PART 2, FEDERICO.

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Guardo mia madre stare a terra. Quell'orco di mio padre l'ha picchiata di nuovo e questa volta ci ha messo più forza, a giudicare da quanto tempo lei stia passando a terra senza neanche volersi alzare.
Adesso lui giace sul divano, con la cravatta scombinata e la camicia non del tutto sbottonata. E puzza anche di alcool, probabilmente perché ha esagerato come da manuale.

È da anni che va così. È da anni che vedo mia madre sottostare alle sue mani, come se lei fosse il suo burattino e lui dirigesse la messa in scena.
Vivo in un palco scenico da quando ne ho ricordo ed è per questa ragione che non nutro fiducia nel genere umano. Non credo che ci siano speranze che possa cambiare, pertanto mi arrangio come posso.

A volte vorrei andare da lui e strangolarlo perché non mi mancano di certo le forze, però mi ricordo poi che questa sarebbe una mazzata più pesante delle botte che mio padre riversa su mia madre, perciò mi limito a beccarmi qualche pugno se questo evita che se lo becchi mia madre dritto in faccia.
Sono rannicchiato accanto al mobile del servizio da tè e ho le ginocchia sbucciate che tengo salde al petto, mentre ci affondo di mezzo la faccia dolorante.

Aspetto che lui crolli nel suo sonno abituale prima di soccorre mamma, perché so che se lo facessi adesso, probabilmente finirebbe per accanirsi di nuovo contro di me e lei. Mio fratello Marco è quasi sempre impegnato, tanto da non accorgersi che i nostri lividi si fanno sempre più evidenti lungo il corpo.
Sì, perché papà è furbo. Non vuole destare sospetti, perciò ti colpisce laddove sei abbastanza coperto da non farlo notare a nessuno che non viva tra le mura di questa fottuta prigione di cemento e cartongesso.

E con me lui è tranquillo. Lo è perché sa che non ci sarà neanche un momento in cui mi libererò delle mie solite felpe larghe, troppo larghe.
Sua moglie invece, non spettegolerà in giro. Tutto perché ha paura di lui, ma una paura neanche lontanamente immaginabile, del tipo che solo a sentire la voce di lui, le manca la terra sotto i piedi.

Il salotto è poco illuminato. Sono quasi le nove di sera e la cena, che sono certo che sarà pronta nelle altre case, qui non è stata neanche concepita.
Per ragioni come questa sono costretto ad usare i risparmi che metto da parte per compare da mangiare per me e la mamma. Marco invece si arrangia ed è fortunato perché pranza e cena da Giulia, la sua ragazza.

Lui anche se lo sento distante, è un importante pilastro nella mia vita. C'è sempre stato quando ne avevo bisogno ed è sempre stato lui a spronarmi ad andare avanti quando non ne avevo le forze.
Sta studiando sodo per dare un futuro migliore a mia madre e a me, ma non sono sicuro di voler essere un peso sulle sue spalle, conto piuttosto di diventare qualcuno e vivere soltanto sospinto dai miei obbiettivi.

Cerco disperatamente di accaparrarmi una buona borsa di studio per allontanarmi da questo contesto, ma allo stesso tempo temo che se lo facessi, darei libero arbitrio a mio padre, più di quanto ne abbia già, di fare di mia madre ciò che vuole.

« Alzati e preparami qualcosa da mangiare. »
« Hai due mani e due gambe. Alzati e vai in cucina. »
« Vuoi per caso che mi alzi per darti il resto? »

Lo guardo mentre mi parla. Il suo tono è viscido e percepisco che se continuo a punzecchiarlo ancora, finirà per massacrarmi di botte.
Controvoglia mi metto in piedi, combattendo il dolore che mi preme contro il petto e la schiena, e mi sposto in cucina dove, aprendo il frigo, apprendo che non abbiamo molto su cui contare per cena.

« Non c'è nulla in frigo. » biascico.

Non fa in tempo neanche a rispondere che è già addormentato e ciò comporta che ho un po' di tempo per portare mamma in stanza e comprare del cibo.
Mi fa male vederla così. Vorrei urlare con tutto il fiato che ho in corpo, ma devo comportarmi da adulto perché di tempo per essere un adolescente, non ne ho e non credo ne avrò più.

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