SOMETHING BAD IS ABOUT TO HAPPEN TO US, I GUESS.

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CAPITOLO 25.
Valerio's pov.

30 gennaio.

Mia madre è dovuta tornare da Monaco. Ho avuto l'ennesima crisi questo mese ed essendo venuta a conoscenza di ciò che è accaduto con mio padre, è fermamente risoluta nel volergli fare causa.
Io le ho detto che non ne vale la pena e che servirebbe soltanto a trascinarci nel mirino dei media ancora una volta. E poi, conoscendolo, lui se ne vanterebbe e direbbe a tutti che Felicia è solamente una maledetta pazza.
Perciò preferirei che lei stesse al suo posto, mio padre in quel buco di culo di città ed io qui, nel mio letto caldo e comodo. Ho saltato la scuola questa settimana perché non mi andava di vedere né sentire nessuno, neppure Ludovica che Felicia ha tentato di far salire in camera mia di soppiatto.
Non le ho sbattuto la porta in faccia soltanto perché lei non lo merita. È stata con me per giorni interi ed ha quasi completamente vissuto a casa mia come se fosse mia sorella, cercando di farmi sentire meglio.
Malgrado il suo impegno non è così semplice che io dimentichi quelle frasi e l'odio di cui erano intrise e dunque, essendo contrario al creare casini, ho deciso che sarebbe stato meglio per tutti se mi fossi preso del tempo per me stesso.

Rispondo soltanto a Niccolò quando mi scrive, ma per il fuso-orario finisce sempre che mi addormento col telefono in mano e la conversazione rimane in sospeso. Non gli ho raccontato di quello che è successo e non credo che lo farò mai.
Il mio intento è quello di dimenticare che il mio sangue è correlato a quello di Federico Cantarano e se parlassi di lui costantemente, finirei solo per crearmi una dipendenza verso sua persona. E preferisco di gran lunga prevenire che curare.
Le giornate in questa stanza sembrano tutte uguali che se non fosse per lo scorrere del giorno e della notte, perderei completamente la cognizione del tempo. Tuttavia non mi annoio mai perché c'ho sempre qualche idea che mi stuzzica il cervello e più le permetto di concludersi in qualcosa di ampio, più finisco per immergermici con tutte le scarpe.
Ho insistito affinché Felicia lasciasse fuori dalla porta soltanto una scatola di Special K da sgranocchiare nei momenti di fame, ma lei non si da per vinta ed ogni giorno mi porta del cibo che aggiungo a quello che non ho mangiato il giorno prima. La mia scrivania ne è sommersa.

Mi concentro sul mio respiro quando mi viene da pensare alle cose brutte. Non mi aiuta nella maniera in cui dovrebbe, ma se non altro non ho un attacco di panico da circa quattro giorni.
Nelle serie tv sembra sempre così facile affrontare questi momenti, perché ai protagonisti basta semplicemente chiamare le amiche e gli amici per rimettere tutto a posto. Invece io credo che siano soltanto baggianate ben architettate per fornire soluzioni superficiali ad un problema importante.
È così nella maggior parte dei casi, ma il principio non vale per Euphoria che la tematica della depressione pare trattarla come si deve. Mi piace così tanto quando il cinema è preciso e minuzioso, soprattutto negli show per ragazzi, perché mi aiuta a sentirmi capito e non completamente fuori di testa.
Vi consiglio di guardare l'intera stagione. Ma vi avverto, fatelo lontano dai vostri genitori se, come mia madre, storcono il naso per un paio di nudi.
Ciò che più mi colpisce è il modo in cui attraverso luci, trucchi e riprese un po' più azzardate si possa trasmettere un bagaglio di considerazioni cosi ampio. Ho notato che il make-up di Zendaya varia conformandosi ciò che le accade durante la puntata, mostrando appieno le caratteristiche del personaggio che è Rue Bennett.

Mi rendo conto che io non credo di poterci riuscire, a mostrare le mie emozioni attraverso il trucco intendo. Sarà indubbiamente un processo lungo quello relativo alla produzione di un capolavoro di tale portata, un processo che però, chiaramente, comporta il conseguire di grandi incassi.
Pagherei per vivere un'esperienza analoga a quella del cast, ma mi ricordo poi di posare i piedi per terra e camminare nella stessa direzione di sempre. E quindi eccomi di nuovo qui, tra le lenzuola, da solo.
Mi volto verso la vetrata ed osservo la strada. Fuori è appena arrivato il giorno, dentro la mia stanza non ancora, non finché non poggerò le mie piante dei piedi sul parquet freddo e fastidioso.
La vita vista da qui parrebbe quasi interessante e rilassante. Ma non è il guardare gli altri viverla di corsa che mi rasserena, bensì il sapere di non dovermi aspettare nulla da questa giornata.
È l'unica consolazione che manda avanti la mia settimana di merda. Come se non aspettarmi nulla fosse poi una cosa propizia e non distruttiva.

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