TOUCHING THE SKY WITH MY FINGERS.

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CAPITOLO 4.
Valerio's pov.

È un completo circolo di rinascita e morte il mio. Mi accingo a morire a notte fonda per rinascere la mattina accompagnato da una discutibile voglia di crogiolarmi tra i banchi di scuola. Sono le sette e un quarto quando apro gli occhi e mi investe un silenzio misto alla luce fioca che entra dalla vetrata che da sul giardino di casa mia. Il sole è già sorto ma non è al massimo della sua intensità luminosa, perciò non mi ferisce gli occhi. Nike è sul mio petto assorta ancora nel suo sonno pesante mentre io cerco di divincolarmi nella maniera più aggraziata e dolce che mi riesce. Sta riversa in un cumulo rosso e scombinato che si versa sulle lenzuola bianche e su gran parte del suo cuscino prosperoso di memory. Dice che l'aiuta a dormire e perciò io glielo cedo volentieri quando viene a stare qui da me. Suo padre l'ha presa molto bene. Ritiene che io sia un ragazzo caparbio e con la testa sulle spalle. Ha perso sua madre quando aveva cinque anni a causa di un melanoma al quarto stadio e quindi non le piace molto ricordarlo. Mi ripete soltanto che la aiuto a distrarsi da questo genere di pensieri. Mi sollevo dal letto, trapasso la scrivania ed il mucchio di vestiti sulla sedia, poi mi dirigo in bagno ed ancora nudo dalla notte mi fiondo in doccia. Non voglio svegliarla perché oggi siamo al settimo mese di fidanzamento ed ho in piano una sorpresa semplice che spero possa renderla felice. La verità è che non la ringrazio mai per avermi salvato dal cadere nella voragine di dolore da cui sono strisciato fuori, perciò cercherò di dimostrarglielo con un umile gesto. Proverò a cucinarle dei buoni pancake. Sarà complicato? Sì, quasi sicuramente ma se la renderò felice, non avrò faticato vano dico bene? L'acqua mi scorre lungo tutto il corpo e sento i capelli affievolirsi in prossimità della nuca e della fronte da cui si sciolgono in lunghi boccoli neri. Adoro quando mi capita perché mi fa sentire bello. Sento il vapore stuzzicare la mia pelle in un gioco perfettamente equilibrato di piaceri. Ho le mani ed i piedi freddi tanto da bruciare a contatto con l'acqua bollente che tracotante l'investe. È in situazioni come questa che penso al mio primo bagno con qualcuno e quel qualcuno è stato Niccolò che mi stringeva sotto l'impeto caldo e bagnato. Se negassi che mi manca e che ci penso sarei un caso patologico pure per me stesso e perciò eccomi qui. Mi sono chiesto se Nike non fosse un semplice modo per colmare il vuoto che la sua assenza ha lasciato nel mio petto ma mentre passano i mesi sento di aver fatto la cosa giusta e che lei mi rende davvero felice. Sono ritornato ad essere una persona calma ed in pace con sé stessa e non desideravo altro. Noto dietro la cortina di vetro umida che il sole sta irradiando con intensità, per questo esco dalla doccia, mi asciugo molto velocemente lasciando anche i boccoli ancora umidi lungo la fronte e scendo al piano di sotto coperto solo della vestaglia che le ho rubato in tutta fretta prima di docciarmi. Oltrepasso uno specchio posto in salotto e noto quanto questa, stracolma di unicorni e tanto fucsia, mi faccia sembrare un ebete. In compenso mi calza alla perfezione lungo le spalle e la schiena. Mi aderisce un po' sul sedere ma non mi lamento. È il lato positivo delle intense sessioni di basket perché sì, da qui a qualche mese ho ripreso a giocarci e ho ritrovato l'armonia con i compagni che tanto tempo fa avevo lasciato. Gli sono mancato. Nike è venuta a vedere tutte le partite che ho giocato e mi è stata accanto pure quando per colpa di uno di un'altra squadra sono inciampato sulla mia stessa mano rompendomela. Succede anche questo durante una semplice amichevole. È un imprevisto che prima di scendere in campo non consideri ma che è duro da affrontare nella convalescenza, soprattutto per i dolori che comporta tale incidente di percorso. Corro come un forsennato da uno sportello ad un