37- the black dragon

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DRACO'S POV

Quella mattina mi alzai quasi intorpidito, Berenice dormiva accanto a me raggomitolata tra le coperte leggere sull'altro lato del letto. Mi stava dando le spalle e ormai mi ero abituato a trovarla lontana da me la mattina. 

I raggi di luce mattutini attraversavano il lago leggiadri, cadevano delicatamente sulle nostre finestre e illuminavano le labbra rosee della mia amata. Guardarla mentre dormiva era come osservare un dipinto inestimabile, le sue lentiggini reminiscevano le costellazioni più lontane. I suoi capelli si muovevano leggermente con il suo respiro.

Mi chiedevo spesso se e cosa stesse sognando in quel momento. Forse stava danzando tra le stelle, o forse stava camminando su un prato fiorito, ma qualunque fosse il suo sogno, speravo che fosse sereno. Era da tanto che io non sognavo e se il mio inconscio decideva di farsi vivo nelle ore notturne più buie, rimanevo da solo con i miei incubi più oscuri.

Mi alzai e mi preparai con calma. Avrei voluto svegliarla, ma preferivo di no. Dopotutto eravamo arrivati al fine settimana finalmente e potevamo riposarci senza lezioni. Ma quel giorno avevo deciso di continuare il nostro programma da solo. 

Il mio cuore era dedicato a lei, e questa dedizione portava con sé anche molta paura di perdere, perdere lei. C'era quel pensiero nella mia mente che turbinava nei meandri più nascosti: fallo da solo Draco. 

Cercai di scacciarlo via per il momento. Baciai la fronte di Berenice e uscii dal dormitorio. 

Mentre passeggiavo per il cortile, i raggi del sole filtravano attraverso le finestre e il castello sembrava essere immerso in una quiete insolita. Nonostante la quiete, sentivo un sentore. L'aria era diversa e sentivo che sarebbe successo qualcosa da lì a poco. Qualcosa non va, qualcosa non va......

Assorto nei miei pensieri, mi feci trasportare verso il settimo piano del castello. Sarei dovuto comunque passare per la camera delle necessità per le ultime modifiche all'Armadio Svanitore, ma decisi comunque di passare per la Guferia. Era da qualche settimana che ogni tanto passavo dal gufo di Berenice a fargli compagnia. 

Mentre salivo le scale esterne della torre sentii delle voci familiari. Appoggiai l'orecchio alla porta, cercando di captare qualsiasi suono proveniente dall'interno. Weasley e la mezzosangue.

Non volevo incontrarli, non potevo e non dovevo. Restai alcuni secondi ad ascoltare per sicurezza. Le loro voci erano sussurrate, ma riuscivo comunque a distinguere le parole.

"Ron, Harry è via da troppo tempo. Hai notizie su di lui e Silente?" chiedeva Hermione, la sua voce era impregnata di preoccupazione.

"Harry e Silente dovrebbero tornare oggi, sempre se rimangono fedeli ai piani e se non è successo niente di grave" Ron rispose. 

 Silente stava tornando? 

Ero così preso dai miei pensieri che quasi dimenticavo di essere lì ad origliare.

Poi, improvvisamente, sentii un rumore di passi avvicinarsi alla porta. Presi rapidamente le distanze, cercando di nascondermi nell'ombra. Era come se il mio cuore si fermasse mentre la porta si apriva lentamente. Ero sicuro che avrebbero scoperto la mia presenza e avrei dovuto affrontare le conseguenze delle mie azioni.

Ma fortunatamente per me, Ron e Hermione non mi videro e scesero ignari della mia presenza. 

Non c'era più tempo. Avevo bisogno di prepararmi. Non m'interessava della missione di Silente e cosa avesse fatto con Potter per così tanti giorni. Volevo finirla e andarmene da qui con Berenice, sparire senza lasciare traccia e in caso estremo, lasciare il mondo della magia che avevo tanto amato. Non volevo più essere la pedina di mio padre, del Signore Oscuro o di chiunque altro. Avevo perso così tanti anni della mia vita dietro a delle concezioni morali così stupide che ho perso qualsiasi senso della mia identità ed ero stanco, stanco di svegliarmi e avere un ruolo in tutto questo. 

La mia mente da piena confusione arrivò ad una conclusione. Finire da solo la questione e lasciare Berenice fuori da questo cruento finale il più possibile. Ero determinato e concentrato. Quando si arriva al punto più basso della vita, si è disposti al cambiamento più grande e io ero disposto a tutto pur di arrivarci. 

Mi affrettai verso la stanza delle necessità. Avevo tanto da analizzare e tanta paura da ingoiare. Appena entrai mi tolsi la cravatta con un gesto veloce della mano e mi accasciai sulla prima poltrona che vidi. Mi coprii il viso con il dorso della mano. 

Nei pensieri riaffiorò lei. Lei lei lei sempre lei, la mia Berenice. 

Ero completamente innamorato di Berenice. Ogni volta che la vedevo, il mio cuore batteva più forte e ogni pensiero che avevo era dedicato a lei. Dovevo trovare sempre un modo per includerla nella mia mente e se non era accanto a me, dovevo immaginarmela. Mi accarezzava i capelli o mi baciava o mi baciava il collo e rideva, mi aggiustava la cravatta, mi chiamava dall'altra stanza con la sua voce angelica. Ma allo stesso tempo, l'amore per Berenice mi distruggeva. Mi faceva sentire vulnerabile, esposto a un'infinità di emozioni che non sapevo come gestire. La paura di non essere all'altezza, di deludere le sue aspettative, mi tormentava costantemente. Ma non potevo fare a meno di amarla, nonostante tutto. Il suo amore era diventato parte di me, un'essenza vitale che mi faceva sentire vivo. E anche se sapevo che questo amore mi avrebbe distrutto, non potevo fare a meno di desiderare di essere con lei, di sentire il suo tocco, di respirare il suo profumo, di perdere me stesso nei suoi occhi, di contare le lentiggini sul suo viso.

Così, nonostante il dolore e la sofferenza che la nostra infelice situazione mi stava causando, avrei continuato ad amarla con tutta me stesso, fino alla fine dei miei giorni. Perché Berenice era tutto ciò che desideravo, tutto ciò di cui avevo bisogno, anche se questo significava non includerla. 

Avrei fatto da solo e avrei escogitato un piano per farlo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 08 ⏰

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