donna è matta da legare. Spero solo che non le abbia fatto del male. » ecco un'altra preoccupazione. I pensieri più orribili assillano la mia testa.

« È colpa di tutti quei film horror che hai visto nella tua vita, Haven. Ma penso che nessuna persona sana di mente farebbe del male fisico alla propria figlia. » Beverly guarda dritto davanti a se, le mani strette sul volante e le nocche rosse dal freddo.

« Ma non è sana di mente! È questo il problema grave, Bev! »

Lei scuote il capo, imperterrita.

« No, Haven, non è la prima omofoba in questo mondo! Ce ne sono a valanga di persone cosi, dovresti saperlo perfettamente! La loro è una malattia che non avrà mai una cura. Il massimo che avrà potuto fare sarà stato reclutare sua figlia in casa, o mandarla in qualche centro di recupero. Ma non penso si macchierebbe le mani. Una famiglia come la loro? Nah. »

So che sta cercando di tranquillizzarmi, ma è comunque inutile.

Arriviamo in meno di mezz'ora, ed entrambe ci fiondiamo fuori dal pick-up.

Il vialetto sembra vuoto, non ci sono auto parcheggiata. Forse non ci sono. Forse riesco a beccare Avalon da sola.

Mi attacco al citofono, come se questo fosse la mia unica speranza. Ma questo suona a vuoto. È come se quella casa fosse abitata da fantasmi. È inquietante, e mi fa tremare dalla paura e dalla rabbia.

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