I COULD LOVE YOU IN THE DARK.

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CAPITOLO 27.

17 Febbraio.

Valerio's pov.

Appena sveglio ho acceso il televisore per caso sintonizzato sul telegiornale della mattina e non si fa altro che parlare di un nuovo virus. Non si riesce a capire di cosa si tratti, ma secondo il servizio sarebbe stato un uomo, originario di Castiglione D'Adda, a portarlo dalla Cina fino al comune di Codogno e sarebbe in stato di fermo lì per ulteriori accertamenti dopo essere risultato positivo.
Mi chiedo come mai abbiano dedicato quasi più di quindici minuti a parlare di un virus come qualunque altro. Infondo tutto quel che ci circonda è pieno di batteri e chiunque è a rischio d'infezione se non prende le giuste precauzioni, non è così?
Sgranocchio i cereali direttamente dalla scatola mentre passeggio per casa cercando di vestirmi e lo faccio così di fretta che inciampo e cado sulla moquette. Se non altro non ho rovesciato l'intero pacco sul pavimento e non mi spetta ripulire tutto.
Sono le otto meno un quarto e le lezioni cominciano esattamente tra venti minuti. Se arrivassi in ritardo anche oggi, di sicuro la professoressa Marcuzzo avrebbe da ridire e ne ho piene le scatole di lei.
Pare aver concentrato tutta la sua attenzione su di me, ma a lei piace insistere insinuando che siamo tutti uguali davanti ai suoi occhi. Come se non sapessimo poi che è natura dell'essere umano preferire qualcuno più di qualcun altro.

Covid-19. È così che questo virus si chiamerebbe.
Pare che abbia una forte incidenza sulla salute delle persone, ma non è ancora chiaro se sia un prospetto soggettivo. Ciò che è chiaro è che il terrorismo mediatico ingigantirà quasi sicuramente la questione e culminerà spingendo la gente ad impazzire.
Stanco gia della voce della giornalista, afferro il telecomando e spengo la tv. Poggio i Kellogg's sulla scrivania, mi vesto, do una rapida sistemata ai capelli e fuggo via lasciando il mio letto come se ci fosse appena passata sopra una squadra di rugby.
L'aria fredda mi intorpidisce le mani, ma allo stesso tempo mi rende vigile abbastanza da non addormentarmi alla guida. Le mattine frenetiche hanno un grande fascino secondo il mio modo di vedere le cose, perché rendono Roma ancora più caratteristica ma non alla portata di tutti.
Amerei che la gente pensasse che la mia città sia un bel posto in cui vivere ed in troppi credono che il caso renda difficile viverci. Al contrario una volta che ci sei dentro ti senti anche te parte di questo frastuono e ti accorgi che è quella sensazione per cui per anni stavi aspettando.

Non appena arrivo al liceo, faccio appena in tempo a parcheggiare e ad arrivare in classe che suona la campanella. Miss Marcuzzo è già qui, ma stavolta l'espressione compiaciuta dopo avermi sgridato, non le balena più in quel viso sciatto e rugoso.
Prendo posto accanto a Ludovica che mi guarda con la faccia di chi si aspettasse già un altro mio ritardo e quando le sorrido, ricambia e scuote la testa. L'aula è parecchio silenziosa oggi, tanto che se fossi cieco avrei anche il sospetto che fosse vuota.
Sfrego le mani per provocare attrito per riscaldarmi e Ludovica mi ammonisce invitandomi a fare silenzio con un secco Shh! Perciò obbedisco.
Ha l'aria stanca ed è strano da lei. Non fa altro che dormire durante la giornata, impossibile che non abbia riposato abbastanza, almeno suppongo.
I suoi occhi seguono la righe di parole nel perimetro della pagina ed allora li affianco nella lettura. John Locke, il dibattito tra empiristi e razionalisti.
Che barba! Mi annoia di già.
Filosofia dovrebbe aprirmi la mente e non di certo farmi chiudere gli occhi e credo sia tutta colpa dell'insegnante. Non è neanche in grado di spiegare un concetto senza riprendere per filo e per segno le parole del libro ed è per questa ragione che oramai abbiamo tutti appurato che di ascoltarla non ne vale manco la pena.

« Hai sentito del virus? » chiede Ludovica.
« Sì, questa mattina. Non ne avevo sentito parlare prima di qualche momento fa. »
« Non avevi sentito dei due turisti dalla Cina? Erano stati trattenuti qui a Roma. » si acciglia.
« Non ne sapevo nulla. » stringo le spalle.
« Io comincio ad aver paura. Non si capisce ancora come fermarlo, ma abbiamo un nome. » dice « Il virus c'ha un nome, di già. »
« Non c'è motivo di aver paura. Probabilmente è un virus come n'altro, per cui non c'è da preoccuparsi. »
« Secondo alcuni virologi questo sarebbe più contagioso rispetto a quelli che conosciamo fino ad adesso. E sarebbe anche molto aggressivo. »
« Terrorismo mediatico. » rispondo.
« Tu credi? » blatera poco convinta.
« Be', i giornalisti si guadagno da vivere così. »
« Ci penseremo dopo. Mo' stai attento alla lezione c'alla professoressa già nun je stai simpatico. »
« Va bene mamma! » ridacchiamo.

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