altro mentre con una mano sorreggo il cellulare che parla e da consigli su come preparare dei pancake perfetti. A questo punto dovrei essere giunto alla pastella composta ma in realtà sono rimasto fermo alle ciotole da usare. Quando mi ricompongo, soltanto dopo numerose avventure con la frusta, ottengo anche io il mio composto liscio. Non mi rimane che scaldare la padella ed aiutarmi con un mestolo, a sapere dove quella furbacchiona di Felicia lo abbia cacciato. Dico sul serio, questa donna riesce ad essermi d'intralcio anche quando non c'è. Fa ridere a pensarci perché è del tutto una cosa innaturale! La pastella tocca la superficie calda e si ribella in tanti rumorini invitanti. Credo che è così che le cose debbano andare. Insomma, io non ho mai cucinato se non gli spaghetti a Niccolò ma è una cosa che preferirei rimuovere dai miei ricordi. Per quanto la distanza aiuti lo sento ancora. Sento ancora mancarmi la terra sotto i piedi quando qualcuno mi chiede di lui ed io non posso continuare a vivere in questo modo. Non regge, capite? Temo che sia perché non ne ho ancora parlato con Nike ma temo allo stesso tempo di ferirla parlandole di un mio ex con cui ho vissuto così tante cose. Intendo che fosse il mio primo vero ex. Una persona con cui ho condiviso il mio corpo, i miei interessi, i miei spazi, gli amici, le lacrime e le gioie che seppur siano state poche, hanno fatto parte di me e di lui. Non so se sono pronto a dirgli addio per qualcosa di migliore ma ciò che è certo, è che non posso permettergli di farmi stare male. Non con tutta questa distanza che intercorre tra le mie e le sue mani piccole e calde. Che razza di fidanzato sono? Non posso pensare a Niccolò mentre preparo degli stupidi pancake per Nike che dorme ancora nel mio letto. Ho il suo profumo tra le mani. Ce l'ho addosso, in ogni angolo, anche quello più inesplorato persino da me stesso e continuo a ripensare a quel piccolo bastardo che un anno fa mi ha lasciato solo al mondo senza una misera spiegazione. Ho personalmente smesso di sperare in un suo ritorno già da un pezzo ma più passano i mesi che passo insieme a Nike e più mi sento mancare la terra sotto ai piedi. Credo che impazzirò! « Adesso devo solo girare delicatamente. » parlo a me stesso prima di sollevare la frittella e girarla dall'altro lato affinché si cuocia. Mi ci metto così tanto d'impegno che se si ammaccasse sarei in grado di tirare giù i santi del Paradiso. Sul serio, non mento quando dico di essere un poco di buono. Non mi impegno neppure ad esserlo, così come non mi impegno ad essere migliore. Perciò elucubro che in realtà il problema sta in questo. Ho sempre la risposta sotto gli occhi ma quando provo ad afferrarla, come un alito di fumo a mani nude, si dissolve con rapidità disumana. Il profumo si solleva dalla padella alle mie narici così come il calore si scontra con il mio petto scoperto poco più sopra dello sterno. Un nodo scomposto lega la vestaglia al mio inguine nudo mentre descrivo movimenti leggeri lasciando ondeggiare per aria il tessuto del capo che indosso. È così che si sentono le principesse? Sono nude sotto i loro affascinanti vestiti con le maniche a sbuffo? In questi casi capirei il perché della loro quasi totale bellezza. Stare nudi aiuta. Migliora la percezione delle cose che hai attorno a te e ti fa sentire come se fosse persino un bisogno primario. Ho i piedi coperti da dei calzini bianchi dal collo basso che finiranno per annerirsi lungo la pianta del piede se continuo a marciarci su. « Buongiorno amore. È la mia vestaglia quella? » Merda, non è così che doveva andare.
« Copriti gli occhi! È una sorpresa, su! » le ordino gesticolando con il mestolo cosparso di pastella appiccicosa che scivola verso il piano cottura.
« Non dovrei coprire solo i miei occhi. » si guarda il seno scoperto e poi ride andando in bagno. Santo cielo, sono più in imbarazzo adesso di quando l'ho conosciuta la prima volta. Se ci penso rido.

